ESAME AVVOCATO: per il TAR Bari il voto numerico non basta

Redazione 05/05/16
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T.A.R. Bari, sez. II, 24 febbraio 2016, n. 229

Il caso

Una candidata impugnava il giudizio di valutazione negativa degli elaborati dalla stessa redatti in sede di esame per l’abilitazione all’esercizio della professione forense.

Le tre prove scritte – svolte innanzi alla sottocommissione d’esame costituita presso la Corte d’appello di Bari ma corrette da quella costituita presso la Corte d’appello di Bologna – risultavano tutte insufficienti, avendo la candidata riportato i seguenti punteggi:

– diritto civile: 20

– diritto penale: 20

– atto processuale in materia civile: 20

La candidata non veniva, pertanto, ammessa alla fase orale, in virtù del punteggio complessivo inferiore alla soglia minima di ammissione di 90 punti.

La ricorrente evidenziava che i giudizi della commissione erano stati resi esclusivamente in forma numerica e che il mero voto numerico non può dirsi idoneo a motivare un giudizio nell’ipotesi in cui questo sia stato espresso in senso negativo, in quanto il candidato, in questo caso, ha un indubbio interesse a conoscere in quali errori o inesattezze sia incorso o comunque le ragioni per le quali lo svolgimento sia stato ritenuto insufficiente per poter esercitare quel controllo ab externo sulla logicità e coerenza del giudizio che, altrimenti, resterebbe precluso.

Con ordinanza dei giudici baresi, riformata dal Consiglio di Stato, veniva accolta l’istanza cautelare proposta dalla ricorrente, disponendo la rinnovazione della valutazione delle prove scritte ad opera di altra sottocommissione, apponendo le annotazioni necessarie a far emergere l’iter logico seguito.

La decisione

Il metodo di correzione basato sull’uso del solo voto numerico si rivela insufficiente proprio in considerazione del carattere generico dei criteri elaborati dalla Commissione Centrale e seguiti dalla Commissione esaminatrice senza alcuna integrazione e/o specificazione; con la connessa impossibilità – in assenza di ulteriori esternazioni – di un serio riscontro dell’effettiva e corretta applicazione dei criteri stessi.

Il giudizio di insufficienza della prova potrebbe infatti esser stato determinato da uno qualsiasi dei criteri generali, tale da non consentire alcun controllo –neanche ab esterno– sull’iter logico seguito dalla Commissione nella relativa valutazione.

Tanto più che, in effetti, si riscontra anche la lamentata assenza sull’elaborato scritto di indicazioni, sottolineature o correzioni che valgano ad esternarne l’operato come richiesto dall’articolo 46, comma 5, della legge 31 dicembre 2012 n. 247; norma che, benché non ancora applicabile per il termine dilatorio di quattro anni contenuto nel successivo articolo 49, costituisce idoneo supporto sul piano interpretativo, in linea con i principi di trasparenza dettati dal generale obbligo di motivazione introdotto dall’articolo 3 della legge 241/1990.

In sintesi, gli atti non rivelano alcun segno, grafico o testuale, che possa fungere da tramite logico-argomentativo tra i criteri generali e l’espressione finale numerica del singolo giudizio.

Non vi è modo, dunque, di ricostruire la motivazione dei giudizi espressi, neanche –come detto- ab exsterno; sicché si appalesa fondato il dedotto vizio di difetto di motivazione (in tal senso peraltro ex multis Tar Lazio, sez. III, ord. 15 settembre 2014, n. 4373; ord. 11 settembre 2014, n. 4280; T.A.R. Calabria – Catanzaro, 3 ottobre 2014, n. 535; ord. T.A.R. Campania, Salerno, 20 settembre 2013, n. 529).

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