Elezioni comunali e (auto) autenticazione della firma

Panozzo Rober 26/05/16
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Il quesito

Avendo le elezioni comunali, nel primo semestre di quest’anno, ed avendo letto il suo saggio sulla presentazione delle liste per le elezioni comunali, pubblicato nella rivista Lo Stato Civile,  Le chiedo se è a conoscenza di ulteriori sentenze in tema di auto-autenticazione della firma, oltre a quella del Tar Sardegna, citata nell’articolo di cui sopra.

 

La risposta

La – (pur) esigua (a quanto mi consta) – giurisprudenza sul punto non è univoca. Le segnalo le seguenti decisioni:

 

Favorevoli all’ammissibilità dell’ (auto)autenticazione

 

-Tar Sardegna 18 luglio 2000, n. 727 

Osserva il Collegio come la legge 16 febbraio 1913, n. 89 (legge notarile), all’art. 28 individui in relazione al contenuto negoziale o meno della dichiarazione le fattispecie nelle quali il notaio non può ricevere atti che contengono disposizioni che interessano se stesso o suoi parenti in linea retta.

 

OMISSIS

La problematica deve essere ulteriormente rivista alla luce della richiamata legge 30 aprile 1999, n. 120, la quale ha consentito agli amministratori locali di autenticare le firme dei presentatori dei candidati alle elezioni del medesimo ente.

Deve essere rimarcato il contenuto della disposizione in commento, che ammette esplicitamente il pubblico ufficiale ad intervenire con i poteri certificativi attribuitigli sulla firma di un atto del quale ben può essere beneficiario, nell’ipotesi (certamente la più frequente nella pratica) nella quale egli sia uno dei candidati di quella lista (non è ipotesi del tutto isolata: l’art. 12, quarto comma, del R.D. 29 marzo 1942, n. 239, esplicitamente ammette il notaio ad autenticare la sottoscrizione del girante di titoli azionari anche quando la girata è disposta in suo favore).

Se questo è vero, deve anche essere osservato come la disposizione si presti ad abusi nella sola ipotesi in cui l’amministratore sia chiamato a certificare la sottoscrizione altrui: in quel caso, può esservi l’interesse dell’amministratore ad attestare falsamente l’autenticità di una firma, senza la quale il numero dei presentatori della lista sarebbe insufficiente.

E’ palese, invece, che l’amministratore non ha alcun interesse a falsamente attestare l’autenticità della propria firma: non ravvisa, quindi, il Collegio alcun interesse attinente alla salvaguardia della pubblica fede che impedisca all’amministratore locale, pubblico ufficiale legittimato all’autentica di firme di soggetti che compiono una dichiarazione della quale è beneficiario, ad attestare che la firma apposta in calce all’accettazione della candidatura è effettivamente la propria.

 

OMISSIS

-Tar Campania. Napoli, 18 novembre 2011, n. 5424

 

OMISSIS

A parte l’assenza sia di un simile precetto, sia, ovviamente, della prospettata sanzione di nullità, a non convincere è la stessa prospettazione del ricorrente, secondo cui nell’attività di autenticazione delle sottoscrizioni dovrebbe sussistere necessariamente una condizione di terzietà – da intendersi, più propriamente, come alterità fisica – tra chi appone la sottoscrizione e colui che procede all’autentica.

 

OMISSIS

Dalla evocata disciplina emerge che la funzione generale di autenticazione, non resa diversa ai fini della censura in esame dalla specialità del procedimento elettorale, consta di due compiti specifici: il pubblico ufficiale attesta che la sottoscrizione è stata apposta in sua presenza in luogo e data specificati da parte di un soggetto di cui egli ha proceduto all’identificazione. Si tratta, quindi, dell’attestazione del compimento di un’attività materiale, segnatamente l’apposizione della sottoscrizione, con immediata trasposizione del risultato di tale percezione in un documento rappresentativo dell’accaduto munito di fede privilegiata, come avviene per gli atti pubblici.

Ebbene, a parte la considerazione che nemmeno in questo caso è dato rinvenire nella disciplina di settore alcuna norma che ponga formalmente come limite all’attività di autenticazione la necessaria alterità soggettiva tra chi autentica e chi sottoscrive, è proprio all’essenza della funzione di autenticazione che non osta la mancanza di un’indefettibile dualità fisica; invero, l’autenticazione non rientra né si risolve in una funzione di controllo, attività, quest’ultima, a cui in linea generale può ricondursi l’esigenza di una differenziazione soggettiva tra controllore e controllato, che, assecondando logiche di trasparenza e di imparzialità amministrativa, consente di giustificare il fatto che il titolare del potere di controllo sia, in questi termini, “terzo”, ossia indipendente o comunque svincolato da un punto di vista organizzativo e funzionale da chi ha svolto l’attività di primo grado.

Nell’attività di autenticazione, invece, non sussiste una finalità di controllo, essendovi unicamente la certificazione da parte del pubblico ufficiale dell’avvenuta apposizione in sua presenza di una sottoscrizione da parte di un soggetto identificato, quindi di un’attività materiale, magari in calce ad un’istanza o dichiarazione della cui veridicità sotto il profilo ideologico egli non si pone nemmeno come garante; a ben vedere, anche nell’affine attività di autenticazione di copie di atti e documenti (art. 18 del D.P.R. 28 dicembre 2000 n.445) chi procede all’attestazione di conformità non risponde del contenuto ideologico di questi, ma solo della loro accertata identità fisica.

Non ricorrendo i presupposti di applicazione del principio generale per cui nessuno sarebbe idoneo a controllare se stesso – principio, tra l’altro, di discutibile rigidità in diritto pubblico, in cui il dominio dei canoni costituzionali di imparzialità e buon andamento sottendono piuttosto un generale potere di revirement che si risolve nella funzione di autotutela a cui non sono estranee finalità di controllo successivo – nel caso di specie non vi è ragione di ritenere che il soggetto titolare del relativo potere non possa autenticare anche la propria sottoscrizione, purché, ovviamente, l’attestazione contenga i requisiti minimi prescritti dalla legge ossia l’identificazione di chi appone la sottoscrizione e l’indicazione della data e del luogo in cui la stessa è stata apposta. Opinare diversamente significherebbe introdurre una presunzione assoluta di incompatibilità di cui manca ogni traccia in diritto positivo e che non trova giustificazione nemmeno in esigenze sostanziali di certezza giuridica ulteriori rispetto a quelli esigibili dall’attività di autentica della sottoscrizione di soggetti diversi dal pubblico ufficiale che vi procede.

 

OMISSIS

-Tar Lombardia, Brescia, 6 maggio 2014, n. 473

 

OMISSIS

(b) l’autenticazione delle sottoscrizioni dei candidati (v. art. 28 comma 7 del DPR 16 maggio 1960 n. 570) è diretta a prevenire il rischio di abusi e contraffazioni, e pertanto una volta che tale fine sia stato raggiunto, anche se con modalità diverse da quelle ordinarie, l’atto sottoscritto deve essere considerato esistente ed efficace;

(c) con riferimento al caso specifico, si ritiene che il requisito della terzietà, normalmente necessario in capo al soggetto investito della funzione autenticante, possa essere sostituito dalla certezza sui dati personali associata alla qualifica di consigliere uscente, la quale è appunto il presupposto della funzione autenticante. In altri termini, quando il consigliere uscente opera contemporaneamente e contestualmente come soggetto con compiti notarili e come soggetto politico interessato a presentare la propria candidatura, se non si dubita (come in effetti non si dubita) della provenienza delle sottoscrizioni degli altri candidati autenticate da tale consigliere, non è neppure possibile dubitare della genuinità della sottoscrizione apposta dallo stesso sulla propria dichiarazione di accettazione della candidatura;

(d) al contrario, esigere come requisito di validità l’intervento di un diverso soggetto autenticatore implicherebbe non solo un formalismo superfluo ma l’esistenza di un’aporia nella normativa elettorale. In sostanza, le disposizioni sulla presentazione delle candidature risulterebbero contraddittorie, perché attribuirebbero piena fede alla dichiarazione di identità del consigliere uscente quando quest’ultimo autentica sottoscrizioni di terzi e nessun rilievo alla medesima dichiarazione di identità quando la stessa riguarda la candidatura dello stesso consigliere uscente. Quale regola generale occorre invece evitare di attribuire alla norma un significato contraddittorio o irragionevole;

 

OMISSIS 

Contrari all’ammissibilità dell’ (auto)autenticazione

-Tar Friuli Venezia Giulia 22 aprile 2014, n. 159

 

OMISSIS

Inoltre la certificazione relativa all’identità personale di un soggetto, ovvero, il che è uguale, l’autentica di una firma, cioè la certificazione che il soggetto che ha firmato corrisponde all’identità della firma, per sua stessa natura non può che provenire da un pubblico ufficiale che sia diverso rispetto al soggetto autenticato.

L’intera normativa citata da parte ricorrente e sopra citata, se da un lato non vieta in modo espresso un’autocertificazione, tuttavia deve essere interpretata alla luce dei principi che disciplinano le autentiche, tra cui l’ovvia circostanza che l’autentica di una firma e la certificazione dell’identità non può altro che provenire da un soggetto diverso dal soggetto della cui autentificazione si tratta.

Del resto, la stessa normativa relativa alle autentiche di cui all’articolo 2703 del Codice civile, nel definire il concetto di autentificazione, parla di attestazione da parte del pubblico ufficiale che la sottoscrizione è stata posta in sua presenza previo accertamento dell’identità della persona che sottoscrive. Tale disposizione implica chiaramente per sua stessa natura che il pubblico ufficiale sia persona diversa dal sottoscrittore.

La normativa in materia di elezioni ha esteso, ben oltre alla categoria dei notai, il novero dei soggetti pubblici ufficiali che possono procedere all’autentificazione dei candidati, includendovi anche i consiglieri comunali, ma non ha affatto modificato la natura e il contenuto dell’autentificazione stessa.

Panozzo Rober

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