Diritto di sciopero: la decisione del datore di lavoro di sostituire i lavoratori scioperanti con altri lavoratori non costituisce di per sé condotta antisindacale

Redazione 08/08/12
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Anna Costagliola

Con la sentenza n. 14157 del 6 agosto 2012, la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima la condotta del datore di lavoro che, in occasione dello sciopero a cui partecipino alcuni dipendenti, sostituisca gli assenti con altri lavoratori che non abbiano aderito, sempre che detta sostituzione non violi le disposizioni di legge o le norme collettive.

Da tempo è posto all’attenzione della giurisprudenza il tema del cd. «crumiraggio», ovvero se il datore di lavoro possa sostituire temporaneamente i propri dipendenti assenti per sciopero con altri lavoratori, già impiegati in azienda (crumiraggio interno) o assunti all’occorrenza (crumiraggio esterno). Diverse sono state le risposte e gli approcci proposti dalle varie Corti, di legittimità o di merito, investite dal tema, in considerazione della cautela richiesta da un’operazione di bilanciamento, da un lato, del diritto di sciopero, costituzionalmente garantito dall’art. 40, e, dall’altro, della libertà di iniziativa economica, anch’essa espressamente riconosciuta dall’art. 41 Cost.

Il punto di equilibrio è stato rinvenuto dalla giurisprudenza  senso di ritenere legittimo il «crumiraggio», in quanto esso rientra nei poteri organizzativi dell’imprenditore atti ad evitare ovvero limitare le conseguenze dannose dello sciopero, senza per questo ledere i diritti costituzionalmente garantiti dei lavoratori. Si è osservato, in particolare, che il diritto di iniziativa economica persiste anche in caso di sciopero indetto dai lavoratori e dalle organizzazioni sindacali, trovando, nondimeno, in tale iniziativa il suo limite, anzi avendo entrambi i diritti (quello della libera iniziativa economica e quello di sciopero) eguale dignità, essendo l’uno condizione di esistenza dell’altro (l’impresa consente il lavoro e il lavoro consente l’impresa). Pertanto, nella logica del bilanciamento del diritto di sciopero e del diritto di libera iniziativa economica dell’imprenditore, il primo non può dirsi leso quando il secondo sia esercitato, per limitare gli effetti negativi dell’astensione dal lavoro sull’attività economica dell’azienda, affidando ad altri dipendenti i compiti degli addetti aderenti all’agitazione, senza che risultino violate norme poste a tutela di situazioni soggettive dei lavoratori.

Nella direzione tracciata, è stato ritenuto legittimo dalla giurisprudenza, specie quella di legittimità, il ricorso del datore di lavoro all’impiego di personale non scioperante ovvero esterno all’azienda per sopperire alla mancata prestazione lavorativa del personale in sciopero, salvo che ciò avvenga in

violazione di una norma di legge o di una norma collettiva. Sulla stessa lunghezza d’onda, la Suprema Corte, con la sentenza in oggetto, premessa un’accurata ricostruzione degli orientamenti che si sono succeduti sul tema, ha ribadito la libertà del datore di lavoro di sostituire i lavoratori scioperanti con i lavoratori presenti in azienda (i «crumiri»), adibendo gli stessi a mansioni equivalenti o anche superiori a quelle normalmente svolte dagli scioperanti, con conseguente adeguamento della retribuzione, in modo da ridimensionare o elidere gli effetti prodotti dall’astensione dal lavoro.

Illegittimo sarebbe invece adibire i «crumiri» a mansioni inferiori rispetto a quelle loro normalmente assegnate, a meno che lo svolgimento di queste ultime rappresenti un marginale e necessario completamento delle mansioni principali, che devono essere prevalenti ed assorbenti. Diversamente si incorrerebbe nella violazione dell’art. 2103 c.c., in base al quale «il lavoratore deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte….», aggiungendosi che «ogni patto contrario è nullo». L’esercizio di un diritto costituzionalmente garantito (nella specie, del diritto di sciopero) non può valere, infatti, a giustificare la violazione di disposizioni di legge o di norme collettive.

In merito a tale ultimo aspetto, gli Ermellini hanno condiviso l’orientamento già espresso in sede di legittimità per cui, seppure l’attività prevalente ed assorbente svolta dal lavoratore debba indubbiamente corrispondere a quella della qualifica di appartenenza, incidentalmente e marginalmente, per ragioni di efficienza e di economia del lavoro, può richiedersi allo stesso lavoratore di svolgere anche mansioni inferiori, ma non al di fuori dell’ipotesi della marginalità o della mera complementarietà di tali mansioni rispetto a quelle corrispondenti all’inquadramento di competenza.

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