DIA in materia edilizia, l’efficacia del titolo formatosi in base all’atto del privato si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione della P.A.

Redazione 16/05/13
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Lilla Laperuta

Nella sentenza n. 2593 del 13 maggio la quarta sezione del Consiglio di Stato si sofferma in punto di diritto sulla ricostruzione dogmatica dell’istituto della denuncia di inizio attività in materia edilizia. Tale ricostruzione si è resa necessaria in quanto il giudice di primo grado aveva affrontato il tema delle sopravvenienze normative intercorse tra la presentazione della DIA e la sua efficacia evidenziando come, indipendentemente dalla qualifica giuridica assegnata dai due differenti orientamenti che sostengono, rispettivamente, la natura di autorizzazione implicita e quella di atto privato, la stessa produce effetti al trentesimo giorno dalla sua presentazione.

L’impostazione seguita dal giudice di prime cure non risulta, ad avviso dei giudici di legittimità, in linea con i più recenti interventi giurisprudenziali e con le disposizioni legislative successive, che, sebbene non applicabili ratione temporis, servono a meglio illuminare il tema della disciplina applicabile alla fattispecie.

In particolare nel percorso di ricostruzione dogmatica dell’istituto i giudici di legittimità hanno ricordato:

a) la sentenza dell’Adunanza plenaria 29 luglio 2011 n. 15, dove si è affermato che “la denuncia di inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge”;

b) che la lettura, in senso non provvedimentale, è stata peraltro immediatamente fatta propria dal legislatore, il quale, introducendo il comma 6ter dell’art. 19 della L. 241/1990 in materia di procedimento amministrativo” tramite l’articolo 6, comma 1, lettera c), del D.L. 13 agosto 2011, n. 138, ha espressamente qualificato affermato che tali atti come “non costituiscono provvedimenti taciti direttamente impugnabili”.

In questo senso, appare al Collegio condivisibile la ricostruzione della natura del silenzio tenuto dall’amministrazione per cui “il passaggio del tempo non produce un titolo costitutivo avente valore di assenso ma impedisce l’inibizione di un’attività già intrapresa in un momento anteriore”. In tal modo, appare chiaro che l’efficacia del titolo formatosi in base all’atto del privato (rectius, la modalità abilitativa alla realizzazione dell’intervento edilizio) si determina indipendentemente dal mancato esercizio del potere di interdizione da parte della pubblica amministrazione, trattandosi di fattispecie che operano su piani giuridici diversi.

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