La pronuncia in commento che riguarda una vicenda di malagestio maturatasi nel contesto campano dell’emergenza rifiuti di stringente attualità, fa luce in merito al potere sindacatorio dell’A.G. contabile in relazione all’ esercizio del potere discrezionale da parte degli amministratori pubblici.
I giudici ricordano che tale tipo di potere investe profili di legittimità – e non già di merito – laddove abbia ad oggetto, con giudizio esclusivamente ex ante, il rispetto del limite esterno costituito, in funzione della realizzazione dell’interesse pubblico, dalla intrinseca ragionevolezza della scelta desumibile dai principi costituzionali ex art. 97 Cost. di imparzialità, buon andamento dell’azione amministrativa che racchiudono quelli di economicità ed efficienza; conseguentemente, lo sviamento da tale limite si pone quale precipuo sintomo di illiceità della condotta.
Il Collegio, quindi, richiama inizialmente la giurisprudenza di legittimità (Cass. SS.UU. civili 29 gennaio 2001 n. 33/SU) che, in merito ai limiti esterni del potere giurisdizionale attribuito al giudice contabile, fa presente che “la questione è assai delicata, perché il discrimine tra sindacabilità ed insindacabilità delle opzioni possibili nell’ambito dell’attività amministrativa è assai sottile ed inoltre, perché si tratta di contemperare due esigenze, ambedue meritevoli di tutela ma talora divergenti, come l’esigenza di impedire e/o sanzionare la dissipazione del pubblico denaro e la necessità di non ingessare l’iniziativa dei pubblici amministratori in confini così angusti da paralizzare o, quantomeno, gravemente condizionarne l’ attività”.
Sottolineano i giudici campani che il principio generale ed astratto è quello per cui deve essere il giudice contabile a dover verificare la compatibilità delle scelte amministrative con i fini pubblici dell’ente; ma che, una volta accertata tale compatibilità, allo stesso è preclusa l’indagine sull’articolazione concreta e minuta dell’iniziativa intrapresa dall’amministratore in quanto rientrante nell’ambito di quelle scelte discrezionali per le quali il legislatore ha stabilito l’insindacabilità”.
Ancora, ribadisce la Corte, considerato che “l’art.1, comma 1, della L. n. 241/1990 stabilisce che l’esercizio dell’attività amministrativa deve ispirarsi a criteri di “economicità” e di “efficacia” che costituiscono specificazione del più generale principio sancito dall’art. 97 Cost., la verifica della legittimità dell’attività amministrativa non può prescindere dalla valutazione del rapporto tra gli obiettivi conseguiti e i costi sostenuti” (Cass. SS.UU. 6 maggio 2003 n. 6851; sullo stesso tema anche n.14488/ 2003; n.21291/2005).
Nel merito, i giudici riconoscono la responsabilità amministrativa del subcommissario il quale nell’espletare il suo mandato ha posto in essere una condotta – contraddistinta da momenti attivi e d’inerzia – non solo illogica, irrazionale e contraddittoria, ma ictu oculi gravemente scriteriata e sconsiderata, in palese ed evidente spregio dell’interesse pubblico ad un razionale e proficuo impiego delle risorse finanziarie destinate dallo Stato a fronteggiare l’emergenza rifiuti.
Conclusivamente, la Corte propende per la riduzione dell’addebito originario – ex art. 52, comma 2, del R.D. 12 luglio 1934 n.1214 – tenendo conto della drammaticità del contesto emergenziale connesso alla gestione dei rifiuti in cui il convenuto si trovò ad operare stanti nonché della complessità delle procedure amministrative da porre in essere coinvolgenti una pluralità di soggetti ed enti istituzionalmente competenti.
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