Corte dei conti – giudizi di responsabilita’ amministrativa per danno erariale – sent. Sez. Giur. Centrale appello n. 272/2005 – danno indiretto in procedura espropriativa finalizzata all’esecuzione di opera pubblica – regime prescrizionale dell’ illecit

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In ipotesi di danno indiretto e di conseguente giudizio di rivalsa della amministrazione danneggiata da condotte illecite dei propri dipendenti e lesive di terzi ( nella specie da procedura espropriativa finalizzata alla esecuzione di opera pubblica ), il regime prescrizionale , in adesione all’ orientamento delle Sezioni Riunite della Corte in sede di questioni di massima – N. 3/2003 QM, deve ritenersi quello che individua il dies a quo del termine prescrizionale nella data di passaggio in giudicato della sentenza di condanna resa in sede civile.   
 
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
Presidente: ************** – Relatore: *************
FATTO
Con atto di citazione depositato il 12 ottobre 2001, la Procura regionale per la Liguria conveniva in giudizio i soggetti in epigrafe, oltre a B.P., chiedendo la condanna al risarcimento del danno cagionato al Comune di Genova in relazione all’esperimento di una procedura espropriativa collegata all’esecuzione dell’opera pubblica di costruzione di un sistema viario da realizzarsi nel territorio di detta città. Deduceva, infatti, la Procura che, per effetto dell’occupazione di alcuni fondi – di proprietà della Omissis S. a. s. in seguito OMISSIS S.p.a. – protratta oltre il termine quinquennale (comunque prorogato), ma non seguita dal decreto di espropriazione, si era realizzato l’acquisto a titolo originario delle aree interessate a favore dell’Amministrazione espropriante, sicché quest’ultima era stata condannata a pagare, con sentenza del Tribunale di Genova, in favore della società, non solo l’indennità per l’occupazione legittima dei suoli, ma anche il risarcimento del danno nell’importo di £. 115.400.000 (indicato alla data del 27 aprile 1989) oltre alla rivalutazione ed agli interessi legali.
Il mancato perfezionamento secondo il modello legale della fattispecie espropriativa aveva precluso all’Amministrazione l’opportunità di liberarsi del proprio obbligo indennitario quale debito di valuta, (non già di valore) tale divenuto per effetto della liquidazione giudiziale. E’ proprio muovendo dall’importo in tal modo liquidato che veniva determinato il danno, calcolato, tuttavia, sia tenendo conto della disposizione di cui all’art 5, comma settimo bis, del D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito con legge 8 agosto 1992 n. 359 introdotto con legge 23 dicembre 1996 n. 662, sia della circostanza che non era sindacabile la discrezionale valutazione dell’Amministrazione di non impugnare il capo della sentenza di condanna che della predetta disposizione non aveva fatto applicazione, stante l’anteriorità della sua emanazione. ***** diversa determinazione del giudice adito, comunque ancorata al comma 7 bis citato, la Procura quantificava il danno negli importi di £. 54.771.330 per rivalutazione e di £. 48.427.034 per interessi calcolati sulla somma che era stata determinata dal tribunale di Genova, quale condanna in sede civile della civica Amministrazione.
In relazione agli altri aspetti oggettivi, la Procura esponeva quanto segue.
1) L’ accessione invertita si era realizzata per effetto del ritardo di ben otto anni, occorso per la determinazione dell’indennità provvisoria ed, in particolare, per effetto del ritardo di cinque anni verifìcatosi per effettuare la richiesta all’Amministrazione     provinciale deputata alla determinazione dell’indennità.
2) Ulteriori ritardi si erano realizzati in seguito, anche da parte dell’Amministrazione provinciale, ritardi tuttavia privi di efficacia causale in ordine al danno, atteso che l’accessione invertita si verifìcò fin dal 27 aprile 1987, data di scadenza dell’occupazione.
3) L’opera era stata ultimata alla data del 23 dicembre 1983, mentre l’occupazione, protrattasi dal 7 maggio 1981 al 27 aprile 1987 ai sensi dell’art. 5 bis del D.L. 23 dicembre 1984 n. 901, convertito con legge 1 marzo 1985 n. 42, non aveva consentito l’adozione del decreto di espropriazione delle aree a favore della Pubblica Amministrazione; in realtà ulteriori proroghe disposte dal Comune erano state annullate dal giudice amministrativo.
4) Soltanto il 26 giugno 1986 il Comune aveva chiesto alla Provincia di Genova – medio tempore divenuta competente ex legibus della Regione Liguria nn. 6 del 1983 e 33 del 1985 – la determinazione dell’indennità di espropriazione, mentre il decreto di espropriazione era sopravvenuto inutiliter soltanto in data 30 maggio 1990.
5) Il privato espropriato aveva conseguito una pronuncia favorevole sul diritto al risarcimento del danno dal Tribunale dì Genova con sentenza 17 maggio 1995 n. 1533.
Tanto premesso, la Procura riteneva responsabili i soggetti convenuti per inadempimento degli obblighi propri del loro servizio, caratterizzato nella specie da una serie di condotte gravemente omissive, chiarendo i criteri soggettivi specifici di imputazione del danno anche mediante allegazione di giurisprudenza di questa Corte.
Costituitisi in giudizio, i convenuti N., C., B., C., C. e L. eccepivano l’intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno e contestavano, nel merito, la fondatezza dell’addebito. Il convenuto B. si difendeva nel merito, senza sollevare l’eccezione di prescrizione.
Con sentenza n. 769/2002 del 5 aprile 2002, depositata il   successivo 4 ottobre 2002, la Sezione Giurisdizionale per la Regione Liguria assolveva i primi cinque per intervenuta prescrizione ed assolveva il B. per difetto di colpa grave,
Nell’appello la Procura Regionale, premesso di voler condividere la pronuncia assolutoria nel merito del convenuto B. in ragione della minima entità del suo apporto causale alla produzione dell’evento lesivo, ha impugnato il capo della sentenza concernente 1’affermazione di intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno erariale.
Infatti, secondo il requirente, il dies a quo della prescrizione – in ipotesi, come nella specie, di danno indiretto – non potrebbe decorrere, come invece stabilito dai primi giudici, dalla pubblicazione della sentenza di condanna in primo grado dell’Amministrazione al risarcimento del danno nei confronti del terzo, non essendo detta pronuncia, a quella data, assistita dall’autorità della cosa giudicata.
Né rilievo decisivo assumerebbe, al riguardo, la circostanza che tale pronuncia fosse provvisoriamente esecutiva, ben potendo tale qualità essere sospesa in sede di gravame ovvero essere messa completamente nel nulla con l’eventuale pronuncia di riforma della sentenza impugnata
Invero, il dies a quo della prescrizione non potrebbe che decorrere dalla data del passaggio in giudicato della sentenza civile di condanna dell’Amministrazione (e cioè dal 2 luglio 1996), poiché solo in tale momento il danno sarebbe diventato certo e l’azione di responsabilità amministrativa sarebbe divenuta promuovibile.
Tanto premesso, l’appellante ha considerato i seguenti elementi di fatto: 1) la sentenza di condanna in primo grado dell’Amministrazione reca la data del 17/5/1995; 2) essa è passata in giudicato  in data 2 luglio 1996 (dopo 1 anno e 46 giorni ex art. 327 c.p.c.); 3) con delibera n. 3100 del 28/12/1995 la G.M. ha stabilito di effettuare i pagamenti; 4) i relativi ordinativi, emessi il 31/5/1996 sono stati estinti il 6/6/1996 e 1’11/6/1996; 5) la Procura provvedeva, in date 16 e 17/5/2001, a notificare ai presunti responsabili, poi convenuti, gli inviti a dedurre con contestuali costituzioni in mora.
Da tutto ciò la Procura deduceva che la prescrizione non è maturata, non solo con riferimento al momento ritenuto dal giudice di primo grado come termine iniziale, ma anche rispetto a tutti gli altri criteri enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte, essendo i relativi momenti tutti infraquinquennali rispetto alle date (16 e 17/5/2001) degli intervenuti atti interruttivi, ad eccezione della delibera n. 3100 del 28/12/1995 (tra l’altro non presa in considerazione, ai fini che qui interessano, neanche dal primo giudice) la quale ultima tuttavia, costituendo mero adempimento spontaneo della prestazione imposta dalla sentenza esecutiva, non costituisce riconoscimento di debito rilevante ai fini della decorrenza della prescrizione, ma è soltanto un comportamento ispirato dalla finalità di evitare le ulteriori spese del precetto e degli eventuali successivi atti di esecuzione.
Per quel che concerne, poi, la questione dei limiti posti dall’art. 105 del R.D. n. 1038/1933 ai poteri cognitori del giudice d’appello, ritiene il Requirente che, vertendo il gravame solo su questione preliminare di merito, alla pronuncia di riforma in punto di prescrizione dovrebbe seguire – per la particolare esigenza di salvaguardia del doppio grado nel giudizio contabile – il rinvio della causa al primo giudice per l’ulteriore trattazione del merito.
Nella specie, essendosi verificata acquiescenza parziale (art. 329 comma 2 c.p.c.) sul merito della responsabilità del B., in secondo grado non si porrebbe alcuna pronuncia di merito speculare al merito deciso in prime cure, onde all’eventuale riforma in punto di prescrizione dovrebbe de plano seguire, appunto, il rinvio al primo giudice per l’ulteriore trattazione del merito.
Conclusivamente la Procura appellante ha chiesto la pronuncia:
in via principale, di riforma della sentenza impugnata in punto di affermata prescrizione e di rinvio della causa al primo giudice per l’ulteriore trattazione sul merito;
in via subordinata, di riforma della sentenza impugnata in punto di prescrizione e, ritenendo il giudizio, di condanna degli appellati in via solidale o parziaria, al risarcimento dei danni per le somme indicate in primo grado e ribadite nel gravame o in quelle diverse, maggiori o minori di giustizia oltre rivalutazione, interessi e spese del doppio grado.
In data 15 gennaio 2003 ha depositato memoria di costituzione ed appello accidentale il *******, il quale (anche con successiva memoria depositata il 9 aprile 2005):
– si è opposto all’accoglimento dell’appello principale, ritenendo corrette le argomentazioni addotte nella sentenza appellata per l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione. Infatti, il dies a quo di quest’ultima va individuato nel 17 maggio 1995 data di deposito della sentenza n. 1533/95 del Tribunale di Genova, la quale era provvisoriamente esecutiva tra le parti ed è passata in giudicato il 29 luglio 1995 (atteso che essa sentenza fu ritualmente notificata al Comune di Genova il 29 giugno 1995 anziché il 2 luglio 1996, come affermato dall’appellante. Alternativamente, la data di adozione della delibera n. 3100/95 (e cioè il 28 dicembre 1995) dovrebbe assumersi come dies a quo, posto che con essa la Giunta comunale ha dato atto della sussistenza di un proprio obbligo, non più contestabile, di pagare alla OMISSIS una determinata somma disponendone il pagamento;
– ha confidato, nella negata ipotesi che sia esclusa la prescrizione, che l’azione dell’attore sia ritenuta infondata nel merito, atteso che al C., Sindaco dal 2 aprile 1975 al 13 ottobre 1985 (data quest’ultima anteriore di più di 18 mesi dal quella di scadenza – 27 aprile 1997 – della legittima occupazione dei terreni espropriati) soprattutto non possono essere imputati i comportamenti omissivi indicati nell’atto di citazione .
Il C. ha, poi, avanzato appello incidentale chiedendo il riconoscimento del suo diritto al rimborso delle spese legali ai sensi dell’art. 3 comma 2 bis D.L. n. 543 del 1996, nel rilievo che tale richiesta, già avanzata in primo grado, era stata disattesa senza motivazione dal giudice ligure.
Con memoria del 25 febbraio 2003, il Procuratore ******** ha dedotto l’infondatezza delle doglianze dell’appellante incidentale ed ha richiamato, condividendole, le sentenze delle Sezioni Riunite di questa Corte n. 3/2003/QM – la quale ha affermato che nel caso di danno indiretto che segua ad affermazione di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, il dies a quo dell’azione di responsabilità si individua nel passaggio in giudicato della sentenza di condanna – e n. 14/2000/QM la quale ha riconosciuto – in virtù degli ampliati poteri del P.M. contabile e dell’autonomia della sua azione – valenza interruttiva della prescrizione all’invito a dedurre, ove questo contenga, così come si è verificato nella fattispecie, tutti gli elementi richiesti dagli artt. 1219 e 2943 cod. civ. per valere come costituzione in mora.
Anche gli appellati L., B. e N. hanno depositato (rispettivamente in date 6 aprile e 17 marzo 2005) memorie difensive, nelle quali – oltre a considerazioni riguardanti il merito della controversia in esame – insistono sull’intervenuta, nella fattispecie, prescrizione dell’azione, con riferimento sia al disposto dell’art. 1 commi 2 e 2 ter L. 14 gennaio 1994 n. 20; sia alla rinuncia ad ogni contestazione ed impugnativa, effettuata con la citata delibera G.C. n. 3100 del 28 dicembre 1995, avente natura transattiva e di riconoscimento di un proprio concreto debito, ed anche alla rinuncia notificata il 25 gennaio 1996, della OMISSIS all’impugnazione della sentenza civile n. 1533/1995; sia all’esistenza, al momento della suddetta delibera, di un presunto danno erariale già concretizzato nel suo ammontare; sia all’art. 282 cod. proc. civ. per effetto del quale la sentenza di primo grado è esecutiva dal suo deposito in cancelleria e dalla contestuale pubblicazione (appunto 17 maggio 1995); sia, infine, all’esistenza della nota del 19 febbraio 1996 con la quale l’Amministrazione, avendo comunicato al P.M. l’esistenza del pregiudizio ad essa derivante dalla sentenza civile di condanna , non poteva che configurare una denuncia di danno, con conseguente fissazione del dies a quo alla ricordata data.
All’odierna udienza, il P.G. ha brevemente ribadito i motivi di appello, soprattutto in punto di prescrizione dell’azione, di rimessione della causa al primo giudice e di spese legali. Su tale ultimo argomento, ha ritenuto che occorre distinguere il profilo della liquidazione delle spese, che competerebbe al giudice contabile da quello del diritto al rimborso delle spese stesse che, però, esulerebbe dalla giurisdizione di quel giudice. Gli avvocati intervenuti hanno, dal canto loro, brevemente reiterato le rispettive considerazioni e conclusioni.
Considerato in
 
DIRITTO
 
Il Collegio dispone, anzitutto ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione in rito degli appelli principale ed incidentale, siccome proposti avvero la medesima sentenza.
L’appello del Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale Liguria è incentrato sul capo della gravata sentenza, concernente l’affermazione di intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno nei confronti dei convenuti N., C., B., C., C. e L..
Il primo giudice, nella fattispecie all’esame, caratterizzata da danno indiretto in procedura espropriativa collegata all’esecuzione di un’opera pubblica (e cioè dal riflesso contabile della responsabilità civile verso terzi del Comune di Genova per fatto di suoi dipendenti, sancita con sentenza n. 1533 del 17 maggio 1995 del Tribunale di Genova) aveva individuato il dies a quo della prescrizione nel momento della pubblicazione della sentenza stessa (17 maggio 1995), ancorché a quella data essa fosse dotata solo di provvisoria esecuzione, ai sensi dell’art. 282 c.p.c., ma non (fosse) ancora passata in giudicato. Conseguentemente, secondo il primo giudice, dovevano ritenersi tardivi, perché intervenuti oltre l’utile termine quinquennale, gli “inviti a dedurre” notificati agli interessati (presunti responsabili, poi citati in giudizio) in date 16 e 17 maggio 2001.
Criticando la suddetta soluzione, l’appellante Procuratore regionale ritiene che in ipotesi di danno indiretto (come, appunto si verifica nel caso in esame) assume decisivo rilievo non già la circostanza che la sentenza sia provvisoriamente esecutiva (ben potendo tale qualità essere sospesa in sede di gravame ovvero essere messa completamente nel nulla con l’eventuale pronuncia di riforma della sentenza impugnata), bensì il criterio dell’insorgenza del diritto che, nella specie, sarebbe avvenuto solo dalla definitività e quindi dal passaggio in giudicato della sentenza civile di condanna dell’Amministrazione. E l’autorità di cosa giudicata, appunto, sarebbe intervenuta solo il successivo 2 luglio 1996, ai sensi dell’art. 327 c.p.c. ed in applicazione della sospensione feriale dei termini processuali, sicchè il periodo prescrizionale sarebbe stato validamente interrotto nei termini, dai ricordati “inviti” del 16 e 17 maggio 2001.
Le suddette argomentazioni di parte appellante sono state ritenute fondate e confermate dal Procuratore Generale nella sua memoria del 25 febbraio 2005.
Si premette che questi giudici condividono il criterio fissato dalle Sezioni Riunite di questa Corte n. 3/2003/QM del 15 gennaio 2003, secondo il quale il dies a quo della prescrizione in caso di danno c.d. indiretto che segua ad affermazione di responsabilità civile della Pubblica Amministrazione, va ancorato alla data in cui il debito della stessa P.A. nei confronti del terzo è divenuto certo, liquido ed esigibile in conseguenza del passaggio in giudicato della sentenza di condanna.
Tanto premesso, rileva il Collegio che la tesi di parte appellante risulta erronea in punto, prima, di fatto e, poi, di diritto.
Infatti il passaggio in giudicato della sentenza civile n. 1533 del 17 maggio 1995 del Tribunale di Genova è avvenuto non già alla data del 2 luglio 1996, ai sensi dell’art. 327 c.p.c (decorrenza del “termine lungo” per impugnare), bensì alla scadenza del “termine breve”, essendo stata la detta sentenza notificata, in data 29 giugno 1995 ad istanza di parte ex artt. 285 e 170 c.p.c. al Comune di Genova (al procuratore costituito nel domicilio eletto per il giudizio di primo grado) su richiesta dell’avv. ***********, difensore della Soc. OMISSIS.
E’ vero, però, che la sentenza è stata poi appellata dalla sola suddetta Soc. OMISSIS, con atto notificato al Comune di Genova il 27 luglio 1995, ma la medesima ha successivamente dichiarato di rinunciare all’appello con atto del 19 gennaio 1996, notificato alla civica Amministrazione il 25 gennaio 1996.
E’ pertanto a quest’ultima data che va fissato l’exordium praescriptionis, con la conseguenza che appare evidente l’intempestività dei ricordati atti interruttivi, intervenuti nel maggio 2001 e quindi oltre i cinque anni utili.
Essendo siffatte argomentazioni e soluzione assorbenti di ogni altra questione, devesi procedere alla pronuncia di rigetto dell’atto di appello principale.
Per quel che concerne l’appello incidentale, interposto da C. al fine di ottenere il rimborso delle spese legali ai sensi dell’art. 3 comma 2 bis L. 20 dicembre 1996 n. 639 , aggiunto all’art. 1 L. n. 20 del 1994, il Collegio ne dispone la reiezione, nel rilievo che la citata disposizione trova applicazione solo nel caso di sentenze ampiamente assolutorie che escludano la responsabilità (col “definitivo proscioglimento” nel merito dei soggetti chiamati in giudizio) sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo.
Poiché l’assoluzione per prescrizione dell’azione di responsabilità, pronunciata nel presente caso non costituisce un proscioglimento nel merito, il C. non ha titolo per ottenere il richiesto rimborso.
In ragione di quanto sopra esposto, si dispone la compensazione delle spese.
 
P.Q.M.
 
La Corte dei Conti – Sezione Seconda giurisdizionale centrale definitivamente pronunciando ogni contraria ragione ed istanza, riuniti in rito i due appelli, RESPINGE l’appello principale distinto al n. 16786 del registro di segreteria e proposto dal Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale per la Regione Liguria avverso la sentenza n. 769/2002 del 5 aprile 2002, depositata il 4 ottobre 2002 della suddetta Sezione giurisdizionale;
RESPINGE l’appello incidentale, distinto al n. 16961 del registro di segreteria e proposto dal ********** avverso la medesima sentenza.
DISPONE la compensazione delle spese giudiziali.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 26 aprile 2005.
Depositata in Segreteria il 13 LUG. 2005

Francaviglia Rosa

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