Corte costituzionale (sent. 331/2011): cade la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere anche per il reato di favoreggiamento clandestino

Redazione 21/12/11
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Con la sentenza n. 331 depositata il 16 dicembre 2011 la Corte costituzionale ha espunto il reato di favoreggiamento nell’immigrazione clandestina dall’elenco dei reati per i quali, in presenza di gravi indizi di colpevolezza, la misura cautelare obbligatoria da adottare è la custodia cautelare in carcere. La pronuncia infatti ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 12, comma 4bis, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero), come modificato dalla legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), nella parte in cui – nel prevedere che, quando sussistono gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati previsti dal comma 3 del medesimo articolo, è applicata la custodia cautelare in carcere, salvo che siano acquisiti elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari – non fa salva, altresì, l’ipotesi in cui siano acquisiti elementi specifici, in relazione al caso concreto, dai quali risulti che le esigenze cautelari possono essere soddisfatte con altre misure.

La decisione si inserisce nel novero delle pronunce costituzionali intervenute negli ultimi due anni con cui la Corte aveva già dichiarato costituzionalmente illegittima la norma del codice di procedura penale di cui quella censurata replica le cadenze, nella parte in cui configura una presunzione assoluta di adeguatezza della sola misura carceraria nei confronti degli indiziati di taluni delitti a sfondo sessuale (induzione o sfruttamento della prostituzione minorile, violenza sessuale e atti sessuali con minorenne) (sent. 265/2010), nonché dei reati di omicidio volontario (sent. 164/2011) e di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope (sent. n. 231/2011).

Il ragionamento che unisce le declaratorie della Corte si fonda sul presupposto che solo per i delitti di mafia, in considerazione della loro pericolosità e diffusività, si giustificherebbe l’obbligatorietà della misura cautelare carceraria, mentre per tutti gli altri reati questa dovrebbe essere solo l’extrema ratio.

Con la pronuncia il Giudice delle leggi ha ritenuto che neanche per il reato di immigrazione clandestina dovrebbe essere obbligatoria la custodia cautelare in carcere. Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina – consistente nel compimento di atti diretti a procurare l’ingresso illegale di stranieri nel territorio dello Stato – è, infatti, un delitto che, pure nelle ipotesi aggravate, può essere compiuto anche occasionalmente, con condotte individuali fortemente differenziate tra loro e al di fuori di una struttura criminale organizzata.

In questa prospettiva, la norma censurata violerebbe sia l’art. 3 Cost., sottoponendo irrazionalmente i delitti in questione al medesimo trattamento cautelare previsto per i delitti di mafia; sia l’art. 13, primo comma, Cost., introducendo una deroga al regime ordinario delle misure cautelari privative della libertà personale senza una adeguata ragione giustificatrice; sia, infine, l’art. 27, secondo comma, Cost., attribuendo alla coercizione processuale tratti funzionali tipici della pena, in contrasto con la presunzione di non colpevolezza dell’imputato prima della condanna definitiva.

Perciò la questione è stata accolta e la norma dichiarata illegittima.

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