Lucia Nacciarone
Con la sentenza n. 170 dell’11 giugno 2014 i giudici della Consulta hanno dichiarato incostituzionali le norme della Legge n. 164/1982 che dispongono lo scioglimento del matrimonio e la cessazione degli effetti civili dello stesso quando uno dei due coniugi cambi sesso.
La legislazione vigente, quindi, finora non approntava alcun tipo tutela per la famiglie che da eterosessuali diventavano omosessuali, magari col consenso di entrambi sia all’operazione per cambiare sesso, che alla continuazione della convivenza.
Ma i giudici costituzionali hanno sostenuto che anche se la coppia non è più eterosessuale merita comunque protezione come ‘forma di comunità’, connotata dalla stabile convivenza tra due persone; sul punto, è stato sollecitato l’intervento del legislatore attraverso la regolamentazione dei pacts, ossia le convivenze omosessuali registrate.
Infatti, osserva il giudice delle leggi, la sentenza di rettificazione del sesso si risolve in una sorta di divorzio imposto dalla legge che toglie libertà di autodeterminazione alle coppie rispetto al mutamento intervenuto.
Se la coppia volesse mantenere la convivenza od il legame giuridico, ciò non sarebbe possibile, perché la legge del 1982 tutela solo l’interesse dello Stato (a che le famiglie siano formate da coppie eterosessuali), penalizzando l’interesse dei singoli. La normativa è pertanto incostituzionale perché chiusa ad una possibile tutela della coppia come forma di comunità ‘idonea a consentire e favorire il libero sviluppo della persona nella vita di relazione’.
Si auspica quindi l’intervento di una legge che regolamenti tali fattispecie in sostituzione a quella illegittima, introducendo magari una forma alternativa e diversa dal matrimonio che consenta ai due coniugi di evitare il passaggio da uno stato di massima protezione giuridica ad una condizione, su tale piano, di assoluta indeterminatezza.
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