Corte costituzionale: illegittima la norma che fa retroagire il decorso della prescrizione per i diritti del cliente

Redazione 10/04/12
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 78 del 5 aprile 2012 la Consulta ha posto un freno all’applicabilità della norma introdotta dal D.L. 225/2010, conv. con mod. dalla legge 10/2011.

L’articolo 2, comma 61, del citato provvedimento interveniva sulle operazioni bancarie regolate in conto corrente, disciplinando i diritti che scaturiscono dall’annotazione in conto e stabilendo, a tal proposito, che la prescrizione dei suddetti diritti decorre dal giorno dell’annotazione in conto.

La norma, anche conosciuta come norma salva-banche, si poneva come interpretazione autentica dell’articolo 2935 del codice civile (ai sensi del quale la prescrizione decorre dal girono in cui il diritto può essere fatto valere), e prevedeva la esclusione delle restituzione degli importi già versati alla data di entrata in vigore della legge: data, infatti, la natura di interpretazione autentica, la norma era retroattiva.

Precisamente, la novella del 2011 così recitava: «in ordine alle operazioni bancarie regolate in conto corrente, l’articolo 2935 del codice civile si interpreta nel senso che la prescrizione relativa ai diritti nascenti dall’annotazione in conto inizia a decorrere dal giorno dell’annotazione stessa».

Come ha osservato la Consulta, ancorare con norma retroattiva la decorrenza del termine di prescrizione all’annotazione in conto significa individuarla in un momento diverso da quello in cui il diritto può essere fatto valere; pertanto, la norma censurata non esprimerebbe una soluzione ermeneutica rientrante fra i significati ascrivibili all’articolo 2935 del codice civile, anzi deroga nettamente alla disposizione, innovando rispetto al suo testo, senza peraltro alcuna ragionevole giustificazione.

In più, la retrodatazione del decorso del termine di prescrizione, causerebbe la riduzione dell’arco temporale disponibile per l’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto, pregiudicando la posizione dei correntisti che, nel contesto giuridico anteriore all’entrata in vigore della legge del 2011 abbiano avviato azioni dirette a ripetere somme ai medesimi illegittimamente addebitate.

Data la irragionevole discriminazione, la norma è stata dichiarata illegittima per violazione dell’articolo 3 della Costituzione.

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