Condannato il dirigente che consente l’esodo dei dipendenti dopo aver ricevuto la notizia della morte di una collega: è interruzione di pubblico servizio

Redazione 15/06/12
Scarica PDF Stampa

A deciderlo è stata una recente sentenza della Cassazione (n. 22294 del 12 giugno 2012) con cui i giudici di legittimità hanno confermato la responsabilità del dirigente di un ufficio pubblico, reo di aver fatto andare via i dipendenti e di aver fatto affiggere sulla porta il cartello «chiuso per lutto».

Così un ufficio pubblico di Palermo, solitamente molto frequentato, chiude i battenti e gli utenti si lamentano del disservizio.

La notizia della morte improvvisa di una collega sconvolge i dipendenti, e costoro si recano nell’ufficio del responsabile della sede e annunciano, in assemblea, di volersene andare dopo la pausa pranzo.

Il dirigente non riesce a dissuaderli, e a sua volta si reca a casa propria, disapprovando comunque il gesto, dopo aver chiesto alla portineria di affiggere il cartello.

Non basta ad evitare la condanna, anzi peggiora le cose: ad avviso dei giudici era dovere del responsabile chiarire sin dal principio che l’esodo di massa non sarebbe stato tollerato e che le eventuali assenze per ragioni di salute sarebbero state giustificate solo con la presentazione di un permesso.

Quindi, mentre i dipendenti sono assolti, il capo dell’ufficio viene condannato per interruzione di un pubblico servizio, aggravata dalla violazione dei doveri inerenti ad un pubblico servizio.

Redazione