Concorso per la magistratura, il tempo impiegato per la correzione degli elaborati è insindacabile

Redazione 22/08/12
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Lilla Laperuta

I tempi impiegati per la correzione degli elaborati scritti non sono sindacabili in sede di legittimità, posto che, di norma, non è possibile stabilire quali e quanti candidati abbiano fruito di maggiore o minore attenzione da parte della Commissione e se, quindi, la relativa censura infici in concreto il giudizio del singolo candidato. In tali termini si è espresso il Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza n. 4580 del 21 agosto. Va inoltre tenuto conto, sostengono i giudici di legittimità,  che la congruità del tempo impiegato va valutata anche con riferimento alla consistenza degli elaborati ed alle problematiche di correzione dagli stessi emergenti, con la conseguenza che ai tempi medi impiegati non può riconoscersi alcun decisivo rilievo inficiante il procedimento valutativo.

Il Collegio, ancora, in punto di diritto, si sofferma sul principio della sufficienza del punteggio numerico al fine di soddisfare le esigenze di motivazione affermate nel “sistema” dall’art. 3 della L. 241 del 1990. Tale principio ricordano i giudici è stato definito “diritto vivente” dalla  stessa Consulta (30 gennaio 2009 n. 20 e 15 giugno 2011 n. 175) laddove è stato rilevato  espressamente che:

a) quando il criterio prescelto dal legislatore per la valutazione delle prove scritte nell’esame è quello del punteggio numerico, costituente la modalità di formulazione del giudizio tecnico-discrezionale finale espresso su ciascuna prova, con indicazione del punteggio complessivo utile per l’ammissione all’esame orale, tale punteggio, già nella varietà della graduazione attraverso la quale si manifesta, esterna una valutazione che, sia pure in modo sintetico, si traduce in un giudizio di sufficienza o di insufficienza, a sua volta variamente graduato a seconda del parametro numerico attribuito al candidato, che non solo stabilisce se quest’ultimo ha superato o meno la soglia necessaria per accedere alla fase successiva del procedimento valutativo, ma dà anche conto della misura dell’apprezzamento riservato dalla commissione esaminatrice all’elaborato e, quindi, del grado di idoneità o inidoneità riscontrato;

b) il punteggio espresso deve trovare specifici parametri di riferimento nei criteri di valutazione contemplati dalla legge ed è soggetto a controllo da parte del giudice amministrativo, che, pur non potendo sostituire il proprio giudizio a quello della commissione esaminatrice, può tuttavia sindacarlo, nei casi in cui sussistano elementi in grado di porre in evidenza vizi logici, errori di fatto o profili di contraddizione ictu oculi rilevabili, previo accesso agli atti del procedimento;

c) se è vero che la motivazione è diretta a rendere trasparente e controllabile l’esercizio della discrezionalità amministrativa, garantendo così l’imparzialità della pubblica amministrazione, nonché la parità di trattamento dei cittadini di fronte ad essa, non è tuttavia esatto che il criterio del punteggio numerico sia inidoneo a costituire motivazione del giudizio valutativo espresso dalla commissione esaminatrice: tale criterio rivela una valutazione che, attraverso la graduazione del dato numerico, conduce ad un giudizio di sufficienza o di insufficienza della prova espletata e, nell’ambito di tale giudizio, rende palese l’apprezzamento più o meno elevato che la commissione esaminatrice ha attribuito all’elaborato oggetto di esame. Pertanto, non è sostenibile che il punteggio indichi soltanto il risultato della valutazione. Esso, in realtà, si traduce in un giudizio complessivo dell’elaborato, alla luce dei parametri normativi, suscettibile di sindacato in sede giurisdizionale, nei limiti individuati dalla giurisprudenza amministrativa;

d) il criterio numerico risponde ad esigenze di buon andamento dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.), che rendono non esigibile una dettagliata esposizione, da parte delle commissioni esaminatrici, delle ragioni che hanno condotto ad un giudizio di non idoneità, avuto riguardo sia ai tempi entro i quali le operazioni concorsuali o abilitative devono essere portate a compimento, sia al numero dei partecipanti alle prove;

e) il criterio numerico, infine, non contrasta con il dovere di motivazione di cui all’art. 3 L. 24171990, in quanto, fermo restando che il criterio del punteggio numerico è idoneo ad esprimere un giudizio sufficientemente motivato, il medesimo art. 3 con l’art. 1, comma 1, della citata L. 241/ 1990, in forza del quale l’attività amministrativa è retta (tra gli altri) da criteri di economicità e di efficacia, che giustificano la scelta del modulo valutativo adottato dal legislatore.

 

 

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