Concorso dell’extraneus nel reato di bancarotta fraudolenta

Redazione 03/08/11
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Con la sentenza n. 30412 dell’1 agosto 2011 la V Sezione penale della Cassazione ha stabilito che anche un terzo estraneo alla società risponde di bancarotta fraudolenta se con la sua condotta ha cagionato un danno alla massa dei creditori dell’impresa, protraendola sino alla dichiarazione di insolvenza.

Il caso ha riguardato un commercialista che si adoperava per «far sparire» i soldi della società prima del fallimento mentre l’amministratore si defilava grazie ad trasferimento di quote ad un prestanome all’estero, irreperibile in Italia.

Il giudice d’appello aveva assolto il commercialista sulla base del fatto che gli atti di fraudolenza risalivano ad un momento precedente rispetto al tempo in cui egli aveva prestato la sua opera; ma la Cassazione ha osservato che nella condotta di chi causa dolosamente il fallimento di un’azienda l’azione offensiva non si esaurisce al compimento dell’atto antidoveroso, ma continua fino alla dichiarazione di insolvenza della società. Fino a quel momento, infatti, è sempre possibile porre in essere dei comportamenti in grado di ridurre la portata offensiva dell’azione.

Invece il commercialista aveva, insieme con l’amministratore della società, provveduto alla cessione «mascherata» degli immobili della società, dietro cui si celavano vendite simulate, fino della dichiarazione dello stato di insolvenza.

Perciò risponde, secondo i giudici di legittimità, del reato di bancarotta in concorso con l’amministratore, in quanto realizzando, sebbene extraneus rispetto alla società fallita, un «segmento efficace del risultato illecito».

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