Concorsi pubblici: l’ente è obbligato ad assumere il vincitore, pena il risarcimento

Redazione 03/10/14
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 Lucia Nacciarone

 Ad avviso dei giudici di legittimità (Cass. civ., sez lav., sent. n. 20735 del 1 ottobre 2014) una volta vinta la selezione, si configura un vero e proprio diritto soggettivo all’assunzione da parte del candidato nei confronti nella pubblica amministrazione.

Infatti, premesso che l’ente può scegliere se nominare il direttore generale per chiamata diretta o individuarlo mediante un concorso, una volta aperta la procedura di selezione pubblica mediante bando, questo non può essere revocato dopo l’approvazione della graduatoria incidendo in senso recessivo sui diritti soggettivi.

Il bando di concorso infatti si configura come provvedimento amministrativo da un lato, dall’altro come atto negoziale che vincola l’ente nei confronti dei candidati al concorso.

Ne consegue che è nulla ex articolo 1355 del codice civile la clausola contenuta nel bando secondo cui la nomina è effettuata con riserva e l’ente a suo insindacabile giudizio avrebbe la facoltà di non nominare il primo classificato: si tratta di condizione meramente potestativa, come tale appunto colpita da sanzione.

E la revoca del bando decisa dopo l’approvazione della graduatoria è inefficace: in questa sede infatti non può essere esercitata l’autotutela della pubblica amministrazione, si tratterebbe di una ipotesi di carenza di potere dunque di un atto nullo sotto il profilo sostanziale. Il potere di revoca, ricorda la Cassazione, è attribuito infatti alla P.a. solo per sopravvenuti motivi di interesse pubblico o nel caso di mutamento della situazione di fatto o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario.

Alla luce di queste considerazioni, la Corte sottolinea che il vincitore del concorso ha diritto all’assunzione e, se non si vede assegnare il posto, ha dunque diritto ad un risarcimento pari agli stipendi che gli sarebbero spettati per tutta la durata dell’incarico di manager.

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