Cassazione: niente risarcimento per l’operaio esposto a fibre di amianto in assenza di nesso di causalità

Redazione 01/08/13
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Lucia Nacciarone

A deciderlo è la sezione lavoro della Cassazione con la sentenza n. 18267 del 30 luglio 2013, che respinge il ricorso del dipendente affetto da cancro al polmone il quale aveva subìto l’asportazione dell’organo.

Dall’indagine fatta risultava che l’esposizione alle fibre di asbesto fosse stata, per la durata temporale in cui era intervenuta, inidonea a causare la neoplasia, e inferiore ai valori-soglia statisticamente rilevanti.

Nulla da fare per il lavoratore, che aveva anche eccepito il riconoscimento da parte dell’INAIL della malattia professionale con relativa rendita, che però riguarda solo la menomazione della capacità lavorativa.

I giudici hanno dato importanza alla circostanza che il dipendente fosse un accanito fumatore, e che nel suo albero genealogico fossero presenti numerosi casi di tumore, e che, quindi, avesse ‘familiarità con la malattia.

E decisiva è stata anche la ctu che ha attestato che l’esposizione fosse stata inferiore al valore limite, e comunque insufficiente a cagionare una neoplasia del tipo di quella occorsa al lavoratore.

Esclusa, quindi, la ‘elevata probabilità scientifica’ fra presunto fattore causale, e danno verificatosi, i giudici hanno negato il risarcimento ex art. 2087 del codice civile, norma che impone al datore di adottare tutte le misure idonee per tutelare i lavoratori. 

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