Cassazione: lecito riformare la sentenza di proscioglimento per violenza sessuale senza ascoltare le parti offese

Redazione 31/07/13
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Lucia Nacciarone

Così hanno deciso i giudici di legittimità con la sentenza n. 32798 del 29 luglio 2013.

I giudici di prime cure avevano prosciolto con formula piena ex art. 530 c.p.p. (perché il fatto non sussiste) i due imputati del reato di violenza sessuale, ritenendo inattendibili le testimonianza delle persone offese.

In appello la sentenza viene riformata, e i due imputati vengono condannati, senza tuttavia aver disposto nuovamente l’audizione delle parti; né, tantomeno, era stata chiesta la rinnovazione del dibattimento dagli imputati.

La Cassazione si è quindi trovata a decidere sulla portata del divieto di reformatio in peius, dal momento che alla luce dei principi della giurisprudenza EDU non è possibile condannare chi prima era stato assolto senza nuove prove, e nel caso di specie non era stata disposta l’audizione delle persone offese.

Occorre quindi, secondo i giudici di legittimità, bilanciare gli opposti diritti, ossia il diritto del testimone a non essere sentito di nuovo se l’ulteriore escussione risulta a priori superflua, e quello degli imputati, che possono appellarsi al divieto di reformatio in peius.

La motivazione della Corte d’appello regge, secondo i giudici di legittimità, di fronte di principi CEDU, e l’accertamento dei fatti compiuto in secondo grado è in grado anche di confutare quello di segno contrario effettuato dal giudice di prime cure.

Nel caso di specie le dichiarazioni delle persone offese sono state ritenute decisive e lineari: perciò la Corte d’appello ha ritenuto superflua la loro nuova audizione.

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