Cassazione: la prestazione risarcitoria per il danno da emotrasfusione ha funzione assistenziale, non di garanzia del diritto alla salute

Redazione 15/02/12
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Lucia Nacciarone

E pertanto l’eventuale ritardo del risarcimento non può dar luogo ad un richiesta di danno ulteriore, a meno che non venga provato che il soggetto leso abbia patito un ulteriore aggravio delle proprie condizioni fisiche a causa del ritardo.

A deciderlo è stata una recente sentenza della Cassazione (n. 2009 del 13 febbraio 2012) con cui i giudici di legittimità hanno precisato che il danno per il ritardato pagamento di cui alla Legge 210/1992, riconosciuto agli emotrasfusi che hanno contratto malattie gravi in conseguenza alla trasfusione, può essere risarcito solo se il danneggiato fornisce le prove concrete del pregiudizio causato dall’inutile decorso del tempo.

Mentre i giudici di merito avevano condannato il Ministero del Lavoro, della Salute e delle politiche sociali al pagamento, in favore dell’appellante, dell’importo capitale maturato alla scadenza del termine per il pagamento, per il ritardato pagamento dell’indennizzo, sostenendo che il ritardo ingiustificato incidesse su valori costituzionalmente tutelati, quali quello alla salute, la Cassazione è stata di diverso avviso, osservando che l’indennizzo di cui alla L. 210/1992 ha natura assistenziale e non di garanzia del diritto alla salute.

Ed ha precisato, quindi: «il danno derivante dal ritardo nella corresponsione di una prestazione è naturalmente risarcito dalla rivalutazione monetaria: ogni danno ulteriore deve essere provato da chi voglia farlo valere in giudizio ai sensi dell’art. 2697 del codice civile. La Corte d’appello ha erroneamente considerato, ai fini del danno per ritardato pagamento, la natura della prestazione corrisposta, mentre il ritardo nel pagamento è sempre risarcito dalla rivalutazione monetaria indipendentemente dalla natura del credito. Il creditore avrebbe dovuto provare il danno ulteriore per responsabilità extracontrattuale del debitore allegando l’oggettiva esistenza di un illecito nel comportamento dell’amministrazione debitrice, il presupposto soggettivo costituito dal dolo o dalla colpa grave, e il nesso di causalità con il danno patito».

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