Cassazione: l’impresa risarcisce i parenti del defunto se non ha adottato le precauzioni idonee a ridurre i rischi derivanti dall’esposizione all’amianto

Redazione 31/05/12
Scarica PDF Stampa

Lucia Nacciarone

A deciderlo è la sentenza n. 8655 del 30 maggio 2012, che si basa sulle conclusioni dei consulenti tecnici, confermando il giudizio di merito.

Una lavoratore era deceduto per una forma di mesotelioma particolarmente aggressiva, insorta, fra le varie cause, anche a seguito di sovraesposizione ad amianto.

Il datore di lavoro, secondo quanto era emerso nel giudizio di merito, aveva omesso di adottare le misure idonee a tutelare gli operai: la Ctu aveva evidenziato infatti come aspiratori e separazioni della lavorazione da una parte, e dispositivi di protezione personale dall’altra, sarebbero stati utili per la prevenzione, fermo restando che la patologia sarebbe comunque potuta insorgere.

Il datore invece non ha osservato nessuna delle regole generali di prevenzione che riguardano in assoluto ogni attività che abbia a che fare col rischio-polveri: e ciò, nonostante una riconosciuta pericolosità dell’amianto, e nonostante sia noto il suo nesso di causalità con l’insorgenza di malattie come il mesotelioma.

Pertanto i giudici hanno condannato l’impresa a risarcire gli eredi dell’operaio nella misura di 4.500 euro al mese per ogni mese di sofferenza del de cuius, cifra che consente di compensare la particolare afflittività della patologia e la consapevolezza, da parte del malato, di quale ne sarebbe stato l’esito.

Il risarcimento, continuano i giudici, non va accordato sulla base di una responsabilità di tipo oggettivo, bensì sulla base del fatto che, secondo quanto emerso dalla consulenza tecnica misure idonee di tutela ambientale e personale avrebbero avuto qualche utilità nell’evitare l’insorgere della patologia.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento