La Cassazione sulla incompatibilità della professione forense con il lavoro autonomo

Scarica PDF Stampa

La Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulle incompatibilità all’esercizio della professione forense con sentenza a Sezioni Unite n. 35981 del 27 dicembre 2023.

Indice

1. Il caso

Il ricorrente ha impugnato la sentenza con la quale il CNF, confermando il provvedimento di cancellazione dall’Albo degli Avvocati reso dal COA di appartenenza, ha ritenuto sussistente l’incompatibilità dell’iscrizione all’Albo degli Avvocati con l’iscrizione all’Albo degli Odontoiatri.

2. Incompatibilità della professione forense: ratio della norma di cui all’art. 18 L.P.

Nel rigettare il ricorso, la Suprema Corte affronta molteplici questioni, qui di seguito illustrate.
La Corte ribadisce che le incompatibilità dettate dalla norma mirano ad assicurare lo svolgimento della professione nel rispetto dei principi di corretta e leale concorrenza nonché a tutelare, assicurare e garantire l’autonomia e l’indipendenza dell’Avvocato, anche per evitare condizionamenti di qualunque genere, al fine di permettere al professionista di garantire al cittadino la piena ed effettiva tutela dei suoi diritti, e ciò in considerazione del rilievo costituzionale del diritto di difesa.

3. Le ricadute delle cause di incompatibilità

La Corte ribadisce che l’assenza di cause di incompatibilità è condizione per l’iscrizione nell’Albo degli Avvocati, anche Stabiliti, per la permanenza in esso e per il conseguimento del trattamento previdenziale ai sensi dell’art. 2 comma 3 L. n. 319/1975.

4. L’esegesi della norma di cui all’art. 18 L.P. lett. a)

La Corte, dopo aver evidenziato che la norma individua quattro categorie di incompatibilità (l’esercizio di attività autonoma, l’attività commerciale, l’assunzione di cariche societarie e l’attività da lavoro subordinato) osserva che quella di cui alla lett. a) si verifica allorquando l’Avvocato eserciti un’attività di lavoro autonomo in modo continuativo e professionale con retribuzione predeterminata.
Proseguendo il proprio ragionamento, la Corte afferma che le eccezioni alla causa di incompatibilità, costituenti numerus clausus e dunque insuscettibili di applicazione analogica, riguardano l’esercizio di attività, quali quella di commercialista, esperto contabile, consulente del lavoro, giornalista pubblicista e revisore dei conti, che conservano una stretta attinenza con l’esercizio della professione forense e che in tale attinenza risiede la volutas legis di escludere, in via generale, l’incompatibilità con la contemporanea iscrizione  nei relativi albi professionali, indipendentemente dal carattere continuativo e professionale dell’attività svolta.
Lo svolgimento di qualsiasi professione ordinistica diversa da quelle espressamente menzionate dalla norma determina l’incompatibilità con lo svolgimento della professione di Avvocato, ad eccezione dell’attività di insegnamento e ricerca in materie giuridiche nella quale, a parere della Corte, non può essere annoverata quella consistente nelle seppur doverose ed espletande attività formative e pratiche obbligatorie  di cura, necessarie all’espletanda attività sanitaria di odontoiatra.
Secondo la Corte <<le attività culturali e scientifiche alle quali il legislatore, con formula elastica, ha inteso riferirsi introducendo deroghe alla incompatibilità sono, nondimeno, tutte le attività suscettibili di alimentare il bagaglio culturale della persona ed eventualmente l’esplicazione della personalità dell’avvocato in ambiti anche estranei ai saperi prettamente giuridici, ma giammai espressione di un’altra professione regolamentata ed ordinistica>>.
Il sistema delle incompatibilità previsto dalla Legge Professionale forense, prosegue la Suprema Corte, è frutto di una scelta discrezionale del legislatore che trova giustificazione nella necessità di assicurare, in relazione ad interessi generali, la professionalità dell’Avvocato, l’indipendente esercizio della relativa attività professionale e la sua libertà, allo scopo di evitare commistioni con altri ambiti professionali.
La disposizione normativa non si pone, pertanto, in contrasto con le norme costituzionali non implicando alcuna restrizione della concorrenza o limitazione della libera prestazione di servizi o impedimento all’accesso o alla permanenza nell’albo degli avvocati, potendo l’incompatibilità essere rimossa mediante la cancellazione dalla contemporanea iscrizione all’altro Albo.

Vuoi ricevere aggiornamenti costanti?

Salva questa pagina nella tua Area riservata di Diritto.it e riceverai le notifiche per tutte le pubblicazioni in materia. Inoltre, con le nostre Newsletter riceverai settimanalmente tutte le novità normative e giurisprudenziali!

Vincenza Fabrizio

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento