Cassazione: il compenso del legale non può scendere al di sotto dei minimi tariffari

Redazione 14/05/13
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Lucia Nacciarone

A prevederlo è stato anzitutto il decreto Cresci Italia (D.L. 1/2012) che ha abolito le tariffe per le professioni regolamentate.

Se ci si trova in epoca antecedente all’emanazione del decreto citato, quindi sotto la vigenza del decreto Bersani, avvisano i giudici della Suprema Corte nella sentenza n. 11232 del 10 maggio 2013, nell’ambito di una procedura fallimentare, anche nel caso in cui il cliente dell’avvocato è il curatore fallimentare, il compenso accordato dal giudice delegato può essere inferiore al minimo tariffario soltanto in presenza di un accordo fra le parti, precedente o anche successivo alla prestazione professionale.

La Cassazione accoglie quindi il ricorso dell’avvocato contro il compenso liquidato per l’attività professionale svolta nel giudizio di responsabilità promosso nei confronti degli ex amministratori della società fallita.

In mancanza del suddetto accordo non può esservi deroga i minimi tariffari: infatti, continuano i giudici con l’ermellino, questa circostanza è confermata dalla previsione del decreto Cresci Italia (art. 9) nella quale viene specificato che in caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto dal Ministro vigilante (per gli avvocati sta per intervenire il decreto ministeriale).

Il giudice delegato ha fatto quindi una valutazione errata quando, in assenza del patto curatore-avvocato, ha preso in considerazione ai fini dell’onorario un parametro diverso da quello corrispondente al valore della causa secondo le norma del codice di procedura civile. Inoltre, per ottenere la liquidazione in misura inferiore ai minimi previsti dallo scaglione di valore determinato secondo le regole del cpc, il curatore fallimentare avrebbe dovuto esibire il parere del competente Consiglio dell’Ordine.

Il parere era necessario per liquidare al di sotto del minimo previsto ed in assenza di questo ed anche di un accordo la determinazione del giudice è da ritenersi invalida.

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