Atto d’obbligo e vincolo destinazione urbanistica del bene

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Il termine atto d’obbligo fa riferimento ad una prassi applicativa amministrativa, che si inserisce in un più ampio procedimento amministrativo, nato dalla esigenza dei Comuni di documentare e rendere conoscibili ai terzi, mediante trascrizione, una serie di vincoli imposti alla proprietà privata immobiliare.
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Indice

1. Atto d’obbligo: proprietà conformata


Gli atti d’obbligo possono imporre obblighi al fine di ottenere provvedimenti autorizzativi alla costruzione, (licenze, concessioni, permessi) ma talora anche al fine di ottenere la concessione di benefici contributivi (come i vincoli a destinazione abitativa tipici della convenzione edilizia residenziale pubblica convenzionata ai sensi della Legge Bucalossi) o finanziamenti per certe finalità o inserendosi in vario modo nell’ambito della pianificazione e governo del territorio.
Gli atti d’obbligo possono consistere in:

  1. Vincoli di destinazione (vincoli di inedificabilità, vincoli di destinazione a parcheggio di uso pubblico, di utilizzazione a fini turistici alberghieri, di utilizzazione agricola o di non utilizzazione industriale) 
  2. Vincoli di asservimento (per esempio di terreni con conseguente inedificabilità)
  3. Vincoli di inalienabilità generali o speciali e di indivisibilità;
  4. Assunzione di obblighi specifici come il pagamento di oneri di urbanizzazione o la cessione di aree ai Comuni.

Da un punto di vista normativo l’atto d’obbligo non ha una compiuta disciplina ma trova un suo riferimento nella circolare n.3210 del 1967 e negli artt. 7 e 9 della Legge 10 del 1977 (legge Bucalossi) proprio come strumento alternativo alla convenzione urbanistica.
In quanto limitano la proprietà privata gli atti d’obbligo sono stati definiti strumenti di attuazione della funzione cosiddetta “conformativa” della proprietà. 

2. Atti d’obbligo e convenzione urbanistica ed edilizia


La convenzione urbanistica ed edilizia è un negozio di diritto privato stipulato dalla Pubblica Amministrazione che trarrebbe la legittimazione alla stipula – nell’art. 11 della legge 241/90 –dunque per ragioni di pubblico interesse e senza pregiudizio per i terzi –di accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento ovvero in sostituzione di questo. Tali accordi a pena di nullità devono essere stipulati per iscritto, salvo che la legge disponga diversamente e agli stessi si applicano, se non è diversamente previsto, i principi del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Tali accordi devono essere motivati e la pubblica amministrazione, può per sopravvenuti motivi di pubblico interesse, recedere unilateralmente dall’accordo, salvo l’obbligo di procedere ad un indennizzo nei confronti del privato in relazione ad eventuali pregiudizi verificatesi in suo danno. Gli atti unilaterali d’obbligo e di asservimento, che non ricevono a differenza delle convenzioni urbanistiche una compiuta disciplina normativa, anche essi sono richiedibili dalla Pubblica Amministrazione al privato per realizzare la funzione “conformativa” della proprietà e per conseguire l’interesse pubblico sotteso al vincolo conformativo della proprietà, ma possono essere considerati un minus rispetto alla convenzione edilizia .Cionondimeno nella prassi amministrativa li ritroviamo spesso come condizione per il rilascio di titoli abilitativi alla edificazione. Le finalità dell’atto d’obbligo appaiono pertanto molto simili a quelle perseguite con la convenzione edilizia costitutiva di vincoli urbanistici, che fissano i limiti entro i quali viene rilasciato il titolo abilitativo edilizio. 
Inoltre tanto le convenzioni edilizie quanto gli atti d’obbligo edilizio rientrerebbero in quella che viene definita “urbanistica contrattata” che si pone subito al disotto della pianificazione urbanistica generale. Si tratterebbe comunque di forme di accordo con la Pubblica Amministrazione tese a disciplinare determinati aspetti particolari della pianificazione urbanistica.
Se in entrambe i casi vi sarebbe una manifestazione di volontà negoziale, le convenzioni urbanistiche avrebbero una struttura bilaterale mentre i secondi unilaterale, diverso sarebbe il contenuto. Si ricorre all’atto d’obbligo quando occorre un mero atto di sottomissione funzionale alla pianificazione territoriale ed alla convenzione urbanistica quando oltre ad un contenuto indisponibile (pianificazione territoriale) vi sia un contenuto disponibile (aspetti patrimoniali, tempi, garanzie, sanzioni, ecc.) da disciplinare.


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3. Tipi di atto d’obbligo – atti di asservimento-vincoli di destinazione urbanistica


Tra gli atti d’obbligo rivestono un ruolo determinante i così detti “atti unilaterali d’obbligo” più semplicemente atti di asservimento tra i quali si sogliono includere indistintamente tutti quei vincoli derivanti dall’atto come un asservimento del bene vincolato a favore di altro immobile oppure che impongano al bene vincolato, a favore di altro immobile una specifica destinazione.
Vi sono poi i vincoli di destinazione che oltre ad includere i vincoli di inedificabilità, che sottraggono un fondo alla sua destinazione edificatoria, si ritiene includano anche tutti i vincoli che impongano al bene una specifica destinazione (destinazione a verde pubblico di alcune aree o di destinazione a parcheggio). Tali vincoli di destinazione hanno efficacia erga omnes e pertanto conformano definitivamente il bene vincolato. A questo punto occorre valutare le specifiche conseguenze sul regime circolatorio dei beni così vincolati, in quanto, se da una parte risulta evidente che la circolazione di tali beni non potrebbe mai comportare una cessazione del vincolo derivante dall’atto d’obbligo, in virtù della loro inerenza ed efficacia erga omnes, dall’altra si ritiene che tali vincoli non possano in alcun modo impedire direttamente la circolazione dei beni vincolati (seppure gravati dal vincolo).Infatti nella valutazione degli effetti dei vincoli di destinazione occorre distinguere la commerciabilità del bene vincolato da quella della sua soggezione al vincolo, nel senso che nei casi in cui il vincolo imponga soltanto una specifica destinazione del bene (ad esempio asservendo la volumetria edificatoria di un immobile a favore di altro immobile), a meno che non sia espressamente presente un divieto di alienazione il bene vincolato si ritiene liberamente commerciabile, sebbene gravato dal vincolo. Va comunque precisato che i vincoli di asservimento e di destinazione non esauriscono il panorama dei vincoli ed obblighi derivanti da atti d’obbligo edilizio, sebbene costituiscano una importante e diffusa categoria. Altrettanto importante e diffusa è tuttavia la categoria dei vincoli derivanti dagli atti d’obbligo che impongono un divieto di alienazione.

4. Violazione dell’atto d’obbligo


La violazione dell’atto d’obbligo o del vincolo di destinazione avrà come effetto diretto la abusività del manufatto realizzato in violazione dello stesso. Accanto a tale effetto diretto vi sarà poi un effetto indiretto rappresentato dalla caducazione del titolo abilitativo rilasciato in conseguenza della sottoscrizione dell’atto d’obbligo o del vincolo di destinazione o dell’atto di asservimento. Evidentemente in tal modo l’atto d’obbligo verrebbe a produrre effetti nei confronti di chiunque risultasse proprietario del bene vincolato, solo che tali effetti si esplicherebbero su di un piano, ovvero quello della caducazione del provvedimento (titolo edilizio), di cui il rispetto del vincolo derivante dall’atto d’obbligo costituisce condicio sine qua non, con conseguente incommerciabilità del manufatto autorizzato. In tal senso la giurisprudenza amministrativa fornisce una interpretazione temperata delle conseguenze derivanti dalla violazione tali per cui si avrebbe caducazione del titolo abilitativo solo nei casi in cui l’obbligazione o il vincolo assunti nel contesto di pianificazione territoriale riproducano una norma di legge mentre non sussisterebbe allorquando fosse il frutto di una richiesta volontaria della Pubblica Amministrazione. Per altri ancora questa suggestiva correlazione vi sarebbe solo allorquando l’adempimento delle obbligazioni o il rispetto dei vincoli contenuti nell’atto d’obbligo sia dedotto quale condizione risolutiva del titolo abilitativo

5. Modificabilità, riducibilità e revocabilità del vincolo


Un altro aspetto di grande rilievo pratico è rappresentato dalla revocabilità, modificabilità e riducibilità della portata dell’atto d’obbligo ormai perfezionatesi nonché dei provvedimenti amministrativi ottenuti proprio al perfezionarsi dell’atto d’obbligo. Onde impedire che la Pubblica Amministrazione possa recedere unilateralmente dai contratti da essa stipulati senza un fondamento normativo e contrattuale, quindi in modo arbitrario e solo sulla base di una posizione di supremazia, si ritiene ammesso il recesso solo allorquando consentito dal contratto o dalla legge o, ragionevolmente, quando il perseguimento del rapporto negoziale contrasti con esigenze di diritto pubblico di carattere generale o con esigenze specifiche legate al singolo negozio giuridico. Diverso il discorso della revoca dei provvedimenti che è ammessa per sopravvenuti motivi di interesse pubblico per mutamento della situazione di fatto o del quadro normativo imprevedibile al momento della adozione del provvedimento o una nuova valutazione dell’originario interesse pubblico discrezionale, ma che evidenzi in motivazione la prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato altrimenti anche la revoca sarebbe illegittima. Ovviamente la revoca dell’atto d’obbligo da parte dell’obbligato non è assolutamente ammessa, in ragione della struttura unilaterale dell’atto del privato che si perfeziona con la conoscenza da parte del Comune o con l’ottenimento del provvedimento collegato all’atto d’obbligo. Sarebbe invece ammessa la modificabilità dell’atto d’obbligo, sia con il consenso della Pubblica Amministrazione sia del privato, correlato al rilascio del titolo abilitativo. Il consenso in tal caso sarà da entrambe le parti, a differenza di quanto accade in caso di revoca o di rinuncia, qui sarà possibile un bilanciamento degli interessi in gioco e le parti potranno prevedere nella modifica nuovi obblighi, nuove destinazioni, asservimenti, ecc.
Naturalmente tutti questi provvedimenti e le loro vicende saranno assoggettati al regime di pubblicità codicistica onde risultare opponibili ai terzi. 

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Marco Campagna | Maggioli Editore 2023

Bibliografia

  • Atto d’obbligo edilizio – Studio CNF 109/2021 – Notaio Gian Marco Antonelli-settembre 2021
  • Vincolo di destinazione: caratteristiche e differenze con il trust –Danilo Golia – 21 novembre 2022

Avv. Cristina Vanni

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