Atti osceni in luogo pubblico: reato o illecito amministrativo?

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La fattispecie di atti osceni in luogo pubblico ha subìto delle modifiche anche grazie all’intervento della giurisprudenza.

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Indice

1. Norme di riferimento

La norma che prevede tale fattispecie è l’art. 527 c.p. il quale, al primo comma, dispone che “chiunque, in luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti osceni è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 30.000“.

Il secondo comma, invece, dispone che “si applica la pena della reclusione da quattro mesi a quattro anni e sei mesi se il fatto è commesso all’interno o nelle immediate vicinanze di luoghi abitualmente frequentati da minori o se da ciò deriva il pericolo che essi vi assistano“.

Al terzo comma vi è l’ipotesi colposa, nella quale “si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 51 a euro 309“.

Appare chiara, già all’interno della norma stessa, una distinzione che dipende dalla gravità dell’atto la quale, a sua volta, deve essere valutata secondo diversi elementi: modalità, luogo e pubblicità. Sulla base di tale valutazione, l’atto integrerà un reato o, nei casi meno gravi, in seguito alla depenalizzazione realizzata con d. lgs. 8/2016, un illecito amministrativo.

Cerchiamo ora di analizzare anche gli elementi che dovranno essere valutati.
Per “luogo pubblico” si intende un luogo sempre libero a tutti o a un numero indeterminato di persone, mentre per “luogo aperto al pubblico” si intende un luogo “anche privato, ma al quale un numero indeterminato, ovvero un’intera categoria di persone può accedere, senza limite o nei limiti della capienza, ma solo in certi momenti o alle condizioni poste da chi esercita un diritto su un luogo” (Cass. pen. sent. n. 37596/2014).

Per valutare le modalità dell’atto è necessario comprendere cosa il nostro ordinamento intende per “oscenità” e la risposta la troviamo proprio nel codice penale all’art. 529 il quale dispone che “agli effetti della legge penale, si considerano osceni gli atti e gli oggetti che, secondo il comune sentimento, offendono il pudore“.

Da quanto finora detto, si desume che i beni giuridici oggetto di tutela sono la moralità pubblica e il buon costume: la prima è intesa come coscienza etica di un popolo nei confronti della sfera sessuale; il secondo è inteso come il modo di vivere il tema di morale, pubblica decenza o, appunto, di pudore.


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2. Differenze con gli atti contrari alla pubblica decenza

Fattispecie analoga agli atti osceni sono gli atti contrari alla pubblica decenza, previsti dall’art. 726 c.p., ma anch’essi depenalizzati con d. lgs. 8/2016. La norma ora dispone che “chiunque, in un luogo pubblico o aperto o esposto al pubblico, compie atti contrari alla pubblica decenza è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da euro 5.000 a euro 10.000“.

La sanzione, significativamente inferiore rispetto a quella di atti osceni, denota la minore gravità dell’illecito. Infatti, la principale differenza rispetto alla fattispecie di atti osceni di cui all’art. 527 c.p. risiede nel contenuto specifico degli atti posti in essere, prettamente attinenti alla sfera sessuale.
Viene qui in rilievo l’elemento della “decenza” intesa come compostezza e pudicizia.

3. Luoghi abitualmente frequentati da minori

In seguito alla parziale depenalizzazione sopraddetta, dunque, la fattispecie dell’art. 527, co. 1 c.p. ha perso la sua qualità di reato divenendo un illecito amministrativo.

Ciò che potrebbe comportare una sanzione penale, invece, è l’ipotesi degli atti osceni posti in essere in luoghi abitualmente frequentati da minori. Questa previsione è posta a tutela non solo della moralità pubblica e del buon costume, ma anche dell’integrità psichica dei minori che, potenzialmente, possono assistere all’atto in questione.

La Corte di Cassazione si è espressa al riguardo sancendo che questi luoghi “sono quelli riconoscibili come tali per vocazione strutturale (come scuole, i luoghi di formazione fisica e culturale, i recinti creativi all’interno dei parchi, gli impianti sportivi, le ludoteche e simili), ovvero per elezione specifica, di volta in volta scelti dai minori come punto di abituale incontro o di socializzazione, ove si trattengono per un termine non breve (come un muretto sulla pubblica via, i piazzali adibiti a luogo ludico, il cortile condominiale)” (Cass. pen. sent. n. 29239/2017).

A nulla rileva il fatto che l’atto venga consumato di notte. Infatti, sempre secondo la Suprema Corte (sent. n. 30242/2011), le norme hanno valenza anche in orari notturni, in quanto alcuni passanti occasionali potrebbero assistere alla scena.

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Il testo è aggiornato a: D.Lgs. 75/2020 (lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione); D.L. 76/2020 (c.d. decreto semplificazioni); L. 113/2020 (Disposizioni in materia di sicurezza per gli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni) e D.L. 130/2020 (c.d. decreto immigrazione).   Fabio PiccioniAvvocato del Foro di Firenze, patrocinante in Cassazione; LL.B., presso University College of London; docente di diritto penale alla Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali; coordinatore e docente di master universitari; autore di pubblicazioni e monografie in materia di diritto penale e amministrativo sanzionatorio; giornalista pubblicista.

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Riccardo Polito

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