Accesso agli atti, la legittimazione al diritto ha “consistenza autonoma”

Redazione 04/05/12
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Lilla Laperuta

In tali termini si è espresso il Consiglio di Stato nella sentenza n. 280 del 3 maggio.

In punto di diritto i giudici di palazzo Spada richiamano e condividono il consolidato orientamento secondo cui l’interesse giuridicamente rilevante del soggetto che richiede l’accesso non deve necessariamente consistere in un interesse legittimo o in un diritto soggettivo, ben potendo essere concessa la tutela ostensiva a fronte di una qualunque posizione giuridica soggettiva, purché non si identifichi nel generico e indistinto interesse di ogni cittadino al buon andamento dell’attività amministrativa.

Al fine di riconoscere il diritto all’accesso deve sussistere un nesso di strumentalità tra l’interesse vantato e la documentazione di cui si chiede l’ostensione, nesso che il Collegio circoscrive con le seguenti caratteristiche:

a) deve essere inteso in senso ampio;

b) la documentazione richiesta deve costituire mezzo utile per la difesa dell’interesse giuridicamente rilevante;

c) la stessa documentazione non deve costituire invece strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.

Pertanto, concludono i giudici di appello, l’interesse all’accesso ai documenti deve essere considerato in astratto, escludendo che, con riferimento al caso specifico, possa esservi spazio per l’amministrazione (o il gestore di un pubblico servizio) per compiere apprezzamenti in ordine alla fondatezza o ammissibilità della domanda giudiziale proponibile. La legittimazione all’accesso non può dunque essere valutata facendo riferimento alla fondatezza della pretesa sostanziale sottostante, ma ha consistenza autonoma, indifferente allo scopo ultimo per cui viene esercitata.

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