Abusi sessuali di minore gravità: c’è sempre la perseguibilità ex officio se la vittima è un minorenne

Redazione 06/03/12
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Con la sentenza n. 8145 del 2 marzo 2012 la Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo che era stato condannato per il reato di cui all’art. 609 bis del codice penale, e che assumeva a propria difesa la circostanza dell’assenza di querela.

L’imputato pertanto chiedeva l’improcedibilità dell’azione penale per mancanza di querela da parte della persona offesa, ma su questo punto la Cassazione ha confermato il giudizio di merito, osservando come gli atti sessuali di minore entità siano una ipotesi attenuata di violenza sessuale, e non una autonoma fattispecie di reato, sicchè, in mancanza di un’espressa previsione normativa, non viene mutato il regime della procedibilità d’ufficio laddove il suddetto reato sia stato compiuto in connessione con altro reato perseguibile d’ufficio (nel caso di specie corruzione di un minorenne).

Nei reati contro la libertà sessuale la perseguibilità a querela è stabilita in via generale per evitare che la persona fisica subisca, a causa del procedimento penale e della notorietà che da esso deriva, un ulteriore danno rispetto a quello derivante dal reato stesso.

Nel caso di specie il fatto che la persona offesa sia minorenne, fa ritenere che presumibilmente trattasi di persona che può subire condizionamenti ad opera dello stesso autore del reato o di ambienti familiari, oppure a causa di una comprensione non corretta della natura dell’azione subita.

In queste e simili ipotesi la perseguibilità d’ufficio è finalizzata proprio ad elidere il pericolo che la punibilità del reato sia condizionata da fattori diversi dalla libera scelta della persona offesa e non genericamente legata ad una valutazione della maggiore gravità del fatto, quindi a nulla rileva che gli atti sessuali potessero essere stati considerati di minore entità.

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