Cassazione: è l’indagato a dover dimostrare i fatti e le circostanze su cui si fondano le eccezioni e gli argomenti difensivi in sede cautelare

Redazione 06/03/13
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Lucia Nacciarone

Con la sentenza n. 9787 del 1 marzo 2013 i giudici di legittimità hanno ribaltato la decisione della Corte territoriale che respingeva l’istanza di applicazione del sequestro preventivo nei confronti di alcuni medici che avevano prescritto ricette false in modo da far ottenere ai farmacisti con cui erano d’accordo il rimborso dei farmaci stessi dalla Regione.

La truffa consisteva nel fare le prescrizioni a pazienti deceduti o ignari, cui non il farmaco era erogato solo fittiziamente.

La Cassazione ha annullato l’ordinanza e trasmesso gli atti nuovamente ai giudici di merito i quali anzitutto non avevano tenuto conto di un principio fondamentale, ossia quello in base a cui «in tema di perizia grafologica, la presenza di pareri discordanti impone al giudice, tenuto conto che un tale accertamento è fortemente condizionato dalla valutazione soggettiva del suo autore piuttosto che da leggi scientifiche universali, di fornire autonoma, accurata e rigorosa giustificazione delle ragioni di adesione all’una piuttosto che all’altra valutazione».

Gli ermellini esprimono poi un ulteriore principio di diritto, che si condensa nella seguente argomentazione: se l’indagato deduce eccezioni o argomenti difensivi, spetta a lui provare o allegare, sulla base di concreti ed oggettivi elementi fattuali, le suddette eccezioni. E ciò, in applicazione dell’altrettanto fondamentale principio di vicinanza della prova; infatti, sarebbe irragionevole gravare il pubblico ministero di una prova cd. negativa quando può e deve essere l’indagato ad allegare tutti gli elementi per dimostrare la tesi difensiva.

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