Verifica costi di manodopera nelle procedure di evidenza pubblica

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Come noto, il procedimento di evidenza pubblica consta di una serie di fasi, finalizzate a permettere alla Pubblica Amministrazione di individuare il soggetto a cui aggiudicare la gara e con cui, quindi, stipulare il contratto.
Ai fini di tale individuazione – in seguito alla indizione della gara – gli operatori economici interessati presentano le offerte nel rispetto di quanto previsto dagli atti della procedura.
Le offerte saranno oggetto di valutazione da parte della stazione appaltante, la quale ultima, in presenza di una loro anomalia, apre il subprocedimento di verifica dell’offerta.

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Indice

1. Il subprocedimento di verifica dell’offerta anomala


Il subprocedimento di verifica dell’offerta si innesta, in via del tutto eventuale, nel procedimento di evidenza pubblica nel caso in cui ricorra il presupposto della c.d. offerta anormalmente bassa.
Ed invero, il previgente art. 97 D.lgs. 50/2016, prevedeva che “gli operatori economici forniscono, su richiesta della stazione appaltante, spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti nelle offerte se queste appaiono anormalmente basse, sulla base di un giudizio tecnico sulla congruità, serietà, sostenibilità e realizzabilità dell’offerta”.
Nella stessa direzione, l’art. 110 D.lgs. 36/2023, recante il nuovo Codice dei contratti pubblici stabilisce che “le stazioni appaltanti valutano la congruità, la serietà, la sostenibilità e la realizzabilità della migliore offerta, che in base a elementi specifici, inclusi i costi dichiarati ai sensi dell’articolo 108, comma 9, appaia anormalmente bassa”. 
L’offerta si considera anormalmente bassa quando essa non sia attendibile né seria, e, per queste sue caratteristiche, è idonea a incidere sulla effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte (cfr. Cons. Stato n. 2953/2018).
A differenza di quanto previsto dall’art. 97 D.lgs. 50/2016, il vigente art. 110 D.lgs. 36/2023 specifica che la stazione appaltante deve indicare, nel bando o nell’avviso con cui indice la gara, gli elementi specifici in base ai quali svolgere il giudizio di anomalia di una data offerta.
Pertanto, come è dato leggersi nella Relazione Illustrativa al nuovo Codice, “il legislatore non ha prederminato una soglia di valutazione ex ante di anomalia, ma ha rimesso la relativa indicazione alle stazioni appaltanti, le quali nella loro discrezionalità potranno pertanto utilizzare, nei limiti in cui siano compatibili con le altre disposizioni dell’articolo e del codice, i criteri previsti dal decreto legislativo n. 50 del 2016 ovvero i criteri e i parametri previsti all’allegato II.12 bis, ovvero ancora i diversi e nuovi criteri o parametri individuati dalle stesse stazioni appaltanti” (cfr. Relazione agli articoli e agli allegati del Consiglio di Stato, Roma 7 dicembre 2022, p. 161).
In presenza di un’offerta che appaia anormalmente bassa, ad ogni modo, la stazione appaltante richiede per iscritto all’operatore economico le spiegazioni sul prezzo o sui costi proposti, assegnando a tal fine un termine non superiore a quindici giorni; segue un eventuale contraddittorio orale, nel corso del quale la s.a. invita l’offerente a indicare ogni ulteriore elemento utile ai fini dell’accertamento circa la sussistenza dell’anomalia.
In tal caso, “la relativa valutazione della stazione appaltante ha natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta” (ex multis, Cons. Stato n. 5047/2018; Cons. Stato, 5444/2018; Cons. Stato n. 230/2018).
La verifica mira, invero, “a garantire e tutelare l’interesse pubblico concretamente perseguito dall’amministrazione attraverso la procedura di gara per la effettiva scelta del miglior contraente possibile ai fini dell’esecuzione dell’appalto, così che l’esclusione dalla gara dell’offerente per l’anomalia della sua offerta è l’effetto della valutazione (operata dall’amministrazione appaltante) di complessiva inadeguatezza della stessa rispetto al fine da raggiungere” (Cons. Stato, 230/2018 cit.).
Se le spiegazioni fornite non giustificano adeguatamente il livello dei prezzi o dei costi proposti, la stazione appaltante esclude l’offerta (art. 110, co. 5, D.lgs. 36/2023; nella stessa direzione, il previgente art. 97, co. 5, D.lgs. 50/2016).


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2. Sulla verifica dei costi della manodopera


In base alle previgenti previsioni contenute nel D.lgs. 50/2016, l’operatore economico doveva indicare, nell’offerta economica, “i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d)” (art. 95, co. 10, D.lgs. 50/2016).
La stazione appaltante, poi, escludeva l’offerta qualora avesse accertato che essa fosse “anormalmente bassa in quanto: (…) d) il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16” (art. 97, co. 5, lett. d), D.lgs. 50/2016).
Ed invero, l’art. 23, co. 16, D.lgs. 50/2016, stabiliva che “il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”.
Parimenti, il nuovo art. 108, co. 9, D.lgs. 36/2023 prevede che “nell’offerta economica l’operatore indica, a pena di esclusione, i costi della manodopera e gli oneri aziendali per l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro (…)”.
Ai sensi del vigente art. 110, co. 4, D.lgs. 36/2023, poi, in sede di verifica dell’anomalia non sono ammesse giustificazioni, tra le altre, “in relazione a trattamenti salariali minimi inderogabili stabiliti dalla legge o da fonti autorizzate dalla legge”.
L’art. 41, co. 13, D.lgs. 36/2023, da ultimo, riproduce lo stesso contenuto del citato art. 23, co. 16, D.lgs. 50/2016, ovvero “per i contratti relativi a lavori, servizi e forniture, il costo del lavoro è determinato annualmente, in apposite tabelle, dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali sulla base dei valori economici definiti dalla contrattazione collettiva nazionale tra le organizzazioni sindacali e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative, delle norme in materia previdenziale ed assistenziale, dei diversi settori merceologici e delle differenti aree territoriali”.
Tanto premesso, si rileva come la giurisprudenza amministrativa – formatasi in relazione al previgente Codice dei contratti pubblici – abbia affermato che “i valori del costo del lavoro risultanti dalle tabelle ministeriali sono un semplice parametro di valutazione della congruità dell’offerta, perciò l’eventuale scostamento delle voci di costo da quelle riassunte nelle tabelle ministeriali non legittima un giudizio di anomalia o di incongruità e occorre, perché possa dubitarsi della congruità, che la discordanza sia considerevole e palesemente ingiustificata, alla luce di una valutazione globale e sintetica, espressione di un potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza non renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta” (Cons. Stato, n. 5332/2023 e n. 6307/2020).
Quindi, l’eventuale scostamento delle voci di costo del lavoro rispetto a quello risultante dalle tabelle ministeriali determina, in capo alla stazione appaltante, l’avvio della procedura finalizzata alla verifica di congruità della singola offerta solo se essa sia considerevole e palesemente ingiustificata (ex multis, Cons. Stato, n. 5332/2018 e n. 5084/2018).
Ricorrendo quest’ultima evenienza, la stazione appaltante deve richiedere all’operatore economico giustificazioni in merito alla determinazione del costo, le quali ultime devono essere sufficientemente analitiche e devono spiegare adeguatamente le ragioni per le quali i dati ricavabili dalle pertinenti tabelle ministeriali “possono” essere derogati.
A tale scopo, l’operatore economico fornirà, a titolo esemplificativo, i dati concernenti il numero di lavoratori impiegati, il livello di inquadramento, il tempo di utilizzo, il costo orario nonché il monte ore stimato per l’esecuzione dell’appalto, al fine di determinare il costo complessivo del lavoro per unità di misura e per ogni tipologia di lavorazione; non potrà ritenersi sufficiente la dichiarazione dell’o.e. volta a rilevare, sic et simpliciter, il rispetto del contratto nazionale di lavoro applicato ai propri operai (in questa direzione, si veda: Tar Campania n. 867/2021).
In aggiunta, potranno essere prese in considerazione dalla s.a. altri indici, quali la applicazione di aliquote Inps e Inail inferiori a quelle utilizzate nelle tabelle ministeriali, la minore incidenza degli oneri relativi a malattia, infortuni e maternità, o l’impiego del lavoro straordinario.
Trattasi di elementi che incidono sul dato delle ore mediamente non lavorate, per i quali è decisiva la considerazione del modello di organizzazione aziendale e, in particolare, della composizione del personale e della tipologia di prestazioni lavorative.
Difatti, secondo costante giurisprudenza, “l’ammontare delle ore effettivamente lavorate nelle singole imprese, che nelle tabelle ministeriali è indicato sotto la voce ore mediamente lavorate (dato ottenuto sottraendo, dalle ore teoriche contrattuali, le ore mediamente non lavorate per ferie, malattia, e altro) rappresenta un elemento variabile in relazione all’organizzazione della medesima impresa; e, quindi, costituisce un elemento derogabile ove l’impresa fornisca opportune e ragionevoli giustificazioni” (Cons. Stato, n. 7927/2019).
Ne consegue che anche il dato “storico-aziendale” relativo all’andamento delle singole voci nella gestione dei singoli servizi dev’essere considerato tra le giustificazioni idonee a spiegare la differenza con il valore indicato nella tabella ministeriale.
In definitiva, la stazione appaltante – in sede di esame dell’offerta – è chiamata a verificare che il costo del personale – contenuto nella offerta economica – non sia inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle tabelle ministeriali.
Nell’eventualità in cui vi sia una discordanza considerevole e ingiustificata, procederà a chiedere elementi integrativi all’operatore economico, sui quali effettuerà la propria istruttoria motivandone i suoi esiti.
Con la precisazione che il predetto giudizio costituisce frutto di apprezzamento tecnico, non sindacabile in sede di giustizia se non per illogicità, manifesta irragionevolezza, arbitrarietà (Cons. Stato, n. 9861/2022 e n. 2437/2021).

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Avv. Ylenia Montana

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