Sull’interpretazione restrittiva dell’art. 38 D. Lgs. 163/2006

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Con sentenza n. 2258/2014, il TAR Calabria Catanzaro, sez. I, ha annullato il provvedimento di esclusione dalla procedura di gara della ditta ricorrente perché emanato in violazione dell’art. 38 del codice del codice degli appalti.

La ditta ricorrente era stata aggiudicataria di una gara d’appalto per la riqualificazione di un plesso scolastico .

In seguito a controlli , però, era risultato che la ditta de qua era partecipata da una società amministrata da un amministratore unico che, pur avendo prodotto una dichiarazione di casellario giudiziario nullo, aveva in passato , nei primi anni novanta, subito una procedura di fallimento.

A causa di ciò , la SUA , argomentando che tale omissione avrebbe costituito non solo violazione dell’art. 38 del codice degli appalti, ma anche reato di falso in quanto la ditta ricorrente non avrebbe dichiarato il vero, ha escluso la ditta arrivata prima alla gara de qua ed ha , conseguentemente , aggiudicato alla ditta seconda partecipante l’appalto.

Contro il provvedimento di esclusione, la ditta ha proposto ricorso dinanzi al TAR Catanzaro per il tramite del suo legale, Avv. Giuseppe Pitaro, lamentando la palese violazione di legge.

La ditta ricorrente, infatti, ha affermato che la SUA avrebbe interpretato in modo illegittimo l’art. 38 d.lgs. 163/2006 .

In particolare, la ditta è stata esclusa sulla base del fatto che l’amministratore unico della società compartecipante al 50% alla ditta ricorrente, non avrebbe dichiarato nel proprio casellario giudiziario la sentenza di fallimento dei primi anni novanta e, al contrario, avrebbe nulla avrebbe dichiarato in merito.

Il TAR Catanzaro, accogliendo in toto il ricorso de quo ha statuito che l’art. 38 d.lgs. 163/2006 , a cui rinviano automaticamente la quasi totalità dei bandi pubblici, prevede che i soggetti privi di alcuni requisiti, (in stato di fallimento, soggetti a misure cautelari , etc.), devono essere esclusi a partecipare al bando.

In particolare, tali soggetti sono individuati dal suddetto articolo nelle figure dei rappresentanti legali , dei direttori tecnici , degli amministratori e dei soci della ditta partecipante.

Ai fini della dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti previsti dall’art. 38 , si deve far riferimento, continua il TAR , per quanto concerne le società ai soli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o ai direttori tecnici o al socio unico persona fisica o al socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci.

Il “socio di maggioranza” , individuato dalla legge, è riconosciuto per orientamento prevalente dalla giurisprudenza sia come il socio di maggioranza assoluta che il socio di maggioranza relativa e, ove le quote siano ripartite in modo eguale, occorrerà far riferimento a tutti i soci contitolari del potere decisorio, “essendo diretta la disposizione ad estendere i requisiti soggettivi a tutti i soggetti titolari del potere di assumere decisioni nell’ambito della compagine societaria”.

Il TAR, tanto premesso, ha previsto l’inapplicabilità dell’art. 38 ai soci persone giuridiche , fermo restando che l’eventuale riferimento alla persona giuridica sarebbe da intendersi con riferimento alla compagine sociale e, quindi, alla proprietà piuttosto che all’amministratore della stessa.

Infatti, nel caso che occupa , l’amministratore non è socio della società partecipante alla ditta in gara in quanto non detiene nessuna partecipazione neanche minoritaria, né , inoltre, è dotato di potere di rappresentanza della ditta controllata de qua.

L’art. 38, pertanto, non trova applicazione ai soci di maggioranza/persone giuridiche , né ai loro amministratori perché+, così argomentando, si genera una ingiustificata differenza di disciplina giuridica tra l’impresa partecipata da soci persone fisiche e quella partecipata da persone giuridiche.

Pertanto, l’espressione “socio di maggioranza” di cui all’art. 38 d.lgs. 163/2006 deve essere intesa in senso restrittivo e riferita al solo socio unico/persona fisica.

Il TAR ha , inoltre, argomentato che , qualora fosse stato applicabile tale diposizione per il socio persona giuridica, la SUA avrebbe dovuto valutare la sussistenza dei requisiti ex art. 38 con riferimento alla “proprietà della persona giuridica e non all’amministratore della stessa”.

Giancarlo Pitaro

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