Sul requisito della regolarità contributive ai fini della partecipazione alle gare pubbliche (Tar Lombardia, Brescia, sez. I, 08/06/2016, n. 800)

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A seguito dell’art. 4 D.L. n 34/2014 quando la stazione appaltante effettua l’interrogazione delle banche dati dell’Inps, dell’Inail e delle Casse Edili, e da queste emerge un esito di irregolarità contributiva, gli enti previdenziali avviano il procedimento di regolarizzazione, concedendo all’impresa un termine non superiore a quindici giorni per versare quanto dovuto. In caso di regolarizzazione, il sistema informatico genera il documento di regolarità contributiva, utilizzabile ai fini della gara. Qualora invece il termine decorra inutilmente, il risultato negativo della verifica è comunicato alla stazione appaltante che ha effettuato l’interrogazione, e l’irregolarità contributiva si deve considerare come definitivamente accertata ai sensi dell’art. 38, comma 1-i, del D.Lgs. 163/2006.

 

Il fatto

Il Tar Brescia, nella sentenza, in esame si sofferma sul tema della verifica della regolarità contributiva delle imprese partecipanti alle gare pubbliche.

Invero, il G.A. lombardo è adito da una società la quale lamenta di essere stata esclusa da una pubblica gara (della quale era risultata aggiudicataria provvisoria) per irregolarità nel versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali (ex art. 38, comma 1-i, D.Lgs. 12 aprile 2006 n. 163, Codice degli appalti).

 

La decisione del Tar Brescia

Il tema in esame, osserva l’adito Collegio giudicante, ha nel tempo evidenziato una particolare complessità data l’assenza di un coordinamento formale tra le competenze dei vari enti previdenziali, cui è riservata la valutazione della gravità delle infrazioni, e le stazioni appaltanti chiamate a stabilire se sussistano, o meno, i requisiti di partecipazione.

Ha osservato il Consiglio di Stato, A.P., 4 maggio 2012 n. 8: <<a) gli enti previdenziali sono istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali;

b) il d.u.r.c. è il documento pubblico che certifica in modo ufficiale la sussistenza o meno della regolarità contributiva, da ascrivere al novero delle dichiarazioni di scienza, assistite da fede pubblica privilegiata ai sensi dell’art. 2700 c.c., e facenti piena prova fino a querela di falso;

c) le stazioni appaltanti non sono gli enti istituzionalmente e specificamente competenti a valutare la gravità o meno delle violazioni previdenziali;

d) il codice degli appalti deve essere letto e interpretato non in una logica di separatezza e autonomia, ma come una parte dell’ordinamento nel suo complesso, e nell’ambito dell’ordinamento giuridico la nozione di “violazione previdenziale grave” non può che essere unitaria e uniforme, e rimessa all’autorità preposta al rispetto delle norme previdenziali; pertanto, l’art. 38, comma 1, lett. i), laddove menziona le “violazioni gravi” delle norme previdenziali, intende riferirsi alla nozione di “violazione previdenziale grave” esistente nell’ambito dell’ordinamento giuridico, e in particolare nello specifico settore previdenziale;

e) ne consegue che le stazioni appaltanti non hanno né la competenza né il potere di valutare caso per caso la gravità della violazione previdenziale, ma devono attenersi alle valutazioni dei competenti enti previdenziali>>.

Il Legislatore, da parte sua, ha dettato una nuova disciplina con l’art. 4 del D.L. 20 marzo 2014, n 34 il quale ha sostituito il durc con l’interrogazione telematica, e in tempo reale, delle banche dati dell’Inps, dell’Inail e delle Casse Edili.

La riforma – entrata in vigore a decorrere dal primo luglio 2015 – ha comportato, per mezzo delle sue disposizioni attuative,  la codifica di un percorso di regolarizzazione contributiva inserito all’interno delle procedure di gara (v. art. 4, 7 e 10 del D.M. 30 gennaio 2015; circolare Min. Lavoro 8 giugno 2015, n. 19; circolare Inps 26 giugno 2015, n. 126).

La nuova procedura prevede che quando la stazione appaltante effettua l’interrogazione delle banche dati, e da queste emerge un esito di irregolarità, allora gli enti previdenziali avviano il procedimento di regolarizzazione, concedendo all’impresa un termine – non superiore a quindici giorni – per versare il dovuto.

Conseguono due possibilità:

– la regolarizzazione: il sistema informatico genera il documento di regolarità contributiva, utilizzabile ai fini della gara;

– l’inutile decorso del termine fissato per la regolarizzazione: in questo caso il risultato della verifica (naturalmente negativo) viene comunicato alla stazione appaltante che ha effettuato l’interrogazione, e l’irregolarità contributiva deve intendersi come definitivamente accertata ai sensi del citato art. 38 comma 1-i del D.Lgs. n. 163/2006.

La giurisprudenza ha quindi precisato che, quanto alle nuove gare, esiste una forma di “ravvedimento” idoneo a tutelare le imprese che ignorano il debito contributivo in buona fede, e anche quelle che versano in situazione di in ritardo nei versamenti a causa di difficoltà temporanee

(v. T.a.r. Brescia, sez. II, 1 marzo 2016, n. 313).

Quanto alle verifiche di regolarità contributiva condotte fino al 30 giugno 2015, tra cui quella per la quale è causa innanzi all’adito Tar Brescia, i termini del discorso sono diversi in quanto occorre fare riferimento alle elaborazioni della giurisprudenza.

Il Consiglio di Stato (A.P. 29 febbraio 2016, n. 5 e 6; Sez. VI, 7 marzo 2016, n. 917) esclude che nelle procedure di gara le imprese possano avvalersi del percorso di regolarizzazione previsto dall’art. 31, comma 8, del D.L. n. 69/2013.

In punto di diritto si afferma, quindi, che ogni concorrente fin dalla presentazione dell’offerta deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali e assistenziali e deve conservare tale stato per tutta la durata della gara, compreso il momento della stipula del contratto, restando irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva.

Le conseguenze sottese a questo orientamento interpretativo sono date dalla legittimità non solo del provvedimento di esclusione dell’impresa inadempiente, ma anche dell’incameramento della cauzione provvisoria. Quest’ultimo essendo una conseguenza automatica del provvedimento di esclusione e non essendo suscettibile di alcuna valutazione discrezionale, neppure per quanto riguarda l’imputabilità della violazione all’origine dell’esclusione.

Il Tar Brescia non manca, infine, di dare atto di un “nuovo scenario” che potrebbe aversi qualora la Corte di Giustizia (nella causa C-199/15) accogliesse gli argomenti proposti dal Consiglio di Stato, sez. IV, n. 1236/2015.

L’ordinanza di rimessione – so precisa in sentenza – evidenzia diverse criticità derivanti dall’assenza di un percorso di regolarizzazione contributiva all’interno delle procedure di gara (tra cui: carattere sproporzionato della sanzione espulsiva; equiparazione dei ritardi in buona fede, o già sanati, ai comportamenti gravemente omissivi; restrizione della concorrenza; vantaggio per i soggetti economici con sede all’estero), e cerca di dimostrare il contrasto con le direttive comunitarie.

Secondo il Collegio giudicante le risposte della Corte di Giustizia potrebbero dare un nuovo e più ampio significato anche alla disciplina nazionale in vigore dal 1 luglio 2015.

Maffei Domenico

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