È lecita la pubblicazione in un articolo di stampa dei dati personali di uno studente imputato per aver diffamato le proprie insegnanti.
Per avere un quadro completo sui ricorsi al Garante della privacy, si consiglia il seguente volume il quale affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali e le relative sanzioni: I ricorsi al Garante della privacy
Indice
1. I fatti
Una persona presentava un reclamo al Garante per la protezione dei dati personali nel quale richiedeva di adottare gli opportuni provvedimenti nei confronti di una testata giornalistica per avere pubblicato una notizia relativa ad una vicenda penale nella quale era stato coinvolto 5 anni prima indicando i suoi dati personali.
In particolare, il reclamante sosteneva che la testata giornalistica avesse pubblicato nell’aprile 2022 un articolo, sia nel giornale cartaceo che in quello on line, relativo ad un episodio, avvenuto nell’aprile 2017, nel quale il reclamante medesimo aveva postato sul proprio profilo instagram un video dove insultava due sue insegnanti della scuola superiore e ne era scaturito un decreto penale nei suoi confronti che poi era stato superato da una successiva sentenza di non doversi procedere per intervenuta remissione di querela da parte delle due insegnanti. Secondo il reclamante, il suddetto articolo riportava nei minimi dettagli l’evento e tutta la vicenda giudiziaria che ne era seguita, ma anche il suo nome e cognome, l’età e la citta di residenza. Secondo il reclamante, però, non sussisteva alcun interesse pubblico e attuale rispetto alla notizia riportata nell’articolo giornalistico, in quanto avvenuta ben 5 anni prima (momento in cui, tra l’altro, non aveva avuto alcun risalto giornalistico).
Il Garante chiedeva quindi chiarimenti alla società editrice della rivista, la quale, in primo luogo, rappresentava che l’articolo era stato pubblicato soltanto sulla testata cartacea e non sul sito web (dove era conservato soltanto nell’archivio storico) e pertanto non è reperibile in rete né con l’utilizzo del motore di ricerca interno al sito stesso né con i motori di ricerca generalisti. In secondo luogo, il giornale sosteneva che nell’articolo veniva riportata la notizia della vicenda che aveva coinvolto il reclamante nonché dell’intera vicenda giudiziaria, ivi compresa la sentenza di non luogo a procedere nei suoi confronti emessa dal Tribunale nel marzo del 2022. Secondo il giornale, quindi, da un lato, la attualità della notizia emergeva dal fatto che la pubblicazione dell’articolo era avvenuto a neanche un mese di distanza dalla emissione della suddetta sentenza di non luogo a procedere; dall’altro lato, sussisteva l’interesse pubblico alla sua conoscenza, in ragione dei temi trattati nell’articolo (come il disconoscimento dell’autorità e la scarsa consapevolezza nell’uso dei social da parte dei c.d. “leoni del web”). Secondo il giornale, quindi, l’articolo contribuiva alla formazione della coscienza sociale e della consapevolezza circa un uso maturo e responsabile dei social network ed anche i dati personali del reclamante erano essenziali per far capire ai lettori che i decreti di condanna e le querele non sono provvedimenti astratti e non colpiscono solo gli altri.
Infine, il giornale faceva presente che i dati personali erano stati acquisiti in virtù della lettura della sentenza nell’ aula del Tribunale, durante l’udienza pubblica, e che il giudice non aveva disposto né lo stesso reclamante aveva richiesto l’omissione dei dati personali. A tal proposito, inoltre, il giornale evidenziava che lo stesso Garante ha più volte affermato la liceità della diffusione dei dati relativi a persone interessate da procedimenti penali in qualità di indagati, imputati o condannati e che anche la Cassazione ha confermato che tale diffusione va inquadrata nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività giudiziaria.
Per avere un quadro completo sui ricorsi al Garante della privacy, si consiglia il seguente volume il quale affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali e le relative sanzioni:
I ricorsi al Garante della privacy
Giunto alla seconda edizione, il volume affronta la disciplina relativa alla tutela dei diritti del titolare dei dati personali, alla luce delle recenti pronunce del Garante della privacy, nonché delle esigenze che nel tempo sono maturate e continuano a maturare, specialmente in ragione dell’utilizzo sempre maggiore della rete. L’opera si completa con una parte di formulario, disponibile online, contenente gli schemi degli atti da redigere per approntare la tutela dei diritti dinanzi all’Autorità competente. Un approfondimento è dedicato alle sanzioni del Garante, che stanno trovando in queste settimane le prime applicazioni, a seguito dell’entrata in vigore della nuova normativa. Michele Iaselli Avvocato, funzionario del Ministero della Difesa, docente a contratto di informatica giuridica all’Università di Cassino e collaboratore della cattedra di informatica giuridica alla LUISS ed alla Federico II, nonché Presidente dell’Associazione Nazionale per la Difesa della Privacy (ANDIP). Relatore in numerosi convegni, ha pubblicato diverse monografie e contribuito ad opere collettanee in materia di privacy, informatica giuridica e diritto dell’informatica con le principali case editrici.
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2. Studente imputato per diffamazione contro le insegnanti e pubblicazione dati: la valutazione del Garante
Preliminarmente, il Garante ha rilevato che al fine di contemperare i diritti della persona (in particolare il diritto alla riservatezza) con la libertà di manifestazione del pensiero, la disciplina in materia di protezione dei dati personali prevede specifiche garanzie e cautele nel caso di trattamenti effettuati per finalità giornalistiche, confermando la loro liceità, anche laddove essi si svolgano senza il consenso degli interessati, purché avvengano nel rispetto dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone alle quali si riferiscono i dati trattati e sempre che vengano effettuati nel rispetto del principio dell’essenzialità dell’informazione riguardo a fatti di interesse pubblico.
Nel caso oggetto di esame, il Garante ha ritenuto che l’articolo giornalistico, ancorché narrante una vicenda avvenuta 5 anni prima, è stato pubblicato circa un mese dopo l’emissione della sentenza di non doversi procedere nei confronti del reclamante per intervenuta remissione delle querele e che all’interno dello stesso fossero stati descritti non soltanto le modalità di svolgimento della vicenda ma anche gli esiti giudiziari.
In secondo luogo, il Garante ha ritenuto che l’articolo si riferisse ad una vicenda di interesse generale, nel pur circoscritto ambito territoriale dove era avvenuta la vicenda, in considerazione del profilo di denuncia di comportamenti relativi al contesto scolastico ed ai rapporti tra insegnanti e studenti che, anche grazie ad un uso non corretto dei social, possono assumere una portata diffusiva non priva di conseguenze. Pertanto, lo scopo del giornalista era quello di fornire un’informazione che desse conto e al contempo dissuadesse da azioni minacciose e dirette a ledere la reputazione degli insegnanti e a delegittimarne il ruolo.
Per quanto riguarda l’utilizzo del nome e del cognome del reclamante, il Garante ha ritenuto che detti dati, insieme ai nominativi degli altri soggetti che erano parte della vicenda, erano stati utilizzati nell’articolo in questione proprio al fine di fornire un quadro puntuale e chiaro dell’accaduto, anche rispetto al procedimento penale che ha visto coinvolto il reclamante e ai suoi esiti, in modo da consentire al lettore di comprendere la portata della notizia e al giornalista di esprimere il proprio legittimo diritto di cronaca e di critica.
Per quanto riguarda, invece, il riferimento all’età e alla generica indicazione del Comune di residenza del reclamante, il Garante ha ritenuto che detti dati non sono idonei a giustificare un travalicamento del principio di essenzialità dell’informazione, tenuto conto del ruolo rivestito dallo stesso nel contesto dei fatti narrati.
In conclusione, il Garante ha ricordato che la pubblicazione dei dati identificativi delle persone interessate da un procedimento penale, in qualità di indagati, imputati o condannati, non è di per sé preclusa dall’ordinamento, dovendosi inquadrare nell’ambito delle garanzie volte ad assicurare trasparenza e controllo da parte dei cittadini sull’attività di giustizia.
3. La decisione del Garante
In considerazione di quanto sopra, il Garante ha ritenuto che, anche considerazione che l’articolo è stato pubblicato dalla testata giornalistica soltanto in versione cartacea e non è stato mai pubblicato nel sito web del giornale (dove è presente solo negli archivi), il trattamento dei dati del reclamante che è stato posto in essere dall’editore (indicando il nome e il cognome del reclamante medesimo associato alla vicenda diffamatoria e al conseguente iter giudiziario, nonché riportando l’età del medesimo e la sua città di residenza) non può ritenersi illecito.
Conseguentemente, il Garante per la protezione dei dati personali ha dichiarato infondato il reclamo e ha rigettato la richiesta del reclamante di adottare provvedimenti correttivi e sanzionatori nei confronti dell’editore del giornale.
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