Il regime carcerario ex 41bis nella Circolare Ministeriale 3676/6126 del 2017

Scarica PDF Stampa

L’articolo 41bis della Legge sull’Ordinamento Carcerario ha posto negli anni numerosi e penetranti rilievi di costituzionalità, quasi tutti incentrati sul conflitto sostanziale della normativa carceraria con l’articolo 27 comma 3 della Costituzione.
In questa sede oltre ad una sommaria disamina dell’articolo in parola verrà affrontato il suo collegato applicativo, ovvero la disciplina specififica del regime carcerario ex  Circolare Ministeriale 3676/6126 del 2 ottobre 2017, che – a parere di chi scrive – pone non pochi elementi cricità in temini di deumanizzazione del detenuto, e del sistema complessivo immaginato.


Volume consigliato: Dibattimento nel processo penale dopo la Riforma Cartabia

Indice

1. L’articolo 41 bis

Il meccanismo introdotto dal regime carcerario ex art 41 bis è apparentemente noto a tutti, ma ad esempio potremmo cominciare con il ricordare ai non addetti ai lavori (che commentano in proposito spesso a sproposito) che non si tratta di un articolo del codice, né penale né di procedura penale, ma si tratta più propriamente dell’articolo 41 bis della legge sull’ordinamento penitenziario (L. 26 luglio 1975, n. 354).
L’articolo definisce i criteri generali di applicazione di tale regime e venne introdotta dalla cosiddetta legge Gozzini, che nel 1986 modificò la legge 26 luglio 1975, n. 354.
In origine l’articolo 41 bis era composto da un unico comma:
«In casi eccezionali di rivolta o di altre gravi situazioni di emergenza, il Ministro della giustizia ha facoltà di sospendere nell’istituto interessato o in parte di esso l’applicazione delle normali regole di trattamento dei detenuti e degli internati. La sospensione deve essere motivata dalla necessità di ripristinare l’ordine e la sicurezza e ha la durata strettamente necessaria al conseguimento del fine suddetto.»
La norma aveva quindi una finalità preventiva nei confronti di situazioni di pericolo esclusivamente interne al carcere, come ad esempio la rivolta. Questa norma andava così a completare il quadro delineato dall’articolo 14-bis, che prevedeva il cosiddetto “sistema di sorveglianza particolare”, un istituto applicabile a tutti quei detenuti ritenuti pericolosi a causa dei loro comportamenti all’interno del carcere.
Nel 1992, dopo la strage di Capaci all’articolo si aggiunse un secondo comma disposto con il decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306 (cosiddetto Decreto antimafia Martelli-Scotti), convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356. Il testo è stato poi modificato a più riprese.

Potrebbero interessarti:
Proroga regime 41-bis: accertamento capacità di mantenere contatti
Lavoro dei detenuti: la funzione rieducativa e i detenuti in regime 41 bis

2. Lo scopo della norma

Con la nuova disposizione, in presenza di “gravi motivi di ordine e di sicurezza pubblica”, si consentiva al Ministro della Giustizia di sospendere le garanzie e gli istituti dell’ordinamento penitenziario, per applicare “le restrizioni necessarie” nei confronti dei detenuti condannati, indagati o imputati per i delitti di associazione per delinquere di stampo mafioso, nonché i delitti commessi per mezzo dell’associazione o per avvantaggiarla.
L’obiettivo del legislatore era impedire il passaggio di ordini e comunicazioni tra i criminali in carcere e le loro organizzazioni sul territorio. Pertanto in questa seconda ipotesi la ratio è prevenire situazioni di rischio esterne al carcere; in uno stesso articolo il legislatore ha quindi disciplinato due fattispecie diverse per quanto concerne i contenuti, i presupposti e lo scopo.
Questa premessa è importante per chiarire il perimetro di scopo della norma.
Come hanno ben sintetizzato di recente Virgilia Burlacu e Massimo Bianca “Da tale assunto si deduce che il 41-bis non è una misura punitiva aggiuntiva, ma ha una ratio prettamente precauzionale, ovvero evitare che un detenuto pericoloso possa continuare ad esercitare anche dal carcere il proprio potere sull’esterno. Si cerca quindi di impedire il prosieguo dell’attività criminale e di tutelare la sicurezza degli altri detenuti e degli agenti di polizia penitenziaria. La valutazione de Ministro di Grazia e Giustizia è discrezionale ma limitata: nel contenuto, dalla sospensione totale o parziale delle regole di trattamento dei reclusi; nel fine, dal ripristino dell’ordine e della sicurezza nell’istituto penitenziario interessato; nel tempo, dalle tempistiche strettamente necessarie per il raggiungimento dell’obiettivo di contenimento della situazione emergenziale e nella forma, dalla necessità della motivazione del provvedimento. Il fondamento e la legittimazione del regime speciale sono stati definiti a più riprese dalla Corte Costituzionale che ha delineato il ‘perimetro’ che lo definisce, un perimetro determinato dalla finalità di «contenere la pericolosità di singoli detenuti, proiettata anche all’esterno del carcere, in particolare impedendo i collegamenti dei detenuti appartenenti alle organizzazioni criminali tra loro e con i membri di queste che si trovino in libertà» (sentenza 97/2020 ).”

3. Gli interventi della Corte Costituzionale

È bene ricordare che la sanzione penale non può mai risultare contraria all’art. 27 co.3 della Costituzione: in particolare, essa deve sempre tendere verso l’obiettivo del reinserimento sociale del reo.
La funzione della pena, nel nostro ordinamento e nel complessivo e più ampio quadro costituzionale, non può consistere nel mero castigo, e neppure in forme di carcere duro volte a finalità esemplari. Tantomeno la pena può consistere in trattamenti inumani volti a “neutralizzare” una persona mediante l’inflizione di sofferenze ulteriori rispetto alla privazione della libertà.
Con la sentenza numero 186/2018 la Consulta si è pronunciata sul divieto di cottura dei cibi imposto ai detenuti in regime di carcere duro e sancito dal comma 2 quater, lettera f): tale previsione è stata dichiarata incostituzionale perché in contrasto con gli articoli 3 e 27 della Costituzione. Vietare la cottura di cibi ai detenuti in regime di 41 bis pone in essere una disparità di trattamento ingiustificata, essendo, invece, permesso di cucinare agli altri detenuti; ha carattere puramente afflittivo e vessatorio, contrastante con il fine rieducativo della pena e con il divieto di infliggere pene contrarie al senso di umanità.
Con la sentenza numero 97/2020 la Corte ha dichiarato l’illegittimità del comma 2 quater, lettera f) dell’articolo 41 bis nella parte in cui stabilisce un divieto assoluto di scambiare oggetti fra detenuti appartenenti allo stesso gruppo di socialità. Anche in questo caso, si ravvisa un contrasto con gli articoli 3 e 27, comma 3 della Costituzione.
La Corte ha affermato che la previsione di un regime differenziato come quello di cui all’articolo 41 bis della Legge sull’Ordinamento Penitenziario incontra dei limiti precisi e non può tradursi in una compressione sproporzionata dei diritti dei detenuti.
La Corte Costituzionale è tornata a pronunciarsi in tema di 41 bis con la sentenza numero 18/2022, accogliendo la questione di legittimità sollevata dalla Corte di Cassazione, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 quater, lettera e) dell’articolo 41 bis nella parte in cui non esclude dalla sottoposizione a visto di censura la corrispondenza tra il detenuto e il suo difensore in quanto vi ha ravvisato una violazione del diritto di difesa.

4. La Circolare Ministeriale 3676/6126 del 2 ottobre 2017

Al di là dell’articolo di legge in sé, è in questa sede interessante occuparci della Circolare Ministeriale 3676/6126 del 2 ottobre 2017 che in 52 pagine si occupa della “Organizzazione del circuito detentivo speciale previsto dall’articolo 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario”.
È questa la regolamentazione unica di riferimento che stabilisce le regole interne al carcere del regime detentivo in esame, ed è questa forse la fonte normativo-attuativa in concreto che più crea perplessità.
Nel documento  vengono descritte tutte le misure che concretizzano il perimetro della giornata del detenuto sottoposto a tale regime.
Tra queste leggiamo
Art. 5 “Il detenuto/internato può tenere in camera i generi alimentari acquistabili al sopravvitto, purché non eccedenti il fabbisogno settimanale.”
Art. 6 “È consentito l’utilizzo di pentolame – nella misura di una pentola di diametro max di 25 cm, un pentolino max 22 cm in lega di acciaio leggera e una macchinetta per il caffè del tipo moka da una tazza – che potrà essere usato in cella dalle ore 7.00 e fino al ritiro alle ore 20.00 …”
Art.7 “È consentito acquistare i generi in vendita nella dispensa del sopravvitto, indicati nel modello 72, … A tal proposito è allegato alla presente un elenco riepilogativo di tutti gli articoli consentiti… I generi acquistati dovranno corrispondere al fabbisogno settimanale”
Premesso il rinvio diretto al “Modello 72” sarebbe interessante conoscere la logica preventivo-correzionale dei criteri quantitativi tra cui liberamente cito
Burro Max 1, Cacao Max 2, Caffe Max 3, Camomilla Max 5, Capperi Max 1, Caramelle Max 3, Carne in scatola Max 1, Ceci in scatola Max 1, Cioccolato Max 2, Corn-flakes Max 2, Aglio Max 1, Carote Max 1, Cipolla Max 3 e così via
Art. 8 “Al sopravitto il detenuto/internato potrà acquistare i generi alimentari conformi per tipologia alle previsioni della tabella allegata… l’utilizzo dei fornelli personali (a gas, fino alla completa installazione in tutti gli istituti di fornelli ad induzione elettrica) è consentito solo per riscaldare cibi già cotti, nonché per la preparazione di bevande calde e cibi di facile e rapido approntamento, ivi compresi i generi surgelati precotti.”
Art 11.2 “Nei cortili passeggio è consentito svolgere esercizi fisici e portare solo ed esclusivamente il materiale di seguito elencato: – n. 1 bottiglia di acqua sigillata; – n. 1 pacchetto di fazzoletti di carta; – n. 1 pacchetto di sigarette; – n. 1 accendino; – n. 1 maglietta intima ed un piccolo asciugamani; – n. 1 tappetino fitness.”
Art. 11.4 “Nella saletta è consentito portare unicamente: – n. 1 bottiglia di acqua sigillata; – n. 1 pacchetto di fazzoletti di carta; – n. 1 penna; – n. 1 foglio di carta. … Nella palestra è consentito portare: – n. 1 bottiglia di acqua sigillata; – n. 1 maglietta intima ed una asciugamano piccola – n. 1 tappetino fitness.”
Art. 11.5 “Nella sala pittura è possibile effettuare disegni a matita o pastello su fogli/cartoncini e dipinti su tela del formato indicato nella parte concernente gli acquisti – modello 72…. Non devono essere consentite giacenze all’interno degli armadietti siti presso la sala pittura, superiori a: n.1 matita, n. 1 gomma, n. 1 tempera matite, n. 1 tela o cartoncino da disegno non superiore a cm 50×50, n. 3 pennelli di varie dimensioni, n. 1 confezione di colori a tempera o ad olio non superiore a 12 colori o n. 1 confezione di colori ad acquarello non superiore a 12 colori o n. 1 confezione di matite colorate non superiore a 12 colori, n. 1 confezione di diluente e/o solvente non infiammabile… Considerate le finalità del regime speciale … i manufatti in discorso, una volta realizzati, saranno conservati nel magazzino ovvero, se le loro dimensioni lo consentono, si potrà autorizzare l’autore ad appenderli alle pareti della propria camera … I detenuti/internati potranno portare solo una bottiglia di acqua sigillata e un pacchetto di fazzoletti di carta.”
Art. 11.6 “il detenuto/internato può usufruire dell’apposita biblioteca, accedere al prestito dei testi ivi custoditi e detenere all’interno della camera un numero massimo di quattro volumi per volta, per un periodo non superiore a 40 giorni per ciascun testo.”
Art. 13 “E’ consentito tenere nella propria camera immagini e simboli delle proprie confessioni religiose, nonché fotografie in numero non superiore a 30 e di dimensione non superiore a 20×30.”
Art 17 “È consentito a ciascun detenuto/internato, previo il nulla osta della competente Autorità giudiziaria, la possibilità di effettuare una fotografia nel corso dell’anno. Il detenuto/internato richiedente potrà essere ritratto in foto da solo o con i figli/nipoti minori di anni 12 … Le foto dovranno essere effettuate dal fotografo di fiducia dell’istituto”
Art. 18 “Non è consentita la spedizione di… biglietti augurali e fotografie all’interno di pacco postale.”
Art. 20 “Il detenuto/internato può ricevere due pacchi al mese, del peso complessivo non superiore a 10 (dieci) chilogrammi… È consentito al detenuto/internato ricevere due pacchi annuali straordinari contenenti esclusivamente abiti, biancheria, indumenti intimi, calzature et similia in occasione del cambio stagionale… I pacchi ordinari mensili, dunque con esclusione di quelli stagionali, possono contenere “generi ed oggetti” e quindi anche generi alimentari ma solo se non deperibili, appositamente confezionati in modo che sia comunque possibile un agevole controllo all’interno e che non richiedano cottura… È fatto assoluto divieto, invece, ricevere generi alimentari all’interno dei pacchi stagionali.”
Art. 23 “In ordine al proprio stato di salute il detenuto/internato, …può ottenere copia di tutto o parte della cartella clinica o di singole documentazioni agli atti. …A tal fine, deve presentare istanza motivata …”

5. Commento critico alla Circolare Ministeriale 3676/6126

In tutti i punti citati, resta davvero spesso incomprensibile “il senso” di alcune disposizioni.
Perché impedire che insieme a un pacco-regalo il detenuto possa inserire un biglietto augurale, considerando che tutta la corrispondenza – in qualsiasi forma, contenuto dei pacchi compreso – viene sottoposta comunque a censura e controllo?
Perché in palestra il detenuto non può avere due asciugamani piccoli. O uno grande, o uno grande e uno piccolo?
Perché una sola maglietta intima e non due?
Perché una sola bottiglia di acqua?
Perché una sola fotografia all’anno, e non due o quattro? O una con ciascun familiare? Cosa cambia?
Qual è la ratio soggiacente alla misura delle fotografie, del cartoncino da disegno, al numero massimo di 12 colori per i pastelli, al massimo di “quattro libri”…?
Perché – sembra ridicolo discutere di questo – aglio e carota 1 e cipolla 3?
In realtà una ratio non c’è in queste misure, che appaiono sottendere più una “casualità amministrativa” che a una ponderazione penale: come a dire “dobbiamo indicare delle quantità” e lo facciamo anche laddove non abbia senso.
Potremmo in questo senso essere anche molto più pedanti, ad esempio: la carta igienica è una confezione? Da quanti rotoli? Ogni rotolo quanto lungo? O un solo rotolo a settimana? Questo anche quando la detenuta ha il ciclo mestruale? In questo caso i 3 assorbenti sono tre confezioni o tre assorbenti singoli? E le confezioni da quanti assorbenti?

6. I profili deumanizzanti

Tuttavia prese tutte insieme queste disposizioni, dal tono asetticamente amministrativo, oltre il confine della sterile burocrazia, finiscono – anche laddove non nelle intenzioni del relatore della circolare – con il creare una situazione complessiva di concreta deumanizzazione.
In questo senso, non è la singola frase, affermazione, previsione ad essere più o meno costituzionale, ma è il quadro complessivo a costituire di fatto – e certamente di diritto – una situazione deformata, inumana, proprio perché determinata in via esclusivamente burocratica.
Nè ci si può affidare al criterio meramente umano-individuale per una declinazione di questi protocolli in chiave, concretamente, quanto meno civile.
In questa ottica appare in concreto prevalere una fattispecie di pena aggiuntiva, che di fatto non solo limita la personalità dell’individuo, già fortemente limitata in 22 ore al giorno di permanenza in cella da solo, ma crea una situazione di oggettiva patologizzazione mentale e psicologica, complessivamente oggettivamente contraria al senso dell’articolo 27 della Costituzione ed al più ampio fine e scopo della pena.
Cosa ben diversa invece se non si intenda il 41 bis come strumento per “spezzare definitivamente” la resistenza dei cd. “irriducibili” o indurre al pentimento (qualsiasi cosa questa parola voglia dire nel contesto di questo regime).
In questo caso ed a questo scopo non si comprende perché consentire l’esercizio fisico in cella, non limitare i libri ad uno (semmai scelto in una ristrettissima selezione pedagogicamente orientata), eliminare la facoltà di disegno e pittura, televisore, rasoi elettrici e radio. Infondo nessuno di questi è un bene “necessario”.
Ma, andando più a fondo, se questo è lo scopo (che non può essere manifesto) vero del regime in esame, dovremmo ammettere che il primo effetto di deumanizzazione è sulla predisposizione ex ante del regime in concreto. Ma non già nella deumanizzaizone del denuto, ma in senso di deumanizzazione del regime carcerario, e quindi di noi tutti, che finiamo – anche semplicemente con il nostro siclenzio-assenso – a essere complici ed artefici di un processo di deumanizzazione.
Accettiamo – per usare termini espliciti – che la nostra società definisca dei “mostri”, che debbano essere sottoposti a regimi di pena aggiuntiva: affermiamo che sia legittimo un regime legale di deumanizzazione.
Negli Stati Uniti un giudice di Los Angeles ha negato all’Italia l’estradizione di un membro della famiglia mafiosa dei Gambino, sostenendo che il regime di detenzione fissato dall’articolo 41 bis dell’ordinamento penitenziario – a cui sarebbe con ogni probabilità destinato – equivale a una forma di tortura e viola la convenzione dell’Onu in materia. Il giudice federale D. D. Sitgraves ha bloccato l’estradizione, accogliendo il ricorso del difensore di Gambino, Joseph Sandoval, secondo il quale si tratta di “una questione umanitaria”, perchè se il presunto mafioso venisse sottoposto al regime carcerario stabilito dall’articolo 41 bis italiano “sarebbe in condizioni che ne minaccerebbero la vita”.
Questo in un paese in cui esiste la pena di morte, ed in cui è considerato “costituzionalmente legittimo” il regime straordinario di Guantanamo, ma per evitare “interferenze” da parte delle Corti Supreme dei singoli stati o della Corte Suprema federale il carcere speciale per i detenuti per terrorismo è stato “posizionato” in “territorio cubano sotto il controllo militare americano” di Guantanamo.
Come a dire: siamo consapevoli che questo è un regime carceario non costituzionale e per evitare “ingerenze giudiziarie” di ripristino della legalità “extraterritorializzamo” la detenzione del “regime speciale”.
Il problema sta tutto qui, nello scopo della pena, ed in questo caso nello scopo del regime carcerario speciale.
E nel ricordarci che il primo deumanizzato non è il detenuto in regime speciale, ma il carceriere, l’organizzazione carceriaria a monte e chi ha previsto e regolamentato il procedimento.
A tal punto che ormai è letteratura che molti dei carcerieri di Guantanamo hanno avuto diagnosi di patologie psicotiche e di disturbo post-traumatico da stress.

7. Un punto critico rispetto allo scopo del 41bis

Laddove poi si voglia in concreto escludere ogni comunicazione con l’esterno, andrebbero in concreto anche riviste le formule di trasmissione di documenti con gli avvocati, e ciò anche senza ledere il diritto di difesa – perché appare doveroso ritenere il difensore persona integerrima, ma di certo non si può aprioristicamente certificare l’esclusione del rischio collusivo.
Prevede lo stesso regolamento:
Art. 16.3 “I colloqui visivi con i difensori sono effettuati senza vetro divisorio e non hanno limiti di durata e di frequenza.”
Art. 16.4 “Il carteggio afferente atti e documenti giudiziari e/o processuali che il difensore vuole consegnare brevi manu al detenuto/internato in occasione degli incontri visivi, deve essere accompagnato da apposita dichiarazione che si tratta di corrispondenza per ragioni di giustizia ex art. 103 c.p.p. e 35 att. c.p.p.. Dovrà essere indicato il numero del procedimento penale a cui si riferisce il carteggio e la conferma del Direttore dell’istituto che il difensore è regolarmente nominato nel relativo procedimento. Allo stesso modo si procederà nel caso in cui il detenuto/internato voglia consegnare gli atti processuali al difensore trovando di fatto applicazione la norma relativa alla corrispondenza riservata per motivi difensivi. In tali ipotesi dovrà essere garantita l’assenza di lettura degli atti.”
Nessuna delle due norme prevede che la documentazione non venga annotata – come altrove ci si spertica di regolamentare qualsiasi rischio anche minimo e teorico di passaggio di messaggi – e ciò comporta il serio rischio che attraverso segni, sottolineature, evidenziazioni, si possano di fatto far circolare e veicolare messaggi verso l’esterno.
Ma a chi scrive appare che questa asimmetria risieda in questo.
È facile limitare a una la carota del carcerato in regime di 41bis (forti con i deboli) ma non è altrettanto facile limitare i diritti della difesa (deboli con i forti).
A ben vedere questa forza e debolezza non risiedono più né nella legge né nei diritti costituzionali, ma solo nello stare dentro e nello stare fuori: il che non è propriamente una discriminante propria di un paese civile.

Volume consigliato per approfondire

FORMATO CARTACEO

Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia

Nel presente volume viene esaminata una delle fasi salienti del processo penale, il dibattimento, alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla Riforma Cartabia con l’intento di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale.L’opera, che contempla anche richiami alla nuovissima disciplina relativa al Portale deposito atti penali (PDP), è stata concepita come uno strumento di rapida e agile consultazione a supporto dell’attività dell’avvocato.Oltre a quelle previste dal codice di rito penale, la trattazione passa in rassegna tutte le ipotesi in cui si svolge il dibattimento, come il procedimento innanzi al giudice di pace, il processo penale minorile e  quello previsto in materia di responsabilità degli enti.Il testo è corredato da tabelle riepilogative e richiami giurisprudenziali e da un’area online in cui verranno pubblicati contenuti aggiuntivi legati a eventuali novità dei mesi successivi alla pubblicazione.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB) e giornalista pubblicista. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.

Antonio Di Tullio D’Elisiis | Maggioli Editore 2023

Michele Di Salvo

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento