Sanzione disciplinare Carabinieri e discrezionalità amministrativa

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La valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. Lo ha stabilito la I Sezione del Consiglio di Stato nell’adunanza del 27 marzo 2024.

Consiglio di Stato -I sez- parere n. 564 del 30-04-2024

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Indice

1. La vicenda: sanzione ai Carabinieri


Al parere del Consiglio di Stato sono stati sottoposti due pareri: la determinazione della Legione carabinieri recante il rigetto del ricorso gerarchico proposto avverso la sanzione della consegna di giorni 2 inflitta a un maresciallo, e la determinazione del Comandante della compagnia carabinieri di irrogazione della sanzione disciplinare della consegna di giorni 2.
La sanzione era derivata dal mancato ricevimento in caserma di una ragazza che intendeva sporgere una denuncia querela.

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    2. Il motivo di ricorso


    Il ricorso straordinario è stato articolato con un unico motivo di ricorso e, secondo la tesi difensiva dell’interessato:

    • gli atti impugnati sono viziati da eccesso di potere sotto il profilo dell’assoluta carenza di istruttoria e sono del tutto carenti di motivazione;
    • il provvedimento di rigetto del ricorso gerarchico si basa su asserzioni apodittiche “trattandosi di una mera dichiarazione di stile, di fatto generica e, comunque, non adeguata alle censure dedotte dal ricorrente e, anzi assolutamente, indifferenti al contenuto di tale censura e all’espresso richiamo alle osservazioni svolte in sede di memorie alle quali l’amministrazione, adita in sede gerarchica, ha omesso di fornire riscontro… (…) A fronte delle motivazioni e dei fatti esposti dall’istante nel ricorso gerarchico l’amministrazione si è limitata ad utilizzare una formula motivazionale che appare ictu oculi meramente tautologica e che non consente di conoscere ‘i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria”;
    • il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare è viziato da carenza di istruttoria poiché l’amministrazione non ha tenuto adeguatamente conto della ricostruzione dei fatti esposta.

    Tutte le censure mosse dall’interessato avverso il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare sono risultate inammissibili nella parte in cui impingono nel merito delle valutazioni disciplinari ampiamente discrezionali dell’autorità militare, sia per la qualificazione del fatto, che per l’accertamento della responsabilità e dell’entità della sanzione.

    3. La sanzione disciplinare come discrezionalità amministrativa


    Per la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità e il travisamento. In particolare, le norme relative al procedimento disciplinare sono necessariamente comprensive di diverse ipotesi e, pertanto, spetta all’amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione e il fatto, che assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità.
    L’obbligo motivazionale è attenuato e assolto attraverso il puntuale riferimento al fatto addebitato, in relazione a condotte di particolare gravità che rendono insuscettibile di ridimensionamento la sanzione irrogata, in specie a fronte di comportamenti palesemente contrari ai principi di moralità e di rettitudine che devono improntare l’agire di un militare, ai doveri attinenti al giuramento prestato, a quelli di correttezza ed esemplarità propri dello status di militare e di appartenente all’arma dei carabinieri.
    Alla luce di detti principi sono stati reputate inammissibili anche le censure mosse dall’interessato avverso il provvedimento di irrogazione della sanzione disciplinare nella parte in cui impingono nel merito delle valutazioni disciplinari ampiamente discrezionali dell’autorità militare, sia per la qualificazione del fatto, che per l’entità della sanzione, poiché secondo i giudici amministrativi il ricorrente ha mirato a ottenere un riesame della valutazione operata dall’amministrazione di appartenenza e della conseguente sanzione irrogata, riesame che esula dal sindacato di legittimità del giudice amministrativo salvo che per evidenti profili di manifesto travisamento o manifesta illogicità, che palesino l’abnorme sproporzione tra l’infrazione e la sanzione, circostanza che non è stata rinvenuta nella fattispecie esaminata.
    Inoltre, non sono state accolte le doglianze che hanno dedotto l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per carenza di motivazione e difetto di istruttoria, in quanto gli stessi, a dir del collegio, contengono una precisa ricostruzione dei fatti, peraltro confermata dalle relazioni di servizio dei vari militari coinvolti.
    Anche l’applicazione della misura afflittiva è risultata conforme ai parametri di ragionevolezza e proporzionalità rispetto alla rilevanza dell’illecito ascritto, considerato che la proporzionalità della sanzione disciplinare comminata a un militare è una valutazione relativa, il cui metro di paragone è costituito dal dato fattuale contestato e accertato dalla pubblica amministrazione. Tra l’altro, trattandosi si soli due giorni di consegna e, comunque di una sanzione di corpo, la sanzione non è stata ritenuta abnorme.
    Il ricorso, in definitiva, è stato dichiarato infondato e, conseguentemente, respinto.

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