Prova testimoniale nel processo

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La prova testimoniale è la narrazione di fatti della causa fatta al giudice da soggetti che non sono parti nel processo.

La legge pone limiti all’ammissibilità di questa prova.

È esclusa quando si controverta di un atto per il quale la forma scritta è richiesta “ad substantiam”.
Non è ammessa quando abbia in oggetto un contratto, un pagamento o una remissione di debito per un valore superiore a 2,58 euro, anche se il giudice può consentire la prova oltre questo limite, in considerazione della qualità delle parti, della natura del contratto e di qualunque altra circostanza (artt. 2721 e 2726 c.c.).
Non è ammessa, indipendentemente dal valore, se ha in oggetto patti aggiunti o contrari al contenuto di un documento, se venga allegato che la stipulazione è avvenuta in precedenza o in contemporanea (art. 2722 c.c.).
Se viene allegato che il patto aggiunto o contrario è stato stipulato dopo la formazione del documento, il giudice può consentire la prova testimoniale in base alla verosimiglianza (art. 2723 c.c.).
Non è ammessa quando la legge (es. transazione) o la volontà delle parti (cd. forma convenzionale) richiedono la forma scritta ad probationem, a meno che il contraente abbia senza sua colpa perso il documento che gli forniva la prova (art. 2725 c.c.).

Casi di ammissibilità della prova testimoniale

La prova testimoniale è sempre ammessa, in ogni caso (art. 2724 c.c.) quando è preesistente un principio di prova per iscritto, quando il contraente è stato nell’impossibilità morale o materiale di procurarsi una prova scritta, quando il contraente, senza sua colpa, ha perso il documento che gli fornisce la prova.
La prova testimoniale deve essere dedotta, dalla parte che la propone, con indicazione specifica delle persone che devono essere interrogate e con indicazione dei fatti sui quali ognuno deve essere interrogato, ed è ammessa con ordinanza dal giudice istruttore, che può ridurre le liste dei testimoni in più ed eliminare i testimoni che per la legge non possono essere sentiti.
L’assunzione della testimonianza (artt. 253-254 c.c.) avviene da parte del giudice, che interroga i testimoni sui fatti, e può rivolgere le domande che ritiene necessarie e utili per chiarire i fatti in questione.
Il testimone si può astenere dal deporre quando ricorrono le ipotesi previste dagli articoli. 200, 201 e 202 del codice di procedura penale relative al segreto professionale, d’ufficio e di stato.

Testimone intimato a comparire

L’articolo 250, novellato ex d.L. 35/2005, in vigore da marzo 2005, ha previsto che l’intimazione al testimone, con l’invito a comparire alll’udienza fissata per la prova, oltre che essere compiuta con il tradizionale ricorso all’ufficiale giudiziario, possa essere effettuata direttamente dal difensore a mezzo lettera raccomandata con ricevuta di ritorno, oppure a mezzo telefax o posta elettronica, una volta che la normativa ne consentirà l’utilizzazione con valore legale.
Se il testimone non compare senza giustificato motivo, il giudice può ordinare un’altra intimazione o l’accompagnamento coattivo e lo può condannare al pagamento di una pena pecuniaria.
Se ci sia un’altra mancata comparizione, senza giustificato motivo, il giudice dispone l’accompagnamento del testimone in udienza e la condanna al pagamento di una pena pecuniaria non inferiore a 200 euro e non superiore a 1000 euro.
L’articolo 257bis che prevede la possibilità della cosiddetta testimonianza scritta, che risponda ai canoni di speditezza e celerità che si hanno nel processo civile.
L’assunzione di questa testimonianza si ha esclusivamente su accordo delle parti e se lo consentono la natura della causa e ogni altra circostanza valutata dal giudice, che chiede al testimone di rispondere per iscritto, e nel termine indicato, ai quesiti formulati su di un apposito modulo.
Il testimone deve fornire risposta separata, anche negativa, indicandone le ragioni su ogni quesito, e deve firmare su ogni facciata del modello di testimonianza, e la firma dovrà essere autenticata.
Si può avvalere della facoltà di astensione della quale all’articolo 249, indicando generalità e motivi, e deve anche provvedere alla spedizione in busta chiusa o alla consegna in cancelleria del foglio di testimonianza nei termini previsti, in caso contrario potrà essere condannato al pagamento di una pena pecuniaria.
L’inserimento di questa previsione fa sorgere molte perplessità, soprattutto in relazione all’assunzione fuori della sede del tribunale e per paura della violazione del principio del contraddittorio.
È prevista dalla norma una salvezza, che sarebbe la possibilità per il giudice, esaminate le risposte o le dichiarazioni, di disporre che il testimone sia chiamato a deporre davanti a lui o al giudice delegato.

 

Dott.ssa Concas Alessandra

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