Prescrizione reati condanna cumulativa: come si rileva?

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Per quali reati è possibile rilevare la prescrizione in Cassazione nel caso di condanna “cumulativa”

Corte di Cassazione -sez. II pen.- sentenza n.16022 del 22-03-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Milano confermava una decisione con la quale il primo giudice, ad esito del giudizio ordinario, aveva condannato l’imputato alla pena di un anno e un mese di reclusione e 700 euro di multa per i reati di truffa aggravata ex art. 61 n. 7 c.p. e minaccia aggravata ex art. 612, comma 2, c.p. e aveva altresì condannato l’imputato al risarcimento del danno, da liquidare in separato giudizio, in favore della parte civile, cui aveva assegnato una provvisionale di 10.000 Euro.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione l’accusato, a mezzo del proprio difensore, chiedendo l’annullamento della sentenza per inosservanza della legge penale e vizio motivazionale in ordine alla omessa declaratoria di estinzione dei reati (essendo maturata la prescrizione prima della pronuncia della sentenza di appello, quanto alla truffa, e al deposito della motivazione, quanto alla minaccia) nonché in relazione al riconoscimento della circostanza aggravante del danno patrimoniale di rilevante gravità.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


Il ricorso proposto era ritenuto fondato per le seguenti ragioni.
Una volta osservato come la Corte territoriale, fissata correttamente la data di maturazione della prescrizione, non l’avesse poi rilevata, verosimilmente avendo considerato il vigente disposto dell’art. 158, comma 1, c.p. (“Il termine della prescrizione decorre (…), per il reato permanente o continuato, dal giorno in cui è cessata la permanenza o la continuazione”), applicabile, tuttavia, per espressa disposizione normativa (L. 9 gennaio 2019, n. 3, art. 1) a decorrere dal 1 gennaio 2020, mentre nella precedente disposizione, per effetto della modifica operata dalla L. 5 dicembre 2005, n. 251, le parole “o continuato” e “o la continuazione” non erano più indicate, gli Ermellini prendevano atto che, al momento della pronuncia di appello, il reato di truffa era già estinto per prescrizione.
Rilevato ciò, anche quanto al delitto di minaccia grave, la Suprema Corte notava come il tempo necessario a prescrivere fosse decorso, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., e, dunque, poteva essere dedotta in sede di legittimità siffatta causa estintiva del reato, stante l’ammissibilità (e fondatezza) del ricorso.
Orbene, il Supremo Consesso rilevava a tal proposito come non fosse applicabile nella fattispecie il principio enunciato dalle Sezioni Unite secondo il quale, in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato, l’autonomia dell’azione penale e dei rapporti processuali inerenti ai singoli capi di imputazione impedisce che l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati possa determinare l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, con la conseguenza che per tali reati, nei cui confronti si è formato il giudicato parziale, è preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello (Sez. U, n. 6903 del 27/5/2016) visto che, sempre secondo la Corte di legittimità, codesto principio può trovare applicazione solo nei casi in cui il ricorso sia ritenuto inammissibile in relazione al capo avente ad oggetto il reato considerato dai giudici di merito come il più grave, per il quale sia determinata la pena base dal momento che solo in tale ipotesi l’ammissibilità del ricorso riguardante altri reati non preclude la definitività delle statuizioni dei giudici di merito relative al reato più grave, mentre diverso è il caso in cui, come nella fattispecie in esame, l’ammissibilità (e fondatezza) del ricorso investa il capo relativo al reato più grave, cui siano avvinti dal vincolo della continuazione uno o più reati rispetto ai quali il ricorso sarebbe inammissibile.
Infatti, l’annullamento della sentenza in relazione al reato più grave e alla pena per esso determinata si ripercuote necessariamente sugli aumenti disposti in relazione ai reati-satellite: la pena inflitta per i reati satellite dipende infatti dalla pena-base in relazione alla quale (tra l’altro) viene parametrata.
Pertanto, secondo siffatto approdo ermeneutico, l’instaurazione del rapporto processuale, correlata all’ammissibilità dell’impugnazione per il reato più grave, impone di ritenere “aperto” il rapporto processuale – in punto pena – anche relativamente ai reati satellite: tale situazione processuale impedisce il passaggio in giudicato dell’accertamento di responsabilità in relazione a tutti i reati unificati; pertanto se, nelle more della definizione dell’impugnazione, decorre il termine di prescrizione per uno di essi ne deve essere dichiarata l’estinzione (così, di recente, Sez. 2, n. 36376 del 23/06/2021).
Pur tuttavia, ad avviso della Corte, deve però essere condiviso il principio espresso nella pronuncia sempre di questa Sezione, rispetto alla quale si è contrapposta una sentenza della Sesta Sezione di questa Corte (Sez. 6, n. 20525 del 13/04/2022), secondo la quale detto orientamento erroneamente limita l’applicazione del principio affermato dalle Sezioni unite ai soli casi di reati autonomi giudicati nello stesso procedimento, senza considerare che la fattispecie, sulla quale si è espressa la sentenza delle SSUU n. 6903 del 27/5/2016, riguardava proprio un caso di reato continuato, tenuto conto altresì del fatto che il principio in esame, del resto, risulta pienamente conforme a quello secondo cui la continuazione tra reati introduce una disciplina di favore esclusivamente sul piano sanzionatorio, senza che le singole fattispecie perdano la loro autonomia, fermo restando che tale affermazione, sul piano processuale, si traduce inevitabilmente nella possibilità di poter valutare l’ammissibilità dei motivi di ricorso con riguardo a ciascun reato, a prescindere dall’eventuale continuazione ritenuta tra i medesimi.
Invero, sempre secondo quanto postulato dalla Corte nella decisione qui in esame, la censura della pronuncia di questa Sezione potrebbe trovare spiegazione nella formulazione della massima, nel quale la fondamentale distinzione di cui sopra non è ben evidenziata [“Nel caso di ricorso per cassazione avverso una sentenza di condanna relativa a più reati unificati dal vincolo della continuazione, l’intervenuta prescrizione di uno di essi deve essere dichiarata anche se i motivi di ricorso riferiti a tale reato siano inammissibili. (La Corte ha precisato che i reati unificati con il vincolo della continuazione, diversamente dai capi di imputazione autonomi, hanno sorte processuale comune, non potendosi il relativo capo ritenersi definitivo se la pena è ancora in discussione, poiché irrogata in relazione alla ritenuta continuazione)”], rilevandosi al contempo che ben poi può ipotizzarsi una terza ipotesi nella quale l’impugnazione del capo relativo al reato più grave sia ammissibile, ma non debba essere accolta in quanto proposta con motivi infondati (ma non manifestamente infondati), e ciò comporta che, se al momento della decisione della Corte di legittimità non è maturata la prescrizione per detto reato, la sopravvenuta causa estintiva per quelli satellite non avrà effetto e quindi troverà piena applicazione il principio affermato nella sentenza n. 6903 del 27/5/2016.
La Suprema Corte, di conseguenza, alla luce delle considerazioni sin qui esposte, formulava il seguente principio di diritto: “in caso di ricorso avverso una sentenza di condanna cumulativa, che riguardi più reati ascritti allo stesso imputato avvinti dal vincolo della continuazione, l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati non determina l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, rimanendo così preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello, a condizione che all’impugnazione ritenuta ammissibile per il reato per il quale è stata determinata la pena base, in quanto ritenuto il più grave, non sia conseguito un annullamento del relativo capo”.


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3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito per quali reati è possibile rilevare la prescrizione in Cassazione in caso di condanna “cumulativa”.
Si afferma difatti in tale pronuncia che, ove sia emessa una condanna di questo genere, con particolare riguardo al caso in cui più reati ascritti allo stesso imputato avvinti dal vincolo della continuazione, l’ammissibilità dell’impugnazione per uno dei reati non determina l’instaurazione di un valido rapporto processuale anche per i reati in relazione ai quali i motivi dedotti siano inammissibili, rimanendo così preclusa la possibilità di rilevare la prescrizione maturata dopo la sentenza di appello, a condizione che all’impugnazione ritenuta ammissibile per il reato per il quale è stata determinata la pena base, in quanto ritenuto il più grave, non sia conseguito un annullamento del relativo capo.
Da ciò consegue che la prescrizione può essere rilevata solo se: a) l’impugnazione è stata ritenuta ammissibile per il reato per il quale è stata determinata la pena base; b) non sia conseguito un annullamento del relativo capo afferente siffatto reato.
Entro solo queste condizioni, dunque, per la Corte, è possibile rilevare la prescrizione in sede di legittimità ordinaria.
Pur tuttavia, stante l’esistenza di altri orientamenti nomofilattici di segno differente, come trapela del resto anche in questa stessa sentenza, sarebbe opportuno, ad avviso di chi scrive, che su tale questione intervengano le Sezioni unite, e ciò per una evidente esigenza di certezza del diritto.

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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