Prescrizione civile e penale: in che cosa differiscono?

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La prescrizione nell’ordinamento civile italiano indica l’estinzione di un diritto che consegue al suo mancato esercizio per un determinato periodo di tempo.
 La materia è regolata dagli articoli 2934 a 2963 del codice civile.
In ambito processuale, è una tipica eccezione di parte, non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, ma deve essere espressamente eccepita dalla parte interessata.
Significa che chi è chiamato in giudizio per l’adempimento di un’obbligazione prescritta, ha lo stesso l’onere di costituirsi nel processo (a mezzo di un avvocato difensore, quando è necessario) e avanzare l’eccezione in parola.
 La prescrizione penale rientra nelle cause di estinzione del reato.

Indice

1. Origini e definizione

L’istituto della prescrizione trova la propria ragione d’essere per esigenze di certezza del diritto.
Se il titolare di un diritto non lo esercita per un periodo prolungato di tempo, l’ordinamento giuridico riconosce l’opportunità di tutelare l’interesse del soggetto passivo a non restare obbligato per un periodo indefinito di tempo.
Più precisamente non viene estinta l’obbligazione ma il diritto del soggetto attivo di pretendere che il soggetto passivo adempia, anche a tutela di chi ha adempiuto la propria obbligazione, atteso che a distanza di anni non è sempre facile provare il proprio adempimento (si è smarrita la quietanza, eventuali testimoni non sono più reperibili o non ricordano, eccetera).
 La prescrizione, più precisamente, consiste nell’estinzione di un diritto soggettivo a causa del suo mancato esercizio per un determinato periodo di tempo, determinato dalla legge, di solito dieci anni. Nel linguaggio giuridico, quando si parla di prescrizione ci si rivolge, per lo più, alla prescrizione estintiva, ma il termine prescrizione viene a volte utilizzato per indicare il fenomeno contrario,
In simili casi si parla di prescrizione acquisitiva, o usucapione.
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2. Ambito e applicabilità della prescrizione civile

Non qualsiasi diritto si prescrive.
Non sono soggetti alla prescrizione i diritti indisponibili, né i diritti disponibili ma espressamente dichiarati imprescrittibili dalla legge.
Tra i diritti indisponibili rientrano i diritti della personalità, gli status familiari e la potestà dei genitori sui figli.
Tra i diritti disponibili non soggetti a prescrizione spiccano il diritto di proprietà (che però è soggetto all’istituto della prescrizione acquisitiva, l’usucapione), il diritto alla qualità di erede (che incontra anche qui il limite dell’eventuale usucapione da parte di terzi di singoli beni ereditari) e il diritto a fare valere la nullità di un contratto.
 Se in virtù delle consuetudini o per la natura della prestazione oppure per il modo o il luogo dell’esecuzione, sia necessario un termine, lo stesso, in difetto di accordo, è determinato dal giudice.
Anche l’azione rivolta alla fissazione del termine per adempiere è però a sua volta soggetta alla prescrizione ordinaria decennale.
La disciplina della prescrizione è inderogabile.
I patti rivolti a questo fine sono nulli né è possibile rinunciare alla prescrizione sino a quando questa non è compiuta.
La rinuncia non deve essere necessariamente espressa, ma può anche risultare da fatti concludenti, incompatibili con la volontà di avvalersi della prescrizione.
Esempi di prescrizioni più brevi sono quelli relativi al risarcimento del danno che deriva da fatto illecito (5 anni dal fatto), al risarcimento del danno prodotto dalla circolazione dei veicoli (2 anni dall’evento), ai diritti che derivano dal contratto di spedizione e trasporto (1 anno, oppure 18 mesi se il trasporto ha inizio o termine fuori dell’Europa, che decorre dall’arrivo a destinazione della persona oppure dal giorno del sinistro oppure se questo è ignoto, dal giorno nel quale  è avvenuta o sarebbe dovuta avvenire la riconsegna della cosa al luogo di destinazione.
 Decorrenza
Il periodo di tempo varia a seconda delle diverse situazioni delle quali si sta considerando la prescrizione.
Dove la legge non disponga niente sul periodo di tempo necessario ai fini della prescrizione, si applica il termine di prescrizione ordinaria, che è di dieci anni.
Ai diritti reali su cosa altrui si applica un termine più lungo, pari a venti anni.
Esistono poi diversi esempi di prescrizioni “brevi”.
 Di solito, il termine comincia a decorrere dal giorno nel quale il diritto può essere fatto valere.
La prescrizione di un’obbligazione da fatto illecito incomincia a decorrere dal giorno nel quale il fatto è stato commesso.
 Sospensione
 I termini di prescrizione possono essere “sospesi” (ad esempio, in tempo di guerra, a favore dei militari in servizio, oppure a favore degli interdetti per infermità mentale per il tempo in cui non hanno rappresentante legale) oppure “interrotti”.
 Nella sospensione il periodo trascorso prima della stessa si somma con quello che continua a decorrere dopo la cessazione della causa sospensiva.
Nell’interruzione, dopo ogni causa di interruzione ricomincia a decorrere un altro periodo di prescrizione.
 L’interruzione si verifica in tre casi:
 proposizione di domanda giudiziale (anche in sede arbitrale)
atto di costituzione in mora
riconoscimento del debito da parte del soggetto obbligato.
 In caso di proposizione di domanda giudiziale, la prescrizione resta interrotta per l’intero giudizio, sino a quando la sentenza che lo definisce non passa in giudicato.
 La sospensione agisce:
 ·         tra i coniugi
·         tra chi esercita la potestà e le persone che vi sono sottoposte
·         tra il tutore e il minore o l’interdetto soggetti alla tutela, finché non sia stato reso e approvato il conto finale
·         tra il curatore e il minore emancipato o l’inabilitato
·         tra l’erede e l’eredità accettata con beneficio d’inventario
·         tra le persone i cui beni sono sottoposti per legge o per provvedimento del giudice alla amministrazione altrui e quelle da cui l’amministrazione è esercitata, finché non sia stato reso e approvato definitivamente il conto;
·         tra le persone giuridiche e i loro amministratori, sinché sono in carica, per le azioni di responsabilità contro di essi;
·         tra il debitore che ha dolosamente occultato l’esistenza del debito e il creditore, sinché il dolo non sia stato scoperto.
 Le norme (artt. 2962 e 2963 c.c.) prevedono i medoti per il calcolo del tempo.
Non si tiene conto del giorno iniziale del tempo (ad esempio, il giorno in cui è avvenuto il sinistro, che genera il diritto al risarcimento) e il termine scade quando finisce l’ultimo giorno compreso.
Se il termine scade in giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo.
A questo fine, come di solito previsto in materia di termini processuali, il sabato è considerato giorno feriale (legge n. 260 del 27 maggio 1949 e successive modifiche, delle quali la legge n. 336 del 20 novembre 2000).
 La prescrizione a mesi si verifica nel mese di scadenza e nel giorno di questo corrispondente al giorno del mese iniziale.
Se nel mese di scadenza manca questo giorno, il termine si compie con l’ultimo giorno dello stesso mese. 
 

3. La prescrizione presuntiva

Da questo tipo di prescrizione, chiamata estintiva, si distingue la prescrizione presuntiva, che agisce in ambito processuale.
Si applica a rapporti, specificati dalla legge, nei quali l’estinzione del debito (in particolare, il pagamento del prezzo di una merce o di una prestazione) avviene di solito in tempi brevi.
In questo caso, il debitore che affermi, ad esempio, di avere adempiuto la propria prestazione ma non è in possesso della relativa prova (es: quietanza di pagamento), si può limitare ad eccepire in giudizio al creditore l’avvenuta prescrizione presuntiva.
Questo ha come conseguenza processuale che l’obbligazione si “presume” estinta.
Si tratta di una presunzione non assoluta (iuris et de iure), ma relativa (iuris tantum), che può essere vinta da una prova contraria.
Però, questa prova è costituita esclusivamente dal giuramento decisorio, il creditore chiede che il debitore giuri che la prestazione dovuta è stata estinta.
Se il debitore giura, fatte salve le conseguenze penali del falso giuramento, art. 371 codice penale, il giudice, nel decidere la lite, non potrà che attenersi a quanto giurato dalla parte, senza poterne sindacare l’attendibilità e la veridicità.
 L’eccezione di prescrizione presuntiva, tuttavia, deve essere respinta se chi la oppone ha ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta. 

3. Origini e ambiti della prescrizione penale

L’articolo 93 del codice Zanardelli esordiva con “il riconoscimento alla sentenza di condanna della capacità di interrompere la prescrizione dell’azione, nonostante questo una simile capacità viene subito estesa al mandato di cattura o a qualsiasi provvedimento del giudice diretto contro l’imputato e a lui notificato, con la precisazione che l’interruzione, in questi casi, non potrà mai prolungare la durata dell’azione penale per un tempo che superi, nel complesso, la metà dei termini prescrizionali legalmente previsti.
In questo modo, l’estensione dell’efficacia interruttiva è circoscritta entro i confini precisi dettati dalla tipologia degli atti procedimentali, che per le caratteristiche individuate paiono i soli idonei a testimoniare l’interesse alla persecuzione del fatto di reato, nonché dal limite temporale, la quale fissazione è ricondotta dai compilatori a esigenze di giustizia e convenienza”.
 Può essere relativa a due ambiti:
 ·         la prescrizione di un reato, a norma dell’articolo 157 del codice penale
·         l’estinzione della pena per decorso del tempo, o “prescrizione della pena”, a norma degli aarticoli 172 e 173 del codice penale.
 Entrambe si fondano sul presupposto che la pretesa punitiva dello Stato si affievolisca sino a scomparire quando sia decorso un determinato periodo di tempo.
I due istituti sono tra loro concettualmente differenziati.
La prescrizione di un reato si basa sull’idea che la risposta sanzionatoria a un fatto di reato, verificatosi a una certa distanza di tempo, perda le sue ragioni, sul piano general-preventivo (l’oblio rende inutile l’accertamento delle responsabilità).
La cosiddetta prescrizione della pena si ritrae dall’idea che sia incongruo fare eseguire una pena nel caso nel quale dalla pronuncia del provvedimento di condanna (o dalla sottrazione volontaria del reo all’esecuzione della pena) sia decorso un determinato periodo di tempo.
 Il primo istituto incide sul diritto penale sostanziale, mentre il secondo sull’esecuzione della pena.
 La normativa venne ripresa dal Codice Rocco e modificata dalla legge n. 251/2005 e altre minure normative. 

5. La prescrizione del reato

Ratio
 La prescrizione del reato è l’istituto che risponde a un principio di economia dei sistemi giudiziari in base al quale lo Stato rinuncia a perseguire l’autore di un reato, quando dalla sua commissione sia trascorso un periodo di tempo giudicato eccessivamente lungo e solitamente proporzionale alla gravità dello stesso.
In altre parole, si intende evitare che la macchina giudiziaria continui a impegnare risorse per la punizione di reati commessi molto tempo prima e per i quali è socialmente meno sentita l’esigenza di una tutela giuridica penale, e questo anche nell’ottica della funzione socialmente rieducativa della pena (art. 27 Cost.).
 L’istituto assolve, nelle intenzioni del legislatore, alla funzione di garantire l’effettivo diritto di difesa all’imputato.
Con il passare del tempo è sempre più difficile per lo stesso imputato fornire e recuperare fonti di prova a suo favore.
La prescrizione evita eventuali abusi da parte del sistema giudiziario che potrebbero agire nel caso nel quale il reato venisse perseguito a lunga distanza di tempo, e funge da stimolo in modo che l’azione dello Stato contro i reati sia rapida e puntuale, seguendo un’azione repressiva costituzionalmente orientata, in favore del principio di ragionevole durata del processo.
Termini
 Secondo l’articolo 157 del codice penale, il tempo necessario a prescrivere un reato varia in considerazione della pena stabilita.
I reati per i quali è prevista la pena dell’ergastolo non sono prescrittibili.
L’articolo 157 del codice penale, modificato dalla legge n. 251/ 2005, prevede che la prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione, ancorché puniti con la pena pecuniaria.
 Questi termini ricominciano a decorrere in presenza di determinati eventi interruttivi espressamente indicati dal codice penale (come la disposizione dell’interrogatorio dell’indagato o la richiesta di rinvio a giudizio da parte del pubblico ministero), ma senza potere mai superare il tempo prescritto aumentato di un quarto.
Ad esempio: nel caso del tempo fissato in sei anni, detto termine diverrà di sette anni e sei mesi, in quanto somma del termine di sei anni più del suo quarto, ovvero un anno e mezzo.
Altre cause di “allungamento” della prescrizione sono la contestazione di aggravanti specifiche, come nel caso della recidiva specifica reiterata infra quinquennale.
 Per determinare il tempo necessario alla prescrizione non vengono considerate né le attenuanti né le aggravanti, fatta eccezione per le aggravanti a effetto speciale (che aumentano la pena di oltre un terzo) e quelle per le quali la legge stabilisce una pena diversa (ad esempio, ergastolo anziché reclusione).
In simili casi si tiene conto dell’aumento massimo della pena prevista per l’aggravante.
Quando la legge prescrive per un reato sia una pena detentiva che una pecuniaria, la prescrizione si calcola sulla sola pena detentiva.
La legge, in determinate situazioni, può prevedere una pena alternativa a quella detentiva e pecuniaria.
In simili casi la prescrizione matura in tre anni.
La prescrizione è espressamente rinunciabile (art. 157 c.p.).
 I termini di prescrizione sono stati modificati con la legge n. 3 /2019 (cosiddetta “Legge spazzacorrotti”), che ha introdotto la sospensione del corso della prescrizione stessa dalla data di pronuncia della sentenza di primo grado (sia di condanna sia di assoluzione) o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o alla data di irrevocabilità del decreto penale.
La norma è entrata in vigore l’1 gennaio 2020.
 Effetti
 La prescrizione non equivale a un’assoluzione con formula piena, anche se gli effetti per l’imputato possono sembrare uguali in ragione della presunzione d’innocenza e nemmeno a una condanna in quanto non viene formulato il corrispondente verdetto di condanna da parte del giudice.
Perché ci sia prescrizione occorre che il giudice, nel dispositivo della sentenza, individui un reato, nel frattempo estinto, attribuibile all’imputato.
Diversamente l’imputato deve essere assolto per non avere commesso il fatto o perché il fatto non costituisce reato.
D’altra parte la prescrizione è sempre espressamente rinunciabile dall’imputato (art. 157 c.p.) che può decidere di continuare nel procedimento giudiziale che lo riguarda al fine di vedere riconosciuta la propria innocenza. 
 

6. La prescrizione processuale e l’estinzione o prescrizione della pena

Il rapporto con principi costituzionali e convenzionali
 Garantire che indagini e processo rispettino una durata massima predeterminata e predeterminabile a priori da parte di ogni cittadino, è dovere di ogni Stato democratico e liberale che intenda rispettare il principio fondamentale della cosiddetta “durata ragionevole” del processo penale, sancito espressamente dall’art. 6 della C.E.D.U. – European Convention on Human Rights (firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata dall’Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848.).
La soggezione al potere pubblico non può essere temporalmente illimitata, la durata ragionevole del processo, prevista dall’articolo 111 della Costituzione, deve essere assicurata in forma distinta e autonoma rispetto alla prescrizione del reato.
 L’Italia ha espressamente introdotto i principi del giusto processo e della ragionevole durata nel 1999, con la legge costituzionale di riforma dell’articolo 111 comma 2, della Costituzione.
 Il termine della decorrenza
 Il giorno dal quale decorre il termine della prescrizione “sostanziale” è quello nel quale si assume che sia stato commesso il fatto di reato.
Nell’ordinamento di altri Paesi (es. la Francia) è il giorno nel quale l’autore del fatto è stato individuato con un primo atto giudiziario di accusa (o addirittura il rinvio a giudizio).
Per uniformare il sistema italiano a quello degli altri Stati sono state avanzate proposte di legge o di emendamento.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, del resto, ha elencato, in una delibera del 2011, gli atti internazionali di indirizzo, che disapprovano l’effetto di impunità che deriva dalla disciplina italiana del termine iniziale per la prescrizione del reato.
 Agli stessi i è aggiunta, nel 2015, anche una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sul cosiddetto “caso Taricco”.
Dopo tre anni di “dialogo tra le Corti”, la Suprema Corte Costituzionale  l’ha dichiarata inapplicabile nell’ordinamento italiano, per difetto di determinatezza.
 La delega processuale penale conferita al Governo nel 2021per la prima volta ha contemplato, esclusivamente per i gradi di giudizio successivi al primo, una forma di prescrizione processuale anche nell’ordinamento penale.
 L’effetto rieducativo della pena è espressamente sancito dallaCostituzione.
Siccome al decorso del tempo si accompagna anche la trasformazione della personalità del soggetto sospettato di avere commesso un reato e potenziale destinatario, in caso di condanna, di una sanzione, non avrebbe nessun effetto rieducativo conforme alla previsione costituzionale infliggere una pena, in caso di condanna, a lunga distanza dalla data del commesso fatto di reato (artt. 13, 25, comma 2 e 27 comma 3 Costituzione) dove, per “lunga distanza”, si intende un periodo di tempo maggiore rispetto a quello prevedibile applicando le attuali disposizioni dell’articolo 172 del codice penale.

Dott.ssa Concas Alessandra

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