Pensioni integrative: il “piano giovani” del Governo

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Garantire una copertura pensionistica adeguata ai giovani “contributivi” con carriere discontinue, da realizzare con forme di garanzia per la previdenza pubblica e con accessi agevolati e incentivati alle pensioni integrative.
Nonostante al momento non sia stato definito, il Governo pensa di sottoporre questo piano all’attenzione dei sindacati in vista del varo della manovra autunnale.
Lo stesso Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, quando a fine maggio scorso ha incontrato a Palazzo Chigi le parti sociali, ha sostenuto che l’esecutivo avrebbe concentrato i suoi sforzi sulle pensioni future, nel rispetto dei vincoli della finanza pubblica, con la finalità di evitare che nei prossimi decenni si possa manifestare una cosiddetta “bomba sociale”.
Il Governo pensa a rilanciare la previdenza integrativa, che allo stato attuale vede salire, e non scendere, l’età media degli iscritti, che negli ultimi cinque anni è andata da 46,1 a 47 anni.

Indice

1. Pensioni per i quarantenni nelle forze armate


Si legge sul quotidiano Il Sole 24 ore che la Corte dei Conti ha condotto una simulazione partendo da un campione dell’Inps sui quarantenni in attività ed è emerso che, sulla base del cosiddetto
“zaino previdenziale”, vale a dire, il montante contributivo sulla base del quale viene calcolato l’assegno pensionistico, esclusivamente coloro che sono assunti nelle Forze armate e nella sanità possono aspirare a una pensione pubblica che si possa definire accettabile.
Le posizioni più fragili si riscontrerebbero nel settore del lavoro autonomo, in modo particolare, tra i parasubordinati e i coltivatori diretti, ma anche per le lavoratrici private.

2. Il piano rivolto ai giovani


La riforma delle pensioni forse non nascerà prima del 2025, principalmente per il fatto che il Governo ha a disposizione poche risorse e deve anche tenere conto della corsa della spesa pensionistica.
Il prossimo anno, dopo un confronto con le parti sociali, dovrebbero decollare alcune misure, reclamate con molta partecipazione dai sindacati.
Il cantiere dedicato alla previdenza dovrebbe ripartire entro fine mese con un tavolo tecnico sugli anticipi pensionistici.
Il Governo mira a iniziare un percorso per assicurare ai giovani dell’era “contributiva” una copertura pensionistica accettabile, che attualmente non sembra scontata.
Si tratta di una specie di piano giovani, che si dovrebbe incentrare su forme di garanzia e su misure specifiche come il riscatto ultra agevolato della laurea e su incentivi e sconti fiscali allo scopo di accedere con maggiore facilità alle forme di previdenza complementare. 


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3. L’età media degli iscritti


La recente relazione annuale della Commissione di vigilanza sui fondi pensione (Covip) evidenzia che ai fondi pensione acceda un numero di giovani molto basso.
Questo significa che gli stessi avrebbero, almeno sulla carta, più bisogno di costruirsi un paracadute previdenziale.
Dalle statistiche aggiornate alla fine del 2022 emerge che il 18,8% degli iscritti alle forme di previdenza integrativa ha meno di 35 anni, il 48,9% appartiene alla fascia di età centrale, che si attesta sui 35-54 anni e il 32,3% ha almeno 55 anni.
La Covip sottolinea che “dal 2018 al 2022 si è assistito a un progressivo spostamento dalle classi di età centrali a favore di quelle più anziane, pari a circa cinque punti percentuali”.
Anche se “la classe più giovane (sotto i 35 anni di età) registra una crescita di 1,1 punti percentuali”, e a causa di questa evoluzione, l’età media degli iscritti  negli ultimi cinque anni è salita da 46,1 a 47 anni.

4. La soglia anagrafica di accesso degli “autonomi”


La stessa Covip prende in considerazione le oscillazioni anagrafiche in relazione alla diversa condizione professionale.
Dal 2018 al 2022 per i lavoratori dipendenti iscritti alla previdenza complementare l’età media è compresa tra 46,1 a 46,8 anni, mentre per gli “autonomi” aumenta da 49,6 a 52 anni.
Nella relazione dell’Authority si afferma che il 7% dei lavoratori autonomi ha meno di 35 anni rispetto all’8,2% che risale a cinque anni fa.
Al contrario, l’incidenza dei lavoratori dipendenti con meno di 35 anni è aumentata
dal 16 al 17,3%.
Coloro che hanno più di cinquant’anni  sono il 45% tra i lavoratori autonomi e il 29,1% tra coloro che appartengono ai lavoratori dipendenti.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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