Riparto della giurisdizione nelle controversie sui risultati ispettivi in concessione di servizi sanitari

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Approfondimento sul riparto della giurisdizione in materia di contestazione dei risultati ispettivi nell’ambito delle controversie di concessione di pubblico servizio sanitario.

Indice

1. Inquadramento della tematica

In materia di concessione di servizi pubblici, le controversie sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, salvo quelle concernenti le questioni patrimoniali affidate alla giurisdizione del giudice ordinario, sotto la clausola derogatoria delle indennità, dei canoni e dei corrispettivi.
In tal direzione, l’art. 133, comma primo, lett. c), del Codice del Processo Amministrativo (d’ora, in poi, C.p.a.), di cui al D. Lgs. n. 104 del 2010, stabilisce che “… le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo, ovvero ancora relative all’affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore…”.
Ora, la questione di natura giuridica che potrebbe porsi è domandarsi quale sarebbe il giudice munito di giurisdizione per quella controversia avente ad oggetto gli aspetti patrimoniali d’una concessione di servizio pubblico, in specie di servizi sanitari svolti in regime di accreditamento.
Facendo un passo indietro, sarebbe utile chiarire che cosa sia una concessione di servizio pubblico, ed, in particolare, chi siano le parti d’un simile rapporto concessorio.
Nell’ambito della concessione di pubblici servizi, ai sensi dell’art. 8 bis, 8 quater, del D. Lgs. n. 502 del 1992, art. 25 della L.n. 833 del 1978 (istitutiva del S.S.N.), possono annoverarsi anche le concessioni di prestazioni sanitarie erogate da strutture private in regime d’accreditamento.
Il rapporto concessorio s’instaura tra l’amministrazione pubblica da una parte e la struttura sanitaria privata dall’altra. Le prestazioni sanitarie, quali quelle di cura, di diagnosi, riabilitative, vengono erogate dalla struttura sanitaria privata, in regime d’accreditamento, sia ai pazienti residenti nella regione cui appartiene l’azienda sanitaria locale, sia ai pazienti extra residenti.
Per l’espletamento delle predette prestazioni sanitarie, alla struttura sanitaria privata viene corrisposto, da parte dell’amministrazione pubblica, nella specie dall’Asl, una remunerazione economica, come meglio precisato nel contratto concessorio.
Delineato il perimetro dell’indagine, possiamo domandarci, a questo punto, quale sia, davvero, il giudice competente a giudicare della controversia, e, cioè, se il giudice ordinario ovvero quello amministrativo in sede esclusiva.

2. Il criterio di riparto della giurisdizione fondato sul principio del petitum sostanziale

Occorre fare una premessa, e, cioè, che nella fase dell’evidenza pubblica, orientata alla scelta del contraente, le controversie sono devolute alla cognizione del giudice amministrativo, mentre, quelle insorgenti nella fase successiva alla stipulazione del contratto, sono, invece, assegnate alla cognizione del giudice ordinario.
La giurisprudenza amministrativa precisa che “…la stipulazione del contratto di appalto rappresenta lo spartiacque delle giurisdizioni, quella amministrativa esclusiva nelle controversie relative alle procedure di affidamento di pubblici lavori, servizi e forniture (art. 133, comma 1, lett. e, n. 1, c.p.a.), cui devono aggiungersi le controversie “relative all’affidamento di un pubblico servizio” (art. 133, comma 1, lett. c, c.p.a.), e quella ordinaria nelle controversie attinenti alla successiva fase riguardante l’esecuzione del rapporto…”. (Consiglio di Stato, Sez. VII, Sentenza del 20 ottobre 2023, n.9194).
Insiste, nell’attuale orientamento della giurisprudenza di legittimità, il principio in virtù del quale il giudice munito di giurisdizione si determina in base al tenore della domanda proposta dal ricorrente, ai sensi dell’art. 5, C.p.c.
La Suprema Corte ha statuito che la giurisdizione deve esser determinata non facendo riferimento alla prospettazione delle parti, ma al petitum sostanziale che “…deve essere identificato, non solo e non tanto in funzione della pronuncia che si chiede al giudice, quanto, piuttosto, in funzione della “causa petendi”, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio, da individuarsi con riguardo ai fatti allegati”. (Cass. Civ., Sez. Un., Sentenza del 3 novembre 2016, n. 22233; Cass.Civ., Sez. Un., Ordinanza del 16 maggio 2008, n.12378).
In tal direzione, la giurisprudenza amministrativa statuisce che “…la questione di giurisdizione (…) deve essere identificata non solo e non tanto in funzione della concreta pronuncia che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione…”. (Consiglio di Stato, Sez. VII, Sentenza del 20 ottobre 2023, n.9194, cit.).
Ed, ancora, il Tarstabilisce che “…ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, rileva non già la prospettazione della parte, bensì il cosiddetto petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto sulla base della causa petendi, ossia dei fatti dedotti a fondamento della pretesa fatta valere con l’atto introduttivo della lite…”. (Tar, Lombardia, Milano, Sez. V, Sentenza del 9 gennaio 2024, n. 41).

3. Il giudice munito di giurisdizione nelle controversie attinenti ai risultati ispettivi

Nell’ambito d’una concessione di servizio pubblico, supponiamo che la struttura sanitaria privata azioni in via monitoria il credito asseritamente dovuto per le prestazioni sanitarie erogate e che, a fronte della notifica del decreto ingiuntivo, l’Azienda Sanitaria interponga opposizione sostenendo che, all’esito d’una ispezione, l’importo delle remunerazioni domandate non fosse dovuto, chiedendo, altresì, la restituzione delle somme corrisposte in eccedenza.
Facendo applicazione dei principi innanzi esposti, la giurisdizione deve individuarsi sulla base della natura della situazione giuridica dedotta in giudizio dal ricorrente unitamente ai fatti allegati.
Inquadrato il rapporto concessorio nell’ambito d’una concessione di servizio pubblico, la ricorrente struttura sanitaria aziona in via monitoria un diritto patrimoniale, consistente, per l’appunto, nella remunerazione delle prestazioni erogate in regime d’accreditamento.
Trattasi di diritti di natura patrimoniale che possono esser sussunti nella clausola derogatoria, rispetto alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, di cui all’art. 133, comma 1, lett. c), C.p.a., concernente la devoluzione alla cognizione del giudice ordinario delle controversie relative ai canoni, indennità ed altri corrispettivi.
Quaora l’Azienda Sanitaria, per rigettare la richiesta di pagamento delle prestazioni erogate dal privato, contesti, a quest’ultima, l’inadempimento degli obblighi scaturenti dal contratto concessorio, non vien meno, perciò, la giurisdizione del giudice ordinario.
E ciò in quanto al giudice ordinario compete anche giudicare dell’adempimento ovvero dell’inadempimento degli obblighi del concessionario, dovendo, in tal senso, scrutinare i fatti dedotti rispetto agli inadempimenti contestati a quest’ultimo.
Nondimeno, il giudizio fattuale sull’adempimento coinvolge, necessariamente, anche i diritti patrimoniali conseguenziali, poiché va da sé che intanto il corrispettivo per le prestazioni erogate è dovuto in quanto siano stati adempiuti gli obblighi scaturenti dal contratto concessorio.
Non esula dalla cognizione del giudice ordinario la valutazione dell’adempimento o meno degli obblighi da parte del concessionario rappresentando essa la premessa per il riconoscimento delle pretese economiche.
Se il sindacato non verte sul corretto esercizio dei poteri autoritativi della P.A., la cognizione della controversia è ascritta al giudice ordinario, in quanto “…le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario se non coinvolgano l’accertamento dell’esistenza o del contenuto della concessione, né la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante ovvero investano l’esercizio di poteri discrezionali …”. (Cass. civ., Sez. Un., Sentenza del 20 giugno 2012, n.10149).
Ora, le determinazioni della P.A. concernenti la contestazione di eventuali inadempimenti da parte della concessionaria, sono preceduti dall’espletamento di un’attività ispettiva d’appropriatezza.
Con tal attività la P.A. conduce una verifica onde accertare se la struttura sanitaria, erogante le prestazioni in luogo dell’Azienda Sanitaria, abbia o meno adempiuto agli obblighi scaturenti dal contratto concessorio.
Ed è l’esito della verifica che rappresenta la premessa per la contestazione dell’inadempimento alla struttura sanitaria che si configura quale attività discrezionale dell’Azienda Sanitaria sulla base della quale quest’ultima può irrogare sanzioni patrimoniali.
Il modulo amministrativo appena descritto disegna una frazione dell’attività amministrativa che può rappresentare lo spartiacque tra la giurisdizione del giudice ordinario e quella del giudice amministrativo in sede esclusiva.
Nell’ambito d’una controversia avente ad oggetto il rigetto da parte dell’Azienda Sanitaria della richiesta di pagamento delle prestazioni rese dalla struttura privata convenzionata, a seguito dell’esito d’un controllo d’appropriatezza, ove la concessionaria del servizio contesti soltanto l’esito di quest’ultima, la giurisdizione sarebbe, comunque, devoluta al giudice ordinario.
Precisamente, lo spartiacque è rappresentato dal tenore della domanda giudiziale proposta dal ricorrente, vale a dire dalla natura della situazione giuridica dedotta in giudizio, in base al principio giurisprudenziale evocato nel secondo paragrafo.
Se la struttura privata evoca in giudizio l’Azienda Sanitaria, onde ottenere il pagamento delle prestazioni rese ai pazienti, senza, tuttavia, contestare la composizione ovvero le modalità dell’espletamento del giudizio sull’appropriatezza, trattandosi di diritti soggettivi a contenuto patrimoniale, la giurisdizione sarà radicata in capo al giudice ordinario.
E, difatti, “…l’accertamento dell’adempimento o inadempimento delle obbligazioni assunte e, quindi, dell’effettiva debenza dei corrispettivi è, per definizione, vicenda estranea del controllo delle modalità di esercizio del potere amministrativo discrezionale, venendo in rilievo il profilo paritario e meramente patrimoniale del rapporto concessorio nella contrapposizione delle situazioni giuridiche soggettive obbligo/pretesa…”. (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza del 26 gennaio 2024, n. 2577).
Nella stessa direzione, si statuisce “…non coinvolgendo la verifica dell’azione autoritativa della P.A. sul rapporto sottostante o l’esercizio dei poteri discrezionali in ordine alla determinazione di indennità, canoni o altri corrispettivi, esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi e non può che essere devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario…”. (Cass. civ., Sez. Un., Ordinanza del 30 luglio 2020, n. 16460).
Ove la struttura sanitaria contesti non soltanto l’esito del controllo d’appropriatezza, bensì anche “le modalità di esercizio del controllo o la titolarità del potere di controllo da parte dell’amministrazione…”, ecco che, allora, la controversia, investendo anche l’esercizio del potere amministrativo autoritativo, sarà devoluta al giudice amministrativo. (Cass. civ., Sez. III, Ord. n.2024/n. 2577, cit.).

4. Conclusioni

Alla luce dei superiori principi di diritto, enunciati dalla giurisprudenza di legittimità ed amministrativa, possiamo giungere alle seguenti conclusioni.
Anzitutto, dopo la conclusione della concessione, la P.A. e la società accreditata agiscono su di un piano giuridico paritario.
Ne viene che le controversie attinenti alle prestazioni remuneratorie, quali diritti patrimoniali soggettivi, son devolute alla cognizione del giudice ordinario, laddove con la domanda azionata in sede giudiziaria si contesti soltanto l’esito del controllo d’appropriatezza compiuto dall’organo di controllo della P.A. interessata, inquadrandosi la fattispecie concreta nell’ambito della clausola derogatoria di cui all’art. 133, comma uno, lett. c), C.p.a.
Va da sé, poi, che, alla cognizione del detto giudice, appartiene anche il riscontro sull’adempimento ovvero l’inadempimento delle obbligazioni scaturenti dal contratto di concessione, essendo tal verifica prodromica rispetto al riconoscimento della pretesa patrimoniale azionata.
Laddove, invece, si contesti anche le modalità d’esercizio del potere ovvero la titolarità del potere azionato dall’amministrazione, involgendo, tal controversia, l’esercizio dei poteri autoritativi della P.A., essa sarà devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

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Giovanni Stampone

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