Ordinamento penitenziario – benefici penitenziari – remissione del debito – obbligazione solidale – rimettibilita’ nei confronti di un solo codebitore – ammissibilita’- fondamento.

Ordinanza 08/06/06
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OSSERVA
 
1.Con ordinanza n. 79/2004 R.D.S.S.14, emessa in data 19.1.06, il Magistrato di Sorveglianza di Vercelli ha rimesso in favore di F.F., in epigrafe generalizzato, il debito di cui ai CP Corte appello di Torino nn.76806-07-09-14, limitatamente alle spese processuali ivi indicate, escluso l’importo corrispondente all’imposta di registro, nella misura corrispondente alla quota individuale riferibile al F. stesso, trattandosi di debito erariale gravante sull’interessato in solido con altri condebitori.
 Con atto in data 1.3.06, il difensore di F.F. ha formulato istanza di remissione del debito anche in relazione all’ammontare complessivo delle spese di giustizia da pagare in solido di cui al CP Corte appello di Torino n.76806.
Si tratta, invero, secondo l’assunto difensivo, di obbligazione solidale “il cui dovere di pagamento grava su ogni condannato per l’intero e non pro quota.”
Il punto di diritto sul quale s’incentra il presente procedimento è – pertanto – la possibilità della remissione integrale del debito gravante sul condannato nel caso di obbligazione solidale, non già la sussistenza dei presupposti sostanziali per l’applicazione del beneficio, i quali sono già stati compiutamente accertati nel corso della procedura esitata nella pronuncia del Magistrato di Sorveglianza di Vercelli dd. 19.1.06.
2. La tesi prospettata dalla difesa è meritevole di accoglimento.
La remissione del debito è l’istituto di diritto penitenziario attraverso il quale si realizza, ricorrendone i presupposti stabiliti dalla legge, la rinuncia dello Stato alla riscossione dei crediti vantati nei confronti dei condannati per le spese processuali e di mantenimento in carcere ( art.6(L), d.p.r. 30.5.002,n.115 e art.106 del d.p.r.30.6.2000,n.230).
 La remissione del debito risponde a dichiarati scopi di premialità della c.d. “buona condotta carceraria” e di incentivo al processo di reinserimento sociale del detenuto,in armonia con il principio di finalizzazione rieducativa dell’esecuzione penale stabilito dall’art. 27, comma 3, della Costituzione, proponendosi la finalità di agevolare il reinserimento del condannato nella società nel momento più delicato della sua dimissione dal carcere (Cass.3.1982,n.1962,Calducci,CED; Cass.7.4.1983,n.695,Di Santo,CED;conforme,Cass.25.11.1982 n.2406,Petroncini,CED). 
Alla luce della ratio dell’istituto sopra delineata,  la soluzione della remissione pro quota del debito solidale non raggiunge pienamente la finalità di agevolare il reinserimento sociale del condannato, né quella di attribuire all’interessato il riconoscimento integrale previsto quale “premio” per la regolarità della condotta tenuta nel corso dell’esecuzione penale.
Attesa la natura dell’obbligazione gravante sui condannati coimputati in un medesimo procedimento penale, infatti, la remissione pro quota in favore di uno soltanto dei debitori non raggiungerebbe l’effetto di liberare il condannato ritenuto dal giudice meritevole del beneficio, poiché egli resterebbe comunque obbligato per la quota residua del debito nei confronti dello Stato.
Ne consegue che, per assicurare la pienezza dell’effetto premiale e rieducativi dell’istituto disciplinato dal Testo Unico n.115/02, non può che privilegiarsi l’opzione applicativa che impone – ricorrendo tutte le condizioni previste dalla legge – la remissione integrale del debito nei confronti del condannato ritenuto meritevole del beneficio.
La soluzione interpretativa sopra descritta non contrasta con l’esigenza di limitare l’effetto del beneficio al solo condannato nei cui confronti sia accertata (non soltanto) la sussistenza dei presupposti e delle condizioni previste dalla legge e (sopra tutto) la meritevolezza, strettamente connessa alla premialità che ispira l’istituto de quo.
Come è stato chiarito definitivamente in seguito all’entrata in vigore del Testo Unico in materia di spese di giustizia, infatti, la remissione del debito, quale istituto peculiare connotato dal carattere extra ordinem,consente al Magistrato di Sorveglianza di concedere la remissione del debito al soggetto che sia meritevole e versi in disagiate condizioni economiche al di fuori dello schema civilistico della dinamica dei rapporti tra debitori di un’obbligazione solidale.
Quanto sopra è stato recepito anche sotto il profilo amministrativo, alla luce delle istruzioni ministeriali ai fini delle annotazioni che espressamente dispongono che “nel caso di pluralità di condannati tenuti in solido al pagamento delle spese processuali in favore dello Stato, qualora venga accolta l’istanza di remissione del debito , si indicherà la quota parte del debito rimesso, che dovrà essere dedotta dall’ammontare complessivo del credito.”
Ne consegue che l’effetto estintivo dell’obbligazione nascente dal provvedimento emesso dal giudice ai sensi dell’art.6, d.p.r. 115/02, esplica i suoi effetti nei confronti del debitore meritevole uti singulus, senza che si produca l’effetto liberatorio previsto dal codice civile nei confronti degli altri condebitori, i quali rimangono obbligati per l’ammontare residuo del debito complessivo riferito all’obbligazione solidale, depurato dell’importo corrispondente alla quota individuale del debitore liberato.
Tale ricostruzione dell’istituto consente di sottrarre il medesimo agli evidenti profili di incostituzionalità dell’assetto normativo laddove l’ordinamento consentisse, attraverso il provvedimento giurisdizionale pronunciato in relazione ad una sola posizione debitoria, la liberazione di tutti i debitori solidali, nei cui confronti non vi sia stato alcun accertamento ope judicis della sussistenza delle condizioni di legge.                                                                     
3. Per i motivi sopra esposti, l’istanza di remissione del debito per anche in relazione all’ammontare complessivo delle spese di giustizia da pagare in solido di cui al CP Corte appello di Torino n.76806 merita accoglimento.
 
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