Natura della situazione giuridica azionata e riparto della giurisdizione nei provvedimenti di ritiro

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Il petitum sostanziale nell’individuazione della giurisdizione

Costituisce un principio consolidato in giurisprudenza quello per cui, ai fini dell’individuazione del giudice munito di giurisdizione, non occorre tener conto né della natura formale dell’atto oggetto di impugnazione, né delle censure proposte in sede giurisdizionale, in quanto l’unico criterio rilevante è quello del petitum sostanziale, che va individuato soprattutto in funzione della causa petendi, ossia dell’intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuata dal giudice con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscano manifestazione (ex plurimis: Cass. civ. sez. unite 28 maggio 2013, n. 13178; Cass. civ. sez. unite ord. 11 ottobre 2011 n. 20902; Cass. civ. sez. unite 25 giugno 2010 n. 15323; Cass., sez. un., ord. 16 maggio 2008 n. 12378; id., ord. 25 giugno 2010 n. 15323; Consiglio di Stato, sez. III, 23/11/2017, n. 5468). In tale contesto, deve ritenersi sussistere la giurisdizione amministrativa quando venga in rilievo l’esercizio del potere autoritativo dell’Amministrazione, che si estrinsechi nell’adozione di un provvedimento amministrativo lesivo della posizione giuridica di interesse legittimo del destinatario. Viceversa, nei casi  analoghi  a quello in esame, in cui si controverta della legittimità di un provvedimento che, pur avendo la veste formale di un atto di autotutela, e specificatamente di un atto di revoca, non abbia natura autoritativa, ma privatistica, deve ritenersi sussistente la cognizione del Giudice ordinario.

Il riparto di giurisdizione e la natura della situazione soggettiva

Per ciò che attiene al riparto di giurisdizione tra giudice ordinario e giudice amministrativo in materia di controversie riguardanti la concessione e la revoca di contributi e sovvenzioni pubbliche, l’individuazione del criterio discretivo deve essere ricondotto al generale criterio fondato sulla natura della situazione soggettiva azionata, con la conseguenza che sussiste sempre la giurisdizione del giudice ordinario.

La giurisdizione ordinaria.

Sussiste la giurisdizione ordinaria qualora:

  1. il finanziamento venga direttamente riconosciuto dalla legge (essendo, alla Pubblica amministrazione, demandato il solo compito di verificare l’effettiva esistenza dei relativi presupposti senza procedere ad alcun apprezzamento discrezionale circa l’an, il quid, il quomodo dell’erogazione);
  2. la controversia attenga alla fase di erogazione o di ripetizione del contributo sul presupposto di un inadempimento del beneficiario alle condizioni fissate in sede di erogazione o dall’accertato sviamento dei fondi ammessi rispetto al programma finanziato; ciò a prescindere dal profilo nominale (atti formalmente intitolati come «revoca, decadenza o risoluzione» purché essi si fondino sull’inadempimento alle obbligazioni assunte di fronte alla concessione del contributo).

Invero, in siffatte ipotesi il privato è titolare di un diritto soggettivo perfetto, come tale azionabile nella tutela innanzi al giudice ordinario, poiché la controversia attiene alla fase esecutiva del rapporto di sovvenzione e all’inadempimento degli obblighi cui è subordinato il concreto provvedimento di attribuzione.

La giurisdizione amministrativa

È per converso configurabile una situazione soggettiva d’interesse legittimo, attratta dalla giurisdizione del giudice amministrativo, solamente allorquando:

  1. la controversia sia inquadrata in una fase procedimentale precedente al provvedimento discrezionale attributivo del beneficio;
  2. per effetto della concessione del beneficio, il provvedimento sia stato annullato o revocato per vizi di legittimità o per contrasto iniziale con il pubblico interesse, ma non per inadempienze del beneficiario (così Cassazione civile sez. un., 07.07.2017, n.16831; Cass. Civ., SS.UU., n. 25211/2015; Adunanza Plenaria n. 6/2014; Consiglio di Stato sez. III, 09.08.2017, n.3975; Consiglio di Stato sez. III, 05/07/2017, n.3325; Consiglio di Stato sez. III, 31.10.2017, n.5042; Cons. St., sez. VI, 12.9.2017, n. 4323).

Vedasi:”Il riparto di giurisdizione nelle espropriazioni”

Le modalità applicative

Ciò premesso, non può attribuirsi rilievo in termini dirimenti, alla circostanza che i titoli abilitativi siano stati rilasciati prima della stessa adozione del provvedimento di concessione.

Tale circostanza impone infatti un approfondimento sulla tipologia di procedimento, onde individuare, in ragione della disciplina di riferimento, le modalità di estrinsecazione dall’Autorità procedente nella fase di acquisizione di tali elementi conoscitivi e del conseguente scrutinio (id est i titoli edilizi), potendo apprezzarsi solo in stretta correlazione ad essa la natura e la consistenza della posizione soggettiva vantata dal beneficiario del contributo, unico criterio discretivo utile per sciogliere la riserva sulla giurisdizione.

Anche il dato cronologico del rilascio di titoli edilizi – che siano funzionali ai fini dell’ammissione di un progetto ai finanziamenti – rispetto a quello di definizione del procedimento di concessione può assumere rilievo sintomatico di un vizio genetico del provvedimento finale solo nel caso in cui l’elemento incida sul piano dinamico in termini di condizionamento dei dati conoscitivi assorbiti nel procedimento successivo il cui atto finale formi oggetto del provvedimento di ritiro (quale che sia il nomen utilizzato).

In tale caso, infatti, il provvedimento finale di concessione, ove strutturalmente illegittimo per effetto di un vizio conoscitivo che si propaga nella sequenza degli atti procedimentali fino a condizionare il provvedimento finale, può formare oggetto di un riesame da parte dall’Amministrazione che, nell’esercizio delle sue potestà, potrebbe porre in essere atti autoritativi suscettibili di assumere le forme di interessi legittimi oppositivi, attratti, quanto alla cognizione giurisdizionale, dalla giurisdizione amministrativa.

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Sentenza collegata

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Avv. Biamonte Alessandro

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