Minaccia a pubblico ufficiale: basta reazione minatoria?

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Quando la reazione genericamente minatoria del privato non integra il delitto di cui all’art. 336 c.p.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 336)
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Corte di Cassazione -sez. VI pen.- sentenza n. 28223 del 16-03-2023

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Indice

1. La questione


La Corte di Appello di Ancona confermava una condanna alla pena di mesi otto di reclusione pronunciata, in esito a rito abbreviato, dal Tribunale di Macerata per i reati di evasione nonché di resistenza – in motivazione riqualificato in quello di minaccia a pubblico ufficiale – riuniti nel vincolo della continuazione.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure la difesa dell’imputato proponeva ricorso per Cassazione deducendo, tra i motivi ivi addotti, inosservanza o erronea applicazione dell’art. 336 c.p. e di illogicità della motivazione.


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2. La soluzione adottata dalla Cassazione


La Suprema Corte riteneva il motivo summenzionato fondato.
In particolare, gli Ermellini reputavano come non potesse assumere valenza intimidatrice e, dunque, idoneità a coartare la libertà del pubblico agente nello svolgimento del suo servizio – che va valutata esclusivamente su base oggettiva, in ragione, cioè, delle modalità e circostanze dell’azione – la preannunciata determinazione di adire il giudice, trattandosi di una prospettazione che non ha alcuna capacità costrittiva della libertà di determinazione e di azione dell’agente pubblico a cui venga rivolta pur quando la stessa sia palesemente infondata, e, anzi, tanto più allorquando sia tale e di ciò il destinatario sia consapevole” perdendo essa, in tal caso, ogni connotazione ritorsiva, e dunque minacciosa, anche soltanto implicita od obliqua (in questo senso, con riguardo alla prospettazione di adire il giudice civile (Sez. 6, n. 13156 del 4 marzo 2020; Sez. 6, n. 5300 del 12/01/2011), tenuto conto altresì del fatto che, con riguardo alle ulteriori espressioni pronunciate all’indirizzo dei militari, la giurisprudenza di legittimità ha condivisibilmente affermato che non integra il delitto di cui all’art. 336 c.p. la reazione genericamente minatoria del privato, mera espressione di sentimenti ostili non accompagnati dalla specifica prospettazione di un danno ingiusto, che sia sufficientemente concreta da risultare idonea a turbare il pubblico ufficiale nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali (Sez. 6, n. 6164 del 10/01/2011).

3. Conclusioni


La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando la reazione genericamente minatoria del privato non integra il delitto di cui all’art. 336 c.p..
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che non integra il delitto di cui all’art. 336 c.p. la reazione genericamente minatoria del privato, mera espressione di sentimenti ostili non accompagnati dalla specifica prospettazione di un danno ingiusto, che sia sufficientemente concreta da risultare idonea a turbare il pubblico ufficiale nell’assolvimento dei suoi compiti istituzionali.
Dunque, ove si verifichi una situazione di questo genere, ben si potrà intraprendere una valida linea difensiva con cui sostenere l’insussistenza di tale illecito penale.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica giuridica sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere che positivo.

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