Approfondimento sul lodo arbitrale irrituale, nello specifico sull’impugnazione per errore e rimedi all’errore in iudicando.
Per approfondimenti in materia si consiglia il seguente volume: Negoziazione assistita, Mediazione civile e Arbitrato dopo la Riforma Cartabia
Indice
1. Premessa
Nel panorama giuridico contemporaneo, l’arbitrato rappresenta un’interessante – e frequentemente più celere – alternativa finalizzata alla risoluzione di un’ampia varietà di controversie. Nello specifico, il ricorso agli arbitri così come disciplinato dagli artt. 806-832 c.p.c. si affianca ad una diversa modalità irrituale (detta anche arbitrato contrattuale nella prassi) che negli ultimi decenni ha assunto maggiore rilevanza nel diritto positivo e che, in talune circostanze, risulta più appetibile per la sua accentuata riservatezza e flessibilità procedurale.
Sebbene dal punto di vista delle controversie arbitrabili e dell’ossatura del procedimento le due figure di arbitrato siano accomunabili, emergono sostanziali differenze nella valutazione del regime e delle implicazioni dei lodi emessi, con particolare riguardo alle modalità di impugnazione.
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Negoziazione assistita, Mediazione civile e Arbitrato dopo la Riforma Cartabia
Il volume esamina le novità introdotte dalla Riforma Cartabia in materia di Negoziazione assistita (D.L. n. 132 del 2014, convertito con Legge n. 162 del 2014), Mediazione civile (D.Lgs. n. 28 del 2010) e Arbitrato (Libro quarto, titolo VIII del Codice di procedura civile).Oltre al raffronto tra il testo previgente e quello novellato, per ogni articolo modificato è riportato un commento su tutte le novità, con spazio dedicato ai relativi riflessi operativi.La Negoziazione assistita ha subìto un restyling estendendone la portata anche alle controversie di lavoro e, in materia di famiglia, alle controversie sullo scioglimento delle unioni civili, sull’affidamento e sul mantenimento dei figli naturali, oltre alle vertenze in materia alimentare. Le convenzioni di negoziazione assistita potranno altresì prevedere il ricorso a strumenti di “istruzione stragiudiziale”, quali l’acquisizione di dichiarazioni di terzi e le dichiarazioni confessorie.Per la Mediazione civile e commerciale, le principali aree di intervento hanno riguardato: la nuova disciplina del procedimento, l’estensione delle materie soggette a obbligatorietà, la formazione dei mediatori e la qualità del servizio fornito sia dagli organismi di mediazione che dagli enti formatori.Con riferimento all’Arbitrato si è puntato soprattutto a fornire un quadro unitario della materia (con riordino dell’impianto sistematico delle disposizioni e introduzione nel codice di rito delle norme dedicate all’arbitrato societario), a disciplinare i poteri cautelari del collegio arbitrale e a rafforzare le garanzie di imparzialità degli arbitri, apportando diverse modifiche alle relative disposizioni contenute nel Codice di procedura civile.È previsto un aggiornamento online del volume per i mesi successivi alla pubblicazione.Elisabetta MazzoliAvvocato, mediatore docente abilitato dal Ministero della giustizia per la formazione di mediatori civili e commerciali. Professore a contratto di Diritto della mediazione presso l’UNICUSANO di Roma per gli a.a. dal 2010/2011 al 2022/2023. Componente della Commissione “ADR, Mediazione, Arbitrato” dell’Ordine degli Avvocati di Spoleto.Daniela SavioAvvocato del foro di Padova, mediatrice civile e commerciale, mediatrice familiare e counselor. Formatrice per mediatori civili e commerciali e autrice di numerose pubblicazioni in materia di ADR.Andrea Sirotti GaudenziAvvocato, docente universitario e arbitro internazionale. Docente accreditato dal Ministero della Giustizia con riferimento alla materia della mediazione e responsabile scientifico di vari enti. Direttore di collane e trattati giuridici, è autore di numerosivolumi. Magistrato sportivo, attualmente è presidente della Corte d’appello federale della Federazione Ginnastica d’Italia.
Elisabetta Mazzoli, Daniela Savio, Andrea Sirotti Gaudenzi | Maggioli Editore 2023
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2. Il lodo arbitrale irrituale come negozio compositivo
L’art. 808-ter c.p.c., inserito solo a seguito di riforma avvenuta nel 2006, consente alle parti in contrasto tra loro di derogare alla naturale efficacia del lodo arbitrale – equiparato dalla legge in tutto e per tutto ad una sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, fatta eccezione per la sua incapacità ab origine di costituire un valido titolo esecutivo – stabilendo per iscritto che la lite venga composta dagli arbitri “mediante determinazione contrattuale”. In questa ipotesi è corretto pensare all’arbitro come un terzo, cui le parti possono dare l’incarico di porre in essere il contenuto di un contratto da riferirsi alle parti stesse, dalla cui volontà discende [1].
In altre parole, le parti, mediante la convenzione di arbitrato, conferiscono agli arbitri il mandato di riempire di contenuto un contratto solutore di controversie, attraverso il quale si giunge all’acquietamento degli interessati e alla creazione di certezza in merito ad una determinata situazione che risulti controversa in fatto e in diritto. In quest’ultimo caso, pur realizzando nella sostanza una definizione della lite come farebbe una sentenza dell’autorità giudiziaria, all’arbitro è conferito il solo potere di porre in essere il contenuto di un negozio compositivo, già virtualmente previsto dalle parti al tempo della convenzione di arbitrato. Qualificata la forma di arbitrato come irrituale, emerge la comune intenzione delle parti di “escludere quell’efficacia di sentenza divenuta ex lege propria del dictum degli arbitri rituali, suscettibile di essere reso esecutivo e trascrivibile” [2].
Parte della precedente dottrina qualificava il lodo irrituale come risultato di un’operazione di arbitraggio del contenuto di un contratto di transazione o un negozio di accertamento; nell’ipotesi transattiva, infatti, l’arbitro – che nello specifico assomiglia più ad un arbitrator – dirimerebbe la lite attraverso il principio di aliquid datum aliquid retentum, basandosi su un giudizio di equità relativo alla controversia [3]. Tuttavia, poiché è da escludere che l’arbitrato irrituale obblighi sempre a reciproche concessioni, sempre con riferimento alla dottrina che antecede l’introduzione dell’art. 808-ter, si concepisce la soluzione di un mandato conferito all’arbitro di accertare il rapporto tra le parti (mediante un negozio di accertamento, appunto), valorizzando l’idea per cui che se i privati possono regolare i propri rapporti allo stesso modo devono poterli anche accertare [4].
Come già dato ad intendere, e volendo evitare eccessive elucubrazioni dottrinali circa la natura del lodo irrituale – che richiederebbero, tra l’altro, un delicato contemperamento con la volontà compositiva delle parti – si opta per l’attribuzione di una specifica causa del negozio solutore della controversia. Tale soluzione trova solido appoggio normativo all’art. 1322, co. 2, c.c. che permette alle parti di “concludere contratti che non appartengano ai tipi aventi una disciplina particolare, purché siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico”.
3. L’impugnazione del lodo irrituale
Considerata la storica ricostruzione della figura dell’arbitrato irrituale sul piano meramente negoziale, si riconosce ampiamente in dottrina e giurisprudenza che l’impugnazione della determinazione dell’arbitro debba essere risolta all’interno dello stesso quadro negoziale. Precedentemente alla riforma del 2006, infatti, si ritenevano applicabili esclusivamente le classiche impugnative negoziali legate alla inefficacia, nullità e annullabilità dei contratti, nonché le particolari ipotesi di invalidità previste per il contratto di transazione ex artt. 1965 ss. c.c.
Fatta questa breve premessa, è logico che, esclusa la ritualità dell’arbitrato libero e non potendo quindi il suo provvedimento decisorio dirsi equiparabile ad una sentenza del giudice, il lodo irrituale non possa risultare compatibile con i mezzi di impugnazione previsti dagli artt. 827 ss. c.p.c. Venendo ad oggi, l’art. 808-ter, co.2, c.p.c. consente al giudice di annullare il lodo contrattuale in guisa di giudizio dichiarativo di primo grado per: a) invalidità della convenzione arbitrale; b) contenuto del lodo esorbitante dai limiti della convenzione arbitrale; c) nomina degli arbitri difforme rispetto alle modalità pattuite; d) pronuncia del lodo da parte di arbitro incapace ex art. 812 c.p.c.; e) mancato rispetto delle regole “imposte dalle parti come condizione di validità del lodo”; f) violazione del principio del contraddittorio.
Sulla possibilità di esperire ancora i normali rimedi di impugnativa negoziale avverso il lodo contrattuale, in assenza di un’espressa statuizione da parte del legislatore, la dottrina pare non adottare ancora un comune orientamento. Taluni autorevoli autori [5] sostengono che i motivi di impugnazione codificati all’art. 808-ter, co. 2 c.p.c. vadano ad aggiungersi ai rimedi tradizionali. Altri sostengono, invece, che i motivi introdotti dalla novella legislativa siano, prima facie, tassativi, sbarrando così la strada alle impugnazioni del lodo per inefficacia, nullità e annullabilità dei contratti del negozio compositivo [6].
Pur rimanendo tutt’ora una questione controversa, la giurisprudenza in materia tende frequentemente ad abbracciare la prima ipotesi; in alcune sentenze si legge infatti che “i motivi di annullabilità elencati nell’art. 808-ter c.p.c. non sono pertanto tassativi ed esaustivi e la domanda di annullamento del lodo per errore essenziale nella formazione della volontà arbitrale per errata percezione dei fatti posti a fondamento della decisione assunta è ammissibile” [7]. Sempre facendo leva sulla natura negoziale del lodo irrituale, la Suprema Corte stabilisce che “il lodo può essere impugnato esclusivamente per quei vizi che determinano la nullità o annullabilità dell’impegno (quali la incapacità e i vizi del consenso, tanto delle parti quanto degli arbitri)” [8].
4. La rilevanza dell’errore nell’impugnazione e gli errori di diritto
Procedendo nell’analisi, in linea con l’orientamento prevalente della giurisprudenza, che tende a non considerare i motivi di annullabilità del lodo irrituale elencati nell’articolo 808-ter c.p.c. come tassativi, ci si accinge ad esplorare la possibilità di impugnare il lodo irrituale per errore essenziale. Questa prospettiva apre la strada all’esame delle circostanze in cui un errore nella formazione della volontà arbitrale, dovuto a una errata percezione dei fatti fondamentali della controversia, possa legittimare la richiesta di annullamento del lodo. Tale approccio si fonda sulla considerazione che esista sufficiente spazio per contestare la validità del provvedimento arbitrale quando emergano vizi significativi che ne compromettano l’equità e la correttezza, come nel caso di errori che influenzino profondamente la decisione.
Innanzitutto, perché l’errore possa fondare la richiesta di annullamento di un contratto, questo deve risultare essenziale; l’errore deve pertanto essere sufficiente a deviare la volontà degli arbitri tramite una falsa rappresentazione della realtà o un’alterata percezione dei fatti esaminati. In modo molto chiaro si è espressa più volte la Corte di Cassazione, affermando che “il lodo può essere impugnato per errore essenziale esclusivamente quando la formazione della volontà degli arbitri sia stata deviata da un’alterata percezione o da una falsa rappresentazione della realtà e degli elementi di fatto sottoposti al loro esame (c.d. errore di fatto), e non anche quando la deviazione attenga alla valutazione di una realtà i cui elementi siano stati esattamente percepiti (c.d. errore di giudizio)” [9]. Ne consegue che l’errore di applicazione della legge sostanziale o di ermeneutica contrattuale da parte degli arbitri irrituali non sembrerebbe avere alcun rilievo qualora una parte reputasse il negozio compositivo ingiusto e decidesse di impugnare il provvedimento arbitrale. A titolo di esempio, la parte potrà quindi agire per l’annullamento del lodo quando risulti possibile dimostrare che gli arbitri abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà “per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa” [10] e non per errori “attinenti alla determinazione da essi adottata sulla base del convincimento raggiunto dopo aver interpretato ed esaminato gli elementi acquisiti” [11].
A questo punto è lecito domandarsi quale possa essere il rimedio adottabile dalla parte che lamenti un errore di diritto nella formazione del provvedimento da parte dell’arbitro irrituale. La soluzione appare assai logica e si rinviene nella natura contrattuale del lodo, non suscettibile di immediata esecuzione forzata ed incompatibile con l’exequatur. Quest’ultimo, infatti, consentirebbe alla controparte di avviare il processo esecutivo, situazione manifestamente incompatibile con la struttura e le finalità del lodo stesso. Si ribadisce con enfasi che, a seguito decisione dell’arbitro irrituale, le parti non hanno altro che un contratto solutore della controversia tra le mani e che, sebbene rappresenti l’esito di un processo di valutazione e composizione da parte di un arbitro “terzo ed imparziale”, non riveste in alcuna circostanza l’autorità propria di una sentenza.
Qualora la parte vittoriosa decidesse di procurarsi un titolo esecutivo, a fronte di un lodo irrituale di condanna non adempiuto, dovrà intraprendere la tortuosa via del processo di cognizione o, qualora l’oggetto della prestazione rientri nei casi previsti dall’art. 633 c.p.c., chiedere un decreto ingiuntivo fornendo a prova dell’esistenza del suo diritto il provvedimento arbitrale unitamente alla convenzione di arbitrato. Ecco che il convenuto (o l’ingiunto nel giudizio di opposizione tempestivamente promosso) potrà dunque far valere le proprie ragioni e sollevare, in via di eccezione, la presunta invalidità del lodo irrituale. A fronte di un provvedimento verosimilmente ingiusto poiché viziato da errori di diritto dell’arbitro, nelle vesti di un amichevole compositore della controversia, la parte soccombente non deve quindi attivarsi e adire il giudice per l’annullamento – che come visto poc’anzi si pone a sfavore delle ragioni fondate sugli errori in iudicando – ma rimanere inerte e attendere che gli venga attribuita la possibilità di eccepire l’invalidità del lodo in un giudizio ordinario di cognizione o di opposizione al decreto ingiuntivo.
Note
- [1]
Consolo C., Spiegazioni di diritto processuale civile, Vol. 1, (Giappichelli, 2023), p. 557;
- [2]
Cass., Sez. II, 13 aprile 2022, n. 12058;
- [3]
Furno C., Appunti in tema di arbitramento e di arbitrato, in Riv. dir. proc., (1951), p. 165;
- [4]
Ascarelli T., Arbitri e arbitratori, in Riv. dir. proc., (1929), p. 308 e ss.;
- [5]
Così Corsini T., Prime riflessioni sulla nuova riforma dell’arbitrato, in Contratti, 2006, p. 517 e Bove M., Ancora sull’arbitrato irrituale, in Judicium.it, p. 34 e ss.
- [6]
Così Consolo C., Spiegazioni di diritto processuale civile, Vol. 1, (Giappichelli, 2023), p. 583;
- [7]
Tribunale Novara sez. lav., 15 novembre 2018, n.245;
- [8]
Cass., Sez. I, 18 giugno 2014, n. 13899;
- [9]
Cass., Sez. I, 18 maggio 2021, n. 13522;
- [10]
Tribunale Milano sez. lav., 9 novembre 2022, n.2006;
- [11]
ibid.
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