Il lodo nel diritto italiano-Schede di Diritto

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Il lodo, nel diritto italiano, sta a indicare il negozio giuridico con il quale si conclude un arbitrato. Se destinato a produrre gli effetti relativi alla sentenza pronunciata da parte dell’autorità giudiziaria (arbitrato rituale), si parla di lodo arbitrale, mentre, dove abbia efficacia semplicemente negoziale (arbitrato irrituale), viene detto lodo negoziale.
L’istituto giuridico è regolato dal Libro IV, Capo IV del codice di procedura civile.
Con il significato formale del termine, si è affermato impropriamente, nel linguaggio politico-giornalistico, l’utilizzo di denominare “lodo” alcune leggi.

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Indice

1. Le origini del termine lodo nel diritto italiano


Il termine lodo deriva dal latino laudum che voleva designare l’approvazione del signore feudale. Laudum con il significato di giudizio scritto è presente nel 976 in un documento nella città di Piacenza, mentre la frase Sententia laudi si ritrova in un documento del 1203 nella città di Volterra nel cosiddetto Lodo tra Ildebrando vescovo e Ranieri potestà di Volterra per la restituzione del castello di Pomarance.
Come riporta l’enciclopedia libera Wikipedia, il termine derivato dal verbo lodare si ritrova in documenti del 1353 a Orvieto e del 1374 nel territorio del monte Amiata, con il significato di arbitrare.
Oggi il lodo nel diritto è la decisione emessa da arbitri imparziali che concludono un conflitto di interessi attraverso un compromesso tra le parti interessate.


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2. La disciplina normativa


Secondo la vigente disciplina del codice civile del 1942, al termine del procedimento arbitrale, gli arbitri devono obbligatoriamente depositare il lodo in Cancelleria del Tribunale nel termine perentorio di 5 giorni.
Se il deposito non dovesse avvenire, il lodo è giuridicamente inesistente e non ha efficacia negoziale tra le parti, le quali non possono neanche avviare le azioni ordinarie previste nei casi di violazione di un contratto, limitandosi a un’azione risarcitoria verso gli arbitri inadempienti e infedeli.
Dopo il deposito, il Pretore, figura oggi sostituita dal cosiddetto Giudice Unico di Primo Grado, firma un decreto di esecutività, con il quale il lodo acquista efficacia esecutiva, vale a dire, assume il valore e produce stessi gli effetti di una sentenza.
Con la Legge n.28/1983, il lodo è diventato vincolante tra le parti dal momento della sua ultima sottoscrizione, e il deposito è diventato facoltativo.
Lo stesso resta condizione per il decreto pretorile di esecutività, ma il lodo vale da subito come contratto.
Nelle competenze arbitrali, è inclusa la pronuncia su un conflitto di diritti soggettivi.
Con la Riforma del 1994, a parte l’immediata vincolatività, anche l’impugnazione per nullità è svincolata dal deposito del lodo, il quale, appena emesso, può essere impugnato per nullità.
Diventa un atto non appellabile, ma impugnabile, esclusivamente in determinati casi di censura con impugnazione vincolata (art. 829 c.p.c.).
Il Decreto Legislativo 19 febbraio 1998 n. 51 ha disposto la soppressione della figura del Pretore sostituendolo con il Giudice di Tribunale detto anche Giudice Unico di Primo Grado, a partire dal 2 giugno 1999 per i processi civili e dal 2 gennaio 2000 per i processi penali, il quale decide in composizione monocratica, escluse alcune ipotesi nelle quali è tassativamente prevista la composizione collegiale

3. Il lodo nel linguaggio politico-giornalistico


Nel linguaggio politico – giornalistico, a cominciare dal cosiddetto Lodo De Gasperi  del 1946 e in particolare modo dopo il cosiddetto Lodo Maccanico del 2003, si è affermata l’abitudine di utilizzare il termine lodo per denominare in modo informale alcuni provvedimenti legislativi, attribuendo al termine stesso un significato molto diverso da quello tradizionale del linguaggio giuridico

4. I casi famosi


In relazione ai casi famosi possiamo ricordare il Lodo Mondadori, il Lodo De Gasperi, il Lodo Moro, il Lodo Schifani, il Lodo Alfano, il Lodo Lauricella, il Lodo Fanfani.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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