Arbitrato e conciliazione: quali le differenze tra loro?

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L’arbitrato (dal latino arbitratus, lett. “giudizio”) è un metodo alternativo di risoluzione delle controversie, vale a dire, senza ricorso ad un procedimento giudiziario, note anche come ADR.
La conciliazione, nel diritto italiano, è un modo di risoluzione delle controversie civili attraverso il quale le controparti raggiungono un accordo mediante l’ausilio di un terzo.

Indice

1. Le origini dell’arbitrato

La possibilità delle parti di escludere il giudice investito della cognizione della lite, sottraendogli il potere di decidere sulla controversia, trae origine nell’istituto del diritto romano della ricusazione, il diritto processualedelle due parti di accordarsi e di far valere un motivo impediente per la prosecuzione del giudizio con un giudice specifico.
In Italia, caduto in disuso, esiste dai tempi del fascismo il Giurì d’onore, al quale le parti possono deferire irrevocabilmente le liti per i reati di ingiuria e diffamazione, senza obbligo di produrre al giudice una giusta causa oppure un giustificato motivo.
In modo simile ai grand jury dei Paesi anglosassoni, l’arbitrato in Italia è stato in passato una fase obbligatoria prima di poter agire in giudizio per varie materie del contendere nel diritto privato (lavoro, condominio, banche), con tentativi ripetuti da parte dei legislatori di rendere i lodi arbitrali un atto avente forza di legge tra le parti, che precludeva in toto oppure in casi specifici molto circostanziati la possibilità successiva di adire il giudice. 
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2. L’arbitrato secondo il diritto italiano

L’istituto dell’arbitrato è previsto dal codice di procedura civile (libro IV, titolo VIII, artt. 806-840).
 Ai sensi dell’articolo 806, comma1, del codice di procedura civile:
Le parti possono far decidere da arbitri le controversie tra di loro insorte che non abbiano per oggetto diritti indisponibili, salvo espresso divieto di legge.
 Il comma 2 dello stesso articolo specifica che
Le controversie delle quali all’articolo 409 del codice di procedura civile, vale a dire quelle per le quali trova applicazione il cosiddetto rito del lavoro, possono essere decise da arbitri solo se previsto dalla legge o nei contratti o accordi collettivi di lavoro.
 L’accordo con il quale le parti convengono di deferire agli arbitri la decisione della controversia (convenzione di arbitrato) viene denominato compromesso, se concluso a controversia insorta (art. 807 cod. proc. civ.) oppure clausola compromissoria, se concluso per risolvere una possibile controversia futura in materia contrattuale (art. 808 c.p.c.).
È anche possibile concludere una convenzione di arbitrato per risolvere possibili controversie future in materia extracontrattuale, purché siano determinati i rapporti dai quali possono sorgere (art. 808/bis c.p.c.).
 La decisione pronunciata dagli arbitri, denominata lodo, produce gli stessi effetti della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria (art. 824/bis c.p.c.), con la sola eccezione dell’efficacia esecutiva. Per eseguire il lodo in Italia è necessario che esso venga dichiarato esecutivo dal Tribunale nel cui circondario è la sede dell’arbitrato nel cui ambito è stato pronunciato (art. 825 c.p.c.).
 Esiste però un altro tipo di arbitrato, denominato irrituale, che si conclude con un lodo che, in deroga a quanto previsto dall’articolo 824 bis del codice di procedura civile, ha gli effetti di una determinazione contrattuale e come tale è annullabile, al ricorrere dei vizi previsti dalla legge, nell’ambito di un procedimento ordinario di cognizione promosso avanti il giudice statale
(art. 808 ter c.p.c.).
Il lodo rituale è soggetto ai mezzi di gravame dell’impugnazione per nullità, della revocazione e dell’opposizione di terzo.
 Procedimento arbitrale
 Il procedimento arbitrale nasce dalla domanda di arbitrato, l’atto con il quale viene individuato l’oggetto del processo dal punto di vista dell’attore.
La proposizione della domanda di arbitrato è equiparata alla domanda proposta in sede giurisdizionale, si può ricordare che:
 1) La proposizione della domanda di arbitrato interrompe la prescrizione e determina la sospensione del suo corso, dal momento nel quale viene proposta sino al momento nel quale la decisione dell’arbitro (collegio arbitrale) non sia più impugnabile.
 2) La domanda di arbitrato può essere trascritta, al pari della domanda giudiziale, in relazione a beni immobili e beni mobili registrati.
 Una volta iniziato il processo arbitrale può succedere che una delle parti proponga un’eccezione relativa all’interpretazione, alla validità e all’efficacia della convenzione di arbitrato.
 Durante il processo arbitrale vengono poste al giudice questioni che non rientrano all’interno, che esorbitano dalla previsione della clausola compromissoria e patto compromissorio (si parla di competenza dell’arbitro come dell’esistenza del potere di giudicare nel merito la controversia).
Se la relativa eccezione di incompetenza non è fatta valere durante il procedimento, una volta emesso il lodo, questo non è più impugnabile per vizio di incompetenza dell’arbitro.
Si viene a creare un compromesso tacito.
Allo stesso modo, l’eccezione di incompetenza per inesistenza, invalidità e inefficacia della convenzione di arbitrato va fatta valere nella prima difesa successiva alla nomina degli arbitri.
 Classificazioni
 L’arbitrato può essere classificato secondo vari metodi.
Una prima grande classificazione si rinviene in relazione all’efficacia del provvedimento (il lodo) con il quale si conclude il procedimento arbitrale.
 Se il lodo è destinato a produrre gli effetti propri della sentenza pronunciata dall’autorità giudiziaria, si parla di arbitrato rituale.
Se il lodo ha efficacia negoziale si ha l’arbitrato irrituale.
 L’arbitrato viene distinto in arbitrato secondo diritto o arbitrato in equità, a seconda che gli arbitri giudichino durante il procedimento secondo le norme sostanziali di un certo ordinamento giuridico o secondo metodi equitativi.
 Un’altra distinzione può essere fatta tra arbitrato interno e arbitrato internazionale.
L’arbitrato internazionale, più precisamente detto arbitrato commerciale internazionale, al fine di non confonderlo con l’arbitrato tra Stati, è relativo a quelle controversie che hanno un particolare carattere di transnazionalità.
Ad esempio tra parti una italiana e l’altra straniera, oppure quando l’oggetto della controversia sottoposta all’arbitrato sia relativa al diritto del commercio internazionale.
 Le camere arbitrali
 In Italia le camere arbitrali sono istituite sia dalle Camere di Commercio, sia da associazioni ed enti privati come ad esempio la Corte arbitrale Europea Delegazione italiana, la Camera Arbitrale INMEDIAR dell’Istituto nazionale per la mediazione e l’arbitrato, l’AIA (Associazione italiana per l’arbitrato) o l’ANPAR (Associazione nazionale per l’arbitrato e la conciliazione). 
 

3. La descrizione della conciliazione

È disciplinata dal Decreto Legislativo n. 24/ 2010 e tendenzialmente la conciliazione è possibile in ogni settore, ma al pari dell’arbitrato, presuppone che la lite sia relativa ai cosiddetti diritti disponibili, vale a dire, i diritti dei quali i soggetti possono disporre, di solito di tipo patrimoniale.
 La conciliazione ha assunto un diverso e significato, quello di possibile esito positivo della cosiddetta Mediazione Civile, che rappresenta un altro istituto giuridico finalizzato, per espressa previsione normativa, a fare arrivare le parti a una conciliazione. 

4. Le tipologie di conciliazione

La conciliazione in materia di lavoro è possibile che abbia luogo in tre modalità:
 ·         Conciliazione stragiudiziale, regolata dal Codice di procedura civile agli articoli 410 e seguenti
·         Conciliazione monocratica, regolata dall’articolo 11 del Decreto Legislativo n. 124/2004
·         Conciliazione sindacale, prevista dai contratti o accordi sindacali.

Dott.ssa Concas Alessandra

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