La mediazione al servizio della famiglia

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Le dinamiche di intervento della mediazione nei contesti familiari ove si rende necessario il sostegno di un terzo qualificato

Indice

1. La mediazione familiare nel presente

“A volte le relazioni si rompono, si lavora per ripararle ma non sempre ci si riesce. […] Parlarsi. Accettare la realtà rotta. Lasciarsi con rispetto. Continuare a collaborare. Essere grati di quel che è stato. Della lunga bella storia che si è costruita. Preservare sopra ogni cosa le vite che abbiamo generato, se ci sono. Può essere un matrimonio a finire. […] Oppure un affetto famigliare: una lite lo corrompe, una grave ingiustizia economica, una maldicenza” (la scrittrice Mariapia Veladiano). Bisogna costruire la coppia e, poi, la famiglia sulla reciprocità della comunicazione e del rispetto senza dare nulla per scontato (basilare è la conoscenza di se stessi: “Se temo gli scontri è forse perché ho una storia segnata dai conflitti, magari vissuti in famiglia, e ho l’angoscia di alcune scene che mi porto dentro. Ecco perché sono accomodante e cerco sempre di adeguarmi e faccio il bravo bambino” [cit.]), senza lasciar correre, senza dire che “l’importante è volersi bene”, che “tanto si sa che gli voglio bene” o altre dinamiche invalse nella vita di coppia e di famiglia e che portano, alla lunga, a incomprensioni e tensioni. La famiglia non deve trasmettere solo il codice genetico ma anche altri codici “esistenziali”. Per l’autoregolazione della vita di coppia fondamentali e sempre attuali gli artt. 143 e 144 cod. civ.. Quando, per qualsiasi ragione, vacilla la capacità di autoregolazione si può prospettare un intervento qualificato, come quello della mediazione familiare.
Il filosofo francese Paul Ricoeur parlava, in “Sé come un altro”, di “etica ternaria della persona”, i cui elementi costitutivi sono la stima di sé, il rapporto con l’altro, la realizzazione di istituzioni sociali capaci di costruire la società nuova. È questo “l’impianto” essenziale dell’art. 2 della Costituzione, della famiglia (art. 29 Cost.) e della mediazione familiare.
La famiglia è una commistione di confidenze, confini, conflitti, confusioni, conforti, confronti. La vita familiare è la ricerca dell’omeostasi tra i vari elementi e le varie componenti. Quando questo meccanismo s’incrina, si ha un intervento di un terzo o, comunque, dall’esterno, per esempio l’intervento del giudice, come previsto nell’inattuato art. 145 cod. civ., o la mediazione familiare.
Lo psicologo e psicoterapeuta Fulvio Scaparro scrive: “Perché le vittime non siano lasciate sole non bastano buone parole e un’indignazione rituale, ma una vicinanza fisica, un sostegno concreto, e un impegno collettivo per non dimenticare quanto è avvenuto, e per prevenire la violenza e il terrorismo anche attraverso un forte impegno nella diffusione della pace e di una maggiore giustizia sociale”. “Impegno nella diffusione della pace e maggiore giustizia sociale”: questo il senso e lo scopo di ogni forma di mediazione, da quella familiare a quella penale.
Matrimonio: tanto per prepararsi e poco per separarsi (o viceversa). Per fare da ponte nel tempo della separazione può essere necessario l’intervento della mediazione familiare. “Mediazione familiare: non scendere ma salire a compromessi” (Fulvio Scaparro, pioniere della mediazione familiare in Italia). La mediazione ridà il giusto significato a “compromesso”, dal verbo latino “compromettere”, obbligarsi insieme. La vita di coppia e la vita di famiglia sono un continuo salire a compromessi e non scendere a compromessi. È un salire verso l’altro, un salire da cadute, un salire dai propri abissi.
Dall’esasperazione alla separazione, dalla separazione all’esasperazione: il circolo vizioso di alcune coppie. Quando si perde la consapevolezza della situazione e si interrompe ogni comunicazione sarebbe il caso di rivolgersi a terzi, possibilmente professionisti, come nella mediazione familiare. “I figli hanno il diritto di non assistere e di non subire i conflitti tra genitori, di non essere costretti a prendere le parti dell’uno o dell’altro, di non dover scegliere tra loro. I figli hanno il diritto di non essere costretti a schierarsi con uno o con l’altro genitore e con le rispettive famiglie” (punto n. 7 Carta dei diritti dei figli nella separazione dei genitori, 2018).
La mediazione familiare aiuta le parti a passare da uno stato di conflittualità alla contestualità dello stato, ovvero dal litigare per tutto e non riuscire più a gestire la quotidianità a rendersi conto almeno per cosa o chi si stia litigando e “aprire le trattative per un armistizio”.

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2. La mediazione familiare per il futuro

La mediazione familiare era una nuova professione e rimane una professione nuova, perché disostruisce il vecchio e costruisce (e non istruisce) il nuovo, per esempio è necessaria la collaborazione con una nuova figura di avvocato che si attenga al nuovo codice deontologico forense del 2018. Non insegna ai genitori ma consegna loro nuovi compiti e nuove capacità, perché non è una scuola per genitori ma, tutt’al più, una scuola di comunicazione.
In Spagna che, come il Portogallo, dedica attenzione esplicita ai problemi della terza età nella Carta costituzionale, l’associazione UNAF Spain, membro di COFACE  Families Europe, ha promosso (nel 2020) un servizio di “mediazione intergenerazionale” per facilitare il superamento dei conflitti che possono generarsi tra i membri della famiglia di età e generazioni differenti, soprattutto con i figli adolescenti, ma che viene proposta anche per genitori con figli adulti. La mediazione consiste in un processo strutturato, condotto da professionisti, le cui fasi principali sono un’intervista telefonica, una sessione informativa, una fase di pre-mediazione, la mediazione vera e propria, la valutazione finale e il monitoraggio successivo. Il servizio di mediazione intergenerazionale è di aiuto nella gestione delle crisi adolescenziali e delle questioni per l’assistenza dei familiari anziani.
“La mediazione assume come suo scopo precipuo la trasformazione delle relazioni che hanno generato il contrasto, mutando in ciascuno dei configgenti la percezione del punto di vista dell’altro e chiarendo, al contempo, il proprio, precisando gli obiettivi reali e le motivazioni che spingono a trovare vie d’uscita soddisfacenti per tutti. […] Soltanto tramite l’ascolto e la comprensione delle ragioni di entrambi i confliggenti si può pervenire all’accordo che non umili nessuno dei contendenti e riconosca a entrambi pari dignità” (Maria Martello, formatrice alla mediazione). La famiglia nasce dalla mediazione e funge da mediazione e, quando perde questa natura, abbisogna di mediazione in senso tecnico (come si ricava tra l’altro dal Piano Nazionale per la famiglia, adottato il 10 agosto 2022 nella sezione “Dinamiche familiari” e nell’azione “Sostenere le famiglie, supportare la stabilità della relazione, le competenze comunicative e la capacità genitoriale”).
Edoardo e Chiara Vian, esperti di famiglie in difficoltà, spiegano: “Le buone relazioni di coppia non sono quelle in cui si trovano soluzioni ai problemi, ma quelle in cui i membri continuano a parlarne e rimangono emotivamente disponibili. Si è calcolato che, solitamente, il 69 per cento dei problemi di coppia sono irrisolvibili, perché legati a differenze radicate. Quindi conta di più la capacità di riconnettersi emotivamente, che non quella di evitare di litigare”. Essere sposati o, comunque, vivere in coppia e fare famiglia non significa andare sempre “d’amore e d’accordo”, compiacere, assecondare, accondiscendere, ma concordare, mediare partendo dalla consapevolezza di sé e dell’altro e mantenendo la comunicazione con l’altro e anche con l’esterno, altrimenti si cade in un circolo vizioso di allontanamento o incistamento o laceramento. Ecco perché la riforma del diritto di famiglia del 1975 ha introdotto l’art. 144 cod. civ. “Indirizzo della vita familiare e residenza della famiglia” e l’art. 145 cod. civ. “Intervento del giudice” in caso di disaccordo, articoli trascurati o ignorati.  E la mediazione serve per dare un nuovo indirizzo alla vita familiare (seppure disgregata in residenze diverse) ed è un intervento che, prima o poi, finisce.
La mediazione richiede e promuove delle capacità, infatti si parla di “empowerment”. Quelle capacità e abilità personali che bisogna promuovere per stare bene con se stessi e gli altri: “La promozione della salute sostiene lo sviluppo individuale e sociale fornendo l’informazione e l’educazione alla salute, e migliorando le abilità per la vita quotidiana. In questo modo, si aumentano le possibilità delle persone di esercitare un maggior controllo sulla propria salute e sui propri ambienti, e di fare scelte favorevoli alla salute” (dalla Carta di Ottawa per la promozione della salute, 1986). Tutti i principi della Carta di Ottawa per la promozione della salute si possono riferire alla mediazione, in particolare la rubrica “Entrare nel futuro” e il contenuto del paragrafo così intitolato. Esplicativo l’enunciato: “La salute è creata prendendosi cura  di se stessi e degli altri, essendo capaci di prendere decisioni e di avere il controllo sulle diverse circostanze della vita”. “Controllo” (che deriva dal francese) significa letteralmente “registro che fa da riscontro al registro originale e serve a verificare i dati”: e nel progetto o accordo di mediazione vi è una rimodulazione dei ruoli familiari (si veda anche l’art. 337 octies cod. civ.).
“Non è bene affliggersi per il passato né angosciarsi per ciò che non si può rimediare. Guarda sempre al futuro! Perché solo il futuro è il regno della libertà…” (lo scrittore spagnolo Miguel de Unamuno): quello che dovrebbero rammentare i genitori quando si fanno avvinghiare dalla spirale dell’esacerbata conflittualità nelle crisi di coppia.
I sociologi Chiara Giaccardi e Mauro Magatti affermano: “[…] la speranza è una costruzione. Non è una collezione di buoni sentimenti, né è appannaggio delle anime belle. E richiede di coltivare un saper fare, saper vivere e saper pensare insieme alla capacità di mediare e di risolvere i conflitti, cui tutti, davvero tutti, siamo chiamati” (in “Nella fine è l’inizio. In che mondo vivremo”, 2020). Il diritto alla speranza si fonda pure sul fatto che bambini e ragazzi debbano essere preparati alla vita, alla loro vita, come si legge nel Preambolo della Convenzione Internazionale sui Diritti dell’Infanzia e dall’art. 29 lettera d della Convenzione. E la mediazione dà una nuova speranza, corrobora la speranza!

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