Trovata in condizioni fisiche precarie. Inequivocabile il quadro tracciato dagli uomini della Polizia, intervenuti su segnalazione di alcuni cittadini. Consequenziale il licenziamento della portalettere, rinvenuta in stato confusionale a causa dell’uso di droga.
È quanto confermato dalla Corte di Cassazione, sez. Lavoro, con la sentenza n. 9759 depositata il 12 maggio 2016.
Evidente la gravità della condotta della portalettere. La dipendente è stata «trovata, in orario di servizio, fuori dalla zona assegnatale» e «in evidente stato confusionale», frutto dell’«uso di sostanze stupefacenti» certificato dai risultati degli «esami tossicologici».
La dipendente si è trovata «in uno stato di grave depressione» a causa dei «rapporti con il suo ex compagno che la induceva» ad assumere droghe.
Per i giudici d’appello plurime le condotte illecite tenute dalla dipendente: «abbandono del posto di lavoro», «utilizzo del mezzo aziendale per fini privati», «uso di sostanze stupefacenti nell’orario di lavoro». Comportamenti, «contrari ai doveri nei confronti del datore di lavoro» e tali da «recare pregiudizio alla regolarità del servizio» – oltre che alla «sicurezza della lavoratrice e di terze persone» – e di una «gravità» evidente.
La logica conseguenza è, quindi, l’interruzione del «vincolo fiduciario» con l’azienda.
Gli Ermellini hanno confermato la legittimità del «licenziamento».
Anche per i Giudici della Suprema Corte le condotte della dipendente sono così gravi da ritenere impossibile la prosecuzione del rapporto.
Spiegano i giudici, infine, che anche la chance di usufruire di un «periodo di aspettativa» per sottoporsi a «trattamenti terapeutici» è stata persa dall’ex postina. La dipendente, infatti, avrebbe dovuto farne richiesta a tempo debito, ossia prima di commettere le violazioni che l’hanno condotta al licenziamento.
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