Lesione del diritto all’uso del nome e responsabilità dell’internet provider ex D.Lgs. 70/2003 (Tribunale di Bergamo sent. del 5 dicembre 2013)

Redazione 10/02/14
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La violazione del diritto al nome ed alla reputazione, valori tutelati dall’art. 2 della Costituzione e dagli artt. 6 e 7 c.c. e l’uso indebito del nome medesimo con modalità tali da ledere il diritto all’identità personale, inteso come diritto del soggetto ad essere tutelato contro attribuzioni estranee alla propria personalità, è predicabile anche in capo ad un ente collettivo.

Ai fini dell’applicabilità dell’art. 16 comma 1 lett. b) del d.lgs. 70/2003 non è necessario che la comunicazione dei fatti e/o delle circostanze che rendono manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione provenga direttamente dall’autorità giudiziaria o amministrativa competente essendo sufficiente la comunicazione dell’emissione del provvedimento sanzionatorio da parte dell’Authority fornita dal danneggiato medesimo.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Bergamo

Terza sezione civile

Il giudice designato, dr. Elena Gelato, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 1999 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2009 e pendente tra

M.C.A. Onlus, con sede in S. (BG), rappresentata e difesa dall’avv. Pierantonio Paissoni in forza di procura stesa a margine dell’atto di citazione

attrice

ED

A. S.r.l., con sede in S.G.T. (CH), rappresentata e difesa dagli avv.ti A.B. e S.B. giusta procura apposta a margine della comparsa di risposta

convenuta

E

H.T.C. S.r.l., con sede in C., contumace

convenuta

E

G.G., contumace

terzo chiamato

Oggetto: risarcimento danni.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione.

Le domande proposte dall’attrice nei confronti di *** s.r.l. sono fondate.

L’*** Onlus ha lamentato come la società convenuta avesse illecitamente inserito il nominativo dell’attrice nel sito internet denominato www.***.com, sito finalizzato ad agevolare incontri e conoscenze a sfondo erotico. In dettaglio ha evidenziato come su tale sito, allo scopo di incentivare le sottoscrizioni ai servizi offerti da ***, fossero stati reiteratamente inseriti riferimenti alla sua denominazione sociale e come sullo stesso fosse stato riportato il relativo logo, sul presupposto di un inesistente rapporto di collaborazione tra i due soggetti, in forza del quale ogni adesione al sito avrebbe comportato un automatico sostegno all’associazione. L’attrice, rilevando come tale abusivo accostamento fosse lesivo del suo diritto al nome ed alla reputazione, ha richiesto la condanna di *** s.r.l. all’eliminazione della condotta illecita nonché al risarcimento dei danni. Preliminarmente occorre dare atto della legittimazione passiva della società convenuta. La stessa ***, in sede di audizione nell’ambito del procedimento dinanzi all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, concluso con accertamento della natura di pubblicità ingannevole dei messaggi diffusi tramite s.m.s. e di quelli diffusi tramite il sito internet (con particolare riferimento all’accostamento del sito di incontri erotici con l’associazione MC), inibitoria all’ulteriore diffusione dei predetti messaggi pubblicitari ed irrogazione di sanzione a carico dell’odierna convenuta, ha riconosciuto, per quanto in questa sede interessi, di essere il soggetto al quale era riconducibile la diffusione dei richiamati messaggi dal sito internet ***.com e l’inserimento del riferimento a MC (si rimanda al doc. 10 di parte attrice). Si viene dunque alla disamina delle risultanze istruttorie. Le circostanze allegate da MC all’atto dell’introduzione del giudizio sono comprovate dalla documentazione dalla stessa prodotta, e segnatamente dai documenti che riproducono il contenuto del sito internet ***.com; tali emergenze sono corroborate dalla mancata presentazione del legale rappresentante della convenuta *** a rendere l’interrogatorio formale allo stesso deferito.

Per quanto necessario si ribadisce come la stessa ***, nell’ambito della memoria difensiva inviata al Garante nell’ambito del richiamato procedimento, avesse riconosciuto l’effettivo inserimento, nell’ambito del proprio sito internet, di riferimenti all’associazione umanitaria MC, sull’inesistente presupposto del rilascio di una previa autorizzazione da parte di tale soggetto. Alla luce dei descritti elementi le circostanze allegate dall’attrice, e poste a fondamento delle domande in questa sede azionate, devono ritenersi provate. Tanto premesso, non è contestabile la violazione del diritto al nome ed alla reputazione lamentata dall’attrice, valori tutelati dall’art. 2 della Costituzione e dagli artt. 6 e 7 c.c.La convenuta ha invero accostato l’associazione umanitaria MC alla propria attività, destinataria come premesso ad agevolare incontri per scopi erotici o sentimentali, e ciò in modo assolutamente ingiustificato, non essendo stata fornita alcuna prova del rilascio della necessaria autorizzazione da parte di MC. L’uso indebito del nome dell’attrice è poi certamente tale da ledere il diritto alla sua identità personale, inteso come diritto del soggetto ad essere tutelato contro attribuzioni estranee alla propria personalità e predicabile anche in capo ad un ente collettivo, avuto riguardo all’evidente discrasia tra le finalità di carattere umanitario perseguite dall’attrice e lo scopo lucrativo dell’attività gestita dalla convenuta, pubblicizzata per il tramite del richiamato sito internet a sfondo sessuale. Ciò posto, rilevata la cessazione della materia del contendere in ordine alla domanda di inibitoria, a fronte dell’oscuramento del sito internet intervenuto nel mese di Febbraio del 2009, è suscettibile di accoglimento la domanda di condanna della convenuta HT al risarcimento dei danni.In esito all’esperimento dell’istruttoria orale è emerso come MC, la quale è inserita nell’elenco degli enti destinatari della donazione del 5 per mille dell’Irpef ad opera dei contribuenti, negli anni 2005-2006 avesse a tale titolo percepito donazioni pari a complessivi euro 71.537,04, mentre negli anni 2007-2008 avesse ricevuto la minor somma di euro 60.742,87, con una differenza di euro 10.794,17 (si rimanda alle dichiarazioni rese dalla teste S R nonché ai documenti 27 e 28 di parte attrice). Ebbene tale perdita patrimoniale può essere messa in relazione causale con l’avversa condotta illecita. Si evidenzia, a conferma dell’efficacia lesiva della condotta antigiuridica posta in essere da ***, come l’indebito accostamento lamentato dall’attrice abbia avuto ampia diffusione, non solo nei confronti degli utenti del sito ***.com, ma anche nei confronti della generalità dei soggetti fruitori del web e, per quanto qui interessi, dei sostenitori di MC.Dalla documentazione prodotta dall’attrice risulta invero come, cliccando il nominativo MC su uno dei più diffusi motori di ricerca, fosse visibile, nella prima pagina ottenuta, un collegamento ipertestuale al sito ***.com. Dati questi presupposti, considerato altresì che la riduzione delle donazioni si è verificata proprio a partire dall’anno successivo al richiamo di MC sul sito internet ***.com (risalente all’anno 2006), è da ritenere presuntivamente provata la riconducibilità causale del danno patrimoniale risentito dall’attrice alla condotta posta in essere dalla convenuta. E’ dunque riconoscibile la somma di euro 10.794,17, importo che, trattandosi di debito di valore, deve essere rivalutato secondo gli indici Istat dalla data del fatto (anno 2006) e via via maggiorato di interessi compensativi per ritardato pagamento, al saggio legale, applicati con cadenza annuale sulla somma progressivamente rivalutata. L’attrice ha poi diritto al ristoro del danno non patrimoniale, vertendosi in ipotesi di lesione di un interesse costituzionalmente protetto, quale appunto è il diritto al nome ed all’identità personale. Il pregiudizio, avuto riguardo al periodo di tre anni in cui si è protratta la condotta illecita, è in questa sede liquidabile, in via equitativa, nella complessiva somma di euro 10.000,00 liquidata al valore attuale e già comprensiva di interessi per ritardato pagamento.

Si viene ora alla posizione dell’ulteriore convenuta A. s.r.l.

In ordine ai rapporti tra l’attrice e tale soggetto deve in primo luogo essere disattesa l’eccezione pregiudiziale formulata dalla convenuta, dovendosi ritenere la competenza del Tribunale adito.

Ai fini della determinazione della competenza territoriale nelle controversie aventi ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni da fatto illecito, il luogo in cui è sorta l’obbligazione, ovvero il cd. forum delicti, si identifica con quello in cui si è verificato il danno.

L’obbligazione da fatto illecito sorge invero nel luogo in cui il fatto produttivo di danno si verifica e nella nozione di fatto rientra, oltre al comportamento illecito, anche l’evento dannoso che ne deriva; pertanto, qualora i due luoghi non coincidano, il forum delicti previsto dall’art. 20 c.p.c.  deve essere identificato con riguardo al luogo in cui è avvenuto l’evento dannoso (in argomento, tra le altre, Cass.,20.09.2004 18906). Ebbene, tale luogo è quello della residenza e del domicilio del soggetto offeso, posto che è in tale luogo, coincidente con la sede degli interessi personali e commerciali del soggetto leso, che si sono realizzate le ricadute negative dell’offesa al nome ed alla reputazione lamentate dall’attrice (in argomento, Cass., 20.10.2006 n. 22525, Cass., 13.04.2005 n. 7687).

Si viene dunque al merito.

L’attrice ha prospettato la responsabilità di A. s.r.l. nella sua qualità di Internet Service Provider (ISP), sulla base delle disposizioni di cui al d.lgs. 70/2003 ed in particolare dell’art. 16, trattandosi di servizio cd. di “hosting” in ragione della memorizzazione permanente delle informazioni fornite dal destinatario del servizio.

La condotta censurata dall’attrice consiste nella ritardata eliminazione dal sito Internet ***.com dei contenuti pregiudizievoli per MC: l’attrice lamenta invero come A. s.r.l., a fronte dell’invio negli giugno 2008 di una missiva con la quale l’attrice richiedeva l’eliminazione dei contenuti pregiudizievoli, dando atti di non aver fornito alcuna autorizzazione ad *** ad utilizzare il suo nome, e rendeva nota l’emissione del provvedimento sanzionatorio da parte dell’autorità antitrust nei confronti di ***, abbia provveduto all’oscuramento del sito internet solamente nel febbraio 2009 e dunque con alcuni mesi di ritardo.

Ai fini della delibazione della domanda occorre esaminare la normativa in materia di obblighi facenti capo al “prestatore di servizi della società dell’informazione”, di cui al decreto legislativo 70/2003.

I principi generali che regolano la materia sono dettati dall’art. 17, che disciplina gli obblighi facenti capo al cd. Internet Service Provider in via generale, con riferimento cioè alle diverse attività svolte dai prestatori di servizi (di mero trasporto dati, di “catching” e di “hosting”) disciplinate dagli art. 14, 15 e 16 del d. lgs. 70/2003.

L’art. 17 prevede che il provider non sia tenuto ad un generale obbligo di sorveglianza sulle informazioni che trasmette o memorizza, né ad un generale obbligo di ricercare attivamente fatti o circostanze che indichino la presenza di attività illecite.

L’art. 17, secondo comma, prevede poi l’obbligo del prestatore di informare senza indugio l’autorità giudiziaria o quella amministrativa avente funzione di vigilanza, qualora sia a conoscenza di presunte attività o informazioni illecite riguardanti un suo destinatario del servizio della società dell’informazione, nonché l’obbligo di fornire senza indugio, a richiesta delle autorità competenti, le informazioni in suo possesso che consentano l’identificazione del destinatario dei suoi servizi con cui ha accordi di memorizzazione dei dati, al fine di individuare e prevenire attività illecite.

Il terzo comma dell’art. 17 sancisce infine la responsabilità civile del prestatore dei servizi nel caso in cui, richiesto dall’autorità giudiziaria o amministrativa, non abbia agito prontamente per impedire l’accesso a detto contenuto (previsione evidentemente pleonastica essendo già sanzionata dall’ordinamento l’inosservanza dei provvedimenti emanati dall’autorità giurisdizionale o amministrativa) ovvero se, avendo avuto conoscenza del carattere illecito o pregiudizievole per un terzo del contenuto di un servizio al quale assicura l’accesso, non abbia provveduto ad informarne l’autorità competente.

L’art. 16 del d.lgs. 70/2003, relativo all’ipotesi di attività in hosting, quale quella di specie, esclude la responsabilità del provider in ordine alle informazioni memorizzate su richiesta di un destinatario del servizio, subordinando tale esenzione di responsabilità al fatto che tale soggetto:

a) non sia effettivamente a conoscenza del fatto che l’attività o l’informazione è illecita e, per quanto attiene ad azioni risarcitorie, non sia al corrente di fatti o di circostanze che rendano manifesta l’illiceità dell’attività o dell’informazione;

b) non appena a conoscenza di tali fatti, su comunicazione delle autorità competenti, agisca immediatamente per rimuoverne le informazioni o per disabilitarne l’accesso.

Ciò posto, se nella specie è da escludere la configurabilità di responsabilità della convenuta ai sensi  dell’art. 17, terzo comma, del d.lgs. 70/2003 (posto che A. non è stata direttamente destinataria di un ordine dell’autorità giudiziaria o amministrativa avente ad oggetto la richiesta di eliminazione dei contenuti illeciti del sito Internet e, sotto altro profilo, l’autorità amministrativa era già stata informata della vicenda, di modo che A. non era tenuta ad alcun obbligo di comunicazione), appare di contro configurabile la responsabilità del provider ex art. 16.

Si discute se i requisiti ai quali tale norma ancora l’assenza di responsabilità del provider costituiscano ipotesi alternative ovvero un’unica fattispecie complessa, e dunque se il provider abbia l’obbligo di rimuovere di dati anche quando l’illiceità dell’informazione fosse dallo stesso direttamente acquisita (autonomamente ovvero su denuncia di un qualsiasi utente della rete, compreso il danneggiato) ovvero se l’obbligo di immediata rimozione delle informazioni sia subordinato ad una “comunicazione delle autorità competenti” e cioè alla conoscenza dell’illiceità della comunicazione acquisita da fonti qualificate.

Ebbene, anche volendo aderire alla seconda opzione interpretativa (sebbene la stessa sia tale da determinare evidenti incongruenze, consistenti nel fatto che subordinando l’obbligo di eliminazione dei contenuti illeciti all’acquisizione di una conoscenza proveniente da fonti qualificate, si svuota di significato la previsione di cui alla lettera a), sarebbe nondimeno configurabile la responsabilità di A.

MC con la missiva del Giugno 2008, non si era invero limitata ad affermare, in modo unilaterale, l”illiceità del richiamo al proprio nominativo nell’ambito del sito internet ***.com, ma aveva espressamente richiamato il provvedimento già emesso dall’AGCM di eliminazione dei contenuti illeciti dal sito, provvedimento che era stato allegato alla diffida inviata ad A.

A fronte di tale circostanza deve ritenersi che la convenuta, avendo acquisito conoscenza dell’illiceità da una fonte qualificata, ovvero appunto dall’Autorità garante della concorrenza, fosse tenuta all’immediata eliminazione del contenuto illecito.

A tale conclusione non osta la circostanza che l’ordine di oscuramento del sito non fosse diretto ad A., bensì al provider dell’epoca (la società S. S.a.s.), posto che la disposizione di cui all’art. 16 non fa riferimento ad un “ordine” dell’autorità giudiziaria o amministrativa (ipotesi in cui sarebbe di contro applicabile la disposizione di cui all’art. 17, terzo comma, del d.lgs. 70/2003, con evidentemente responsabilità del provider in caso di inottemperanza), ma ad una mera “comunicazione”.

Ebbene, alla diretta comunicazione ad A. dell’illiceità dei contenuti del sito Internet deve ritenersi equipollente la comunicazione dell’emissione del provvedimento sanzionatorio da parte dell’Authority fornita dal danneggiato, posto che tale comunicazione consente comunque di raggiungere lo stesso effetto predicato dalla norma, alla quale è collegato l’obbligo di rimozione del contenuto illecito imposto al provider, ovvero appunto quello di fornire al provider una conoscenza qualificata dell’illiceità dei contenuti immessi sul sito.

Tanto premesso, contrariamente a quanto inferito da parte attrice, non è dato imputare alla convenuta la totalità dei danni risentiti dall’attrice, come sopra liquidati.

Essendo come premesso insussistente un generale obbligo di vigilanza in capo all’internet provider, A. può ritenersi responsabile dei soli danni verificatisi nel periodo intercorrente tra la richiesta di spegnimento (giugno 2008) e la data di oscuramento del sito (febbraio 2009).

Per l’effetto, i danni patrimoniali subiti da MC, relativi alla perdita delle quote del 5 per mille relativi all’anno 2007, non sono alla stessa imputabili. Di contro, la convenuta è responsabile del danno non patrimoniale alla reputazione, come sopra liquidato in euro 10.000,00 per un periodo di tre anni; ebbene, avuto riguardo al periodo di tempo con riferimento al quale è predicabile la responsabilità di A. (8 mesi), il danno alla stessa addebitabile, può in questa sede essere liquidato in euro 2.200,00 al valore attuale e già comprensivi di interessi compensativi per ritardato pagamento.

Nei rapporti tra l’attrice e ***, la pronuncia sulle spese di lite, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza.

Nei rapporti tra MC e A. s.r.l., a fronte del solo parziale accoglimento delle domande attoree, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese di giudizio per quota di 1/2; la residua quota delle spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, segue la soccombenza della convenuta.

La causa deve infine essere rimessa in istruttoria, come da separato provvedimento in pari data, in ordine alle domande proposte da A. s.r.l. nei confronti di *** s.r.l. e di G.G.

P,Q,M.

Il Tribunale di Bergamo, terza sezione civile, non definitivamente pronunciando sulla causa iscritta al n.1999/2009 R.g., previa separazione delle domande proposte dall’attrice nei confronti di *** s.r.l. e A. s.r.l., da quelle proposte da A. s.r.l. nei confronti di *** s.r.l. e GG, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, così provvede:

1. dichiarata la cessazione della materia del contendere sulla domanda di inibitoria proposta dall’attrice, condanna la convenuta *** s.r.l. al risarcimento dei danni subiti da MC Onlus, che liquida, quanto ai danni patrimoniali, in euro 10.794,17, oltre rivalutazione monetaria ed interessi secondo i criteri di cui in motivazione, nonché, quanto ai danni non patrimoniali, in complessivi euro 10.000,00, liquidati al valore attuale, oltre interessi dalla pronuncia al saldo,

2. accoglie la domanda proposta da MC nei confronti di A. s.r.l. per quanto di ragione e, per l’effetto, condanna la convenuta, in solido con *** s.r.l., al risarcimento dei danni non patrimoniali risentiti dall’attrice, per somma pari ad euro 2.200,00, oltre interessi dalla pronuncia al saldo;

3. condanna *** s.r.l. alla rifusione delle spese di lite sostenute dall’attrice, che liquida, in presenza di nota, in complessivi euro 2.465,60, di cui euro 2.100,00 per compenso professionale (euro 550,00 per la fase di studio, euro 300,00 per la fase introduttiva, euro 550,00 per la fase istruttoria, ed euro 700,00 per la fase decisoria) ed euro 365,60 per anticipazioni, oltre Iva e Cpa come per Legge;

4. compensa per quota di 1/2, nei rapporti tra l’attrice ed A. s.r.l., le spese di lite da ciascuna di tali parti anticipate e condanna A. s.r.l. alla rifusione della residua quota delle spese di giudizio sostenute da MC Onlus, come sopra liquidate;

5. dispone la remissione della causa in istruttoria, come da separato provvedimento in pari data, in ordine alle domande proposte da A. s.r.l. nei confronti di *** e GG.

Così deciso in Bergamo, il 5 dicembre 2013.

Il Giudice

Elena Gelato

Redazione

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