Le informative antimafia hanno funzione preventiva e possono essere sindacate dal giudice amministrativo in caso di palese omissione di elementi di particolare rilevanza e significatività, in grado di fare emergere in maniera vistosa l’incongruità del giu

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Il Consiglio di Stato, sez. VI, con la sentenza 1 febbraio 2007 n. 413, fa il punto sulle caratteristiche delle informative antimafia, alla luce della giurisprudenza consolidatasi negli ultimi anni (cfr. Consiglio di Stato sez. V, 24 ottobre 2000, n. 5710, sez. VI, 14 gennaio 2002, n. 149, sez. IV, 6 luglio 2001, n. 3058, Id. n. 4724/2001)
Esse hanno una funzione preventiva, di polizia e di sicurezza, non presuppongono un accertamento caratterizzato dalla certezza e definitività del giudizio penale, basta che si fondino su elementi sintomatici e/o anche mere presunzioni, che siano in grado di fare emergere elementi di "pericolosità presunta".
È stato aggiunto (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, sentenza 2 ottobre 2006, n. 5753) che costituiscono degli strumenti, di contrasto della criminalità organizzata che pur basandosi su elementi di fatto che denotino il pericolo di collegamenti tra la società o l’impresa e la criminalità organizzata, non presuppongono l’accertamento della responsabilità penale, essendo sufficiente che i fatti accertati abbiano carattere sintomatico ed indizianti del pericolo in senso oggettivo.
A proposito del sindacato del giudice amministrativo sulla legittimità dell’ informativa antimafia il Consiglio di Stato sez. VI, 21 ottobre 2005, n. 5952 ha affermato che esso non si confonde con un giudizio di accertamento della sussistenza dei fatti – anche di rilievo penale – assunti a base del provvedimento. In effetti la cautela antimafia “si colloca come la forma di massima anticipazione dell’azione di prevenzione, inerente alla funzione di polizia e di sicurezza rispetto a cui assumono rilievo, per legge, fatti e vicende solo sintomatici e indiziari, al di là dell’individuazione di responsabilità penali”.
Si veda anche Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 27 giugno 2006 n. 4135 “il giudizio prognostico prefettizio può essere sindacato, in sede di legittimità, solo nel caso in cui i fatti accertati e posti a fondamento del giudizio si rivelino insussistenti, oppure, ancorché effettivamente sussistenti, siano stati macroscopicamente travisati nel loro valore sintomatico, oppure abbiano indotto alla formulazione di ipotesi di avveramento inverosimili o alquanto improbabili”.
 
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 413/07
Reg.Dec.
N. 4083 Reg.Ric.
ANNO   2006
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
DECISIONE
sul ricorso in appello proposto da ** Costruzioni s.r.l., rappresentata e difesa dall’avv. **************** e dall’avv. ****************, ed elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio del primo, via degli Avignonesi, n. 5,
contro
– il Ministero dell’Interno – Ufficio Territoriale del Governo di Napoli, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è per legge domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12,
– il Comune di **, rappresentato e difeso dall’avv. ********************** e dall’avv. **************, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. *********** in Roma, via Principessa Clotilde, n. 2,
– ** **, non costituiti,
per l’annullamento
della sentenza n. 20679/2005 del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, sez. I, resa inter partes.
       Visto il ricorso con i relativi allegati;
       Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno e del Comune di **;
       Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
       Visti gli atti tutti della causa;
       Alla pubblica udienza del 1° dicembre 2006, relatore il Consigliere **************, uditi l’avv. ****** per delega dell’avv. **************** e l’avvocato dello Stato Fiduccia;  
       Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
      1.- Il TAR Campania, previa riunione, ha respinto i due ricorsi proposti dalla ** Costruzioni s.r.l. per ottenere l’annullamento (e la condanna al risarcimento del danno) di una serie di atti (puntualmente specificati nella sentenza impugnata), legati da una unica problematica, avente ad oggetto la legittimità della informativa prefettizia sulla sussistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa nei suoi confronti, che ha provocato la sua esclusione dalla gara per l’affidamento dei lavori di sistemazione Piazza Vargas, e dalla gara per l’affidamento dei lavori di completamento dell’asilo nido di via Giovanni ********.
      2.- Questa conclusione è avversata dalla originaria ricorrente, la quale chiede la riforma della sentenza impugnata, in quanto una attenta valutazione degli “elementi indiziari tratti dal Gruppo Interforze”, raggruppati in “tre indirizzi” (legami di parentela dei rappresentanti delle società controllate con i germani ***** e ************, già imputati del reato di cui all’art. 416 bis c.p.; vicende gestionali delle società riconducibili a Vaiano; posizione di ***************), dimostra “l’illogicità e la preconcetta forzatura delle conclusioni cui è pervenuto il G.I.”, che il TAR avrebbe avallato con “stereotipate argomentazioni” (vi sarebbe anche una carenza istruttoria, la violazione della circolare del Ministero dell’Interno del 18 dicembre 1998, e la carenza del presupposto di attualità dei tentativi di infiltrazione).
      Si sono costituiti il Ministero dell’Interno e il Comune di **, i quali chiedono la reiezione dell’appello, siccome infondato.
      3.- Dopo che è stato adempiuto l’incombente istruttorio, disposto con ordinanza presidenziale n. 4 del 2006, il ricorso è stato chiamato e trattenuto in decisione all’udienza del 1° dicembre 2006.
      4.- La questione, sottoposta all’attenzione del Collegio, riguarda l’informativa antimafia del Prefetto di Napoli del 18.11.2004, che la ** Costruzioni s.r.l. ritiene illegittima perché sarebbero stati valorizzati dal Gruppo Interforze elementi superati (quali il collegamento familiare e gestionale tra le imprese oggetto di controllo e i germani ***** e ************, prosciolti con formula piena, per non aver commesso il fatto), ovvero sarebbero state “ingigantite” circostanze irrilevanti (come quella relativa a Vaiano Giuseppe “controllato con pregiudicati”, quando era ancora ventenne e senza responsabilità manageriali in una società collegata), e, in violazione della circolare ministeriale, gli accertamenti disposti dal Prefetto non sarebbero fondati, e sarebbero comunque privi del requisito della “attualità”.
      L’appello è infondato.
      L’interessata pare che sia ben consapevole dell’elaborazione giurisprudenziale in materia (il cui quadro giuridico – teorico è stato pregevolmente tratteggiato dalla Avvocatura dello Stato nella sua memoria), secondo la quale “la normativa di settore privilegia una concezione della pericolosità in senso oggettivo che prescinde dalla individuazione di responsabilità personali” e “le informazioni del Prefetto non devono provare l’intervenuta infiltrazione, ma devono sufficientemente dimostrare la sussistenza di elementi dai quali è deducibile il tentativo di ingerenza” (si veda per tutte, C.S., sez. IV, 6.6.2001, n. 3058). Non è quindi necessario che l’informativa antimafia si fondi su accertamenti che abbiano il medesimo grado di certezza e definitività propria del giudizio penale, ma è sufficiente che sia supportata da elementi sintomatici e/o anche da mere presunzioni, che siano in grado di fare emergere elementi di “pericolosità presunta”. Ciò, in coerenza con la funzione preventiva di questa informativa, la quale non abbisogna di prova dell’attuale infiltrazione mafiosa, non avendo essa lo scopo di accertare responsabilità, ma di assolvere ad una funzione di polizia e di sicurezza (C.S., sez. VI, n. 4724/2001).
   Perciò, le censure che l’appellante muove alla informativa prefettizia in esame (la cui legittimità erroneamente il TAR avrebbe avallato) hanno ad oggetto presunte omissioni negli accertamenti disposti dal Prefetto di Napoli, ovvero l’erroneità del presupposto su cui la stessa si fonda, per assenza di elementi significativi e privi del requisito della attualità.
      In questo senso, essa, per un verso, accentua l’assoluzione dei germani ***** e ************ dall’imputazione di associazione per delinquere di tipo mafioso, per non aver commesso il fatto (su questa imputazione sarebbe stata fondata “la presunta contiguità mafiosa dei germani ***** e ************”), e, per l’altro, minimizza la posizione di *************** (cugino del legale rappresentante della ** Costruzioni e direttore tecnico della Italcostruzioni, facente parte del gruppo Vaiano, collegata alla **), “controllato con pregiudicati”.
      L’appellante, in sostanza, pretende che alla valutazione espressa dal Gruppo Interforze sulla base delle “frequentazioni intercorse tra esponenti della criminalità organizzata ed il sopraccitato congiunto dei Vaiano” (pag. 8 della relazione della Prefettura di Napoli), si debba sostituire una valutazione più benevola, desunta da una ricostruzione della vicenda, che la stessa sottopone al giudizio del Collegio.
      Secondo l’orientamento giurisprudenziale avanti richiamato, la conclusione del Gruppo Interforze può essere sindacata solo per una palese omissione di elementi di particolare rilevanza e significatività, in grado di fare emergere in maniera vistosa l’incongruità del giudizio espresso, il quale giudizio sarebbe potuto essere diverso se fosse stato fatto un accertamento completo.
      Come risulta dalla relazione della Prefettura di Napoli, depositata in giudizio, l’indagine è stata svolta in modo approfondito e le informazioni assunte sono esaustive, con il risultato che la descrizione del quadro fattuale risulta completa degli elementi, che fanno ritenere ragionevole la presenza del rischio di infiltrazioni mafiose.
      Una diversa valutazione di tali elementi, sia sotto il profilo della loro irrilevanza o della loro inattualità, non è consentita in questa sede di legittimità, dal momento che l’Amministrazione gode in materia di una ampia discrezionalità, la quale può essere sindacata per manifesta erroneità di presupposto, che rende illogico il giudizio espresso sulla base degli elementi accertati con l’indagine espletata.
      L’appello va, pertanto, respinto.
      Le spese e gli onorari di giudizio possono essere compensati.
P.Q.M.
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, respinge l’appello in epigrafe. Compensa le spese.
      Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
      Così deciso in Roma, il 1° dicembre 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) nella Camera di Consiglio con l’intervento dei Signori:
*********************   Presidente
***********     Consigliere
*************    Consigliere
***********************   Consigliere
**************      Consigliere est.
Presidente
f.to *********************
Consigliere       Segretario
f.to **************     f.to ************* 
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA 
il………………01/02/2007……………….
(Art. 55, L.27/4/1982, n.186)
Il Direttore della Sezione
f.to **************** 

 

Beccaria Maria Luisa

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