Silenzio assenso e silenzio inadempimento: ratio e tecniche di tutela

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Il presente contributo, delinea la differente ratio che contraddistingue il silenzio assenso (silenzio significativo) dal c.d. silenzio inadempimento (silenzio non significativo o non provvedimentale), al fine di prospettare le tecniche di tutela esercitabili e le problematiche ad esse connesse. Nello specifico, si esaminerà il valore dell’inerzia della P.A. nell’esercizio del potere di controllo in relazione alla SCIA e la posizione del terzo controinteressato il quale, si trova ancora soggetto al rischio della mancata conoscenza dell’inizio dell’attività del privato entro il termine ultimo in cui la P.A. può esercitare il suddetto potere di controllo, perdendo, sostanzialmente, la possibilità di agire sul versante amministrativo (sollecitazione) e processualistico-amministrativo (azione avverso il silenzio). Il contributo si pone, quindi, in linea con la sentenza monito della Corte Costituzionale n. 45 del 2019, incentrata proprio sulla posizione del terzo controinteressato e sulla necessità di un intervento legislativo in tal senso.

Indice

1. Semplificazione e liberalizzazione: il tempo della burocrazia

Il processo della semplificazione del procedimento amministrativo e della liberalizzazione delle attività economiche-produttive ad impatto pubblico rispondono entrambe, apportando interventi e soluzioni differenti, all’affannoso problema della burocrazia amministrativa, intesa come insieme di strutture e regole di organizzazione e di azione amministrativa il cui rispetto pedissequo finisce per collidere con le esigenze di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa, a loro volta rispondenti al principio costituzionale del buon andamento dell’azione amministrativa ex art. 97.  Cost. a cui è funzionale il principio della ragionevole durata del procedimento ex art. 49 C.D.F.U.E. Al bisogno di ricorerrere a mezzi efficienti di azione funzionale ai fini pubblici da perseguire, risponde anche l’ultimo approdo dell’evoluzione normo-tecnico-scientifica del possibile utilizzo dell’intelligenza artificiale al fine di abbattere i tempi e i costi dell’azione procedimentalizzata, sfruttando l’adattamento e l’automatismo di cui i suoi strumenti sono dotati per giungere, in tal modo, a valutazioni e decisioni più celeri.
Ma, senza voler volgere lo sguardo al futuro, si può affermare che l’esigenza di deburocratizzazione sia in realtà insita nell’evoluzione della stessa attività amministrativa che,  da centralizzata ove la PA rivestiva un ruolo di supremazia, è divenuta partecipata ove la PA, sebbene agisca anche in via autoritativa, comunque agisce garantendo il rispetto degli interessi privati in maniera effettiva. Tale approccio finalistico lo si evince dalla valorizzazione  dell’apporto dei soggetti privati nella realizzazione degli interessi a rilevanza pubblicistica, in coerenza con la libertà di iniziativa economica ex art. 41 Cost. di cui la liberalizzazione  ne costituisce la massima espressione e dalla concretizzazione del principio del decentramento ex art. 118 Cost. a cui si ricollega, in primis,  il processo di privatizzazione.
Nell’ottica di assicurare la riduzione dei costi legati all’azione procedimentalizzata della P.A., nello specifico, la semplificazione e la liberalizzazione sono entrambe funzionali all’abbattimento del fattore tempo. Infatti, attraverso la semplificazione del procedimento amministrativo, il potere viene esercitato attraverso forme più snelle che consentono, specularmente, sia alla PA che ai cittadini che si relazionano con l’esercizio del potere amministrativo di abbattere i costi strutturali e temporali dell’agere pubblico, si pensi, rispettivamente, alla funzione degli sportelli unici, al modulo procedimentale della conferenza dei servizi, al silenzio devolutivo in caso di emanazione di pareri o valutazione tecniche ex art. 16 e 17 l. 241/90, al silenzio endoprocedimentale inteso come atto implicito tra P.A. Ex art. 17 bis e al silenzio procedimentale. Invece, attraverso la liberalizzazione, nell’ottica di favorire la libertà di iniziativa economica, anche sulla spinta europeista (direttiva servizi del 2006) i privati, possono esercitare liberamente le attività economiche-produttive senza l’intervento della PA in sede autorizzatoria. Il nucleo centrale dei processi di liberalizzazione, infatti, consiste nell’arretramento del potere amministrativo con l’abbattimento della regola del previo atto, potendo la P.A. svolgere solo un mero controllo di legalità, attraverso il successivo esercizio del potere accertativo del rispetto dei requisiti legali previsti.

2. Il silenzio significativo: assenso

In particolare, con la valorizzazione del silenzio si è intesa superare l’impasse dell’inerzia della pubblica amministrazione nell’ottica di tutelare in via preventiva la certezza temporale del procedimento amministrativo, a sua volta funzionale a garantire il buon andamento dell’azione pubblica e con esso la tutela delle situazioni giuridiche soggettive dei privati che si interfecciano con la P.A. Orbene, l’ordinamento giuridico reagisce all’inerzia della P.A., quando quest’ultima è obbligata dalla legge a procedere e a provvedere (art. 2 l. 241\90), attarverso la qualificazione in chiave provvedimentale del comportamento inerte tenuto dalla P.A., a meno che non vi sia un obbligo di provvedere in via espressa, attuando lo schema classico della norma-potere-effetto. In altre parole, attraverso una fictio iuris il silenzio acquista valore provvedimentale portando, quindi, a conclusione il procedimento amministrativo avviato. Quindi, ogni volta che l’inerzia della P.A. viene qualificata come provvedimento si parla di silenzio significativo che, in via generale è da intendersi come silenzio assenso ex art. 20 l. 241\90, fatta eccezione per le ipotesi espressamente previste dalla legge ove è da intendersi come diniego, si pensi al caso del silenzio tenuto a fronte di una richiesta di accesso documentale ex art. 25 l.241\90 o al silenzio tenuto a fronte dell’avvio di un ricorso gerarchico avverso atti non definitivi.  e lo si distingue dalla mera inerzia a cui non fa seguito tale meccanismo e che, pertanto, non ha valore provvedimentale, ove si parla di silenzio non significativo di cui è espressione il silenzio inadempimento.
La generalizzazione del silenzio assenso per i procedimenti avviati su istanza di parte, dunque, consente di inquadrare tale istituto nel novero dei principi evolutivi dell’azione amministrativa. Infatti, sia nel caso del silenzio assenso, sia nel caso del silenzio diniego, si assiste all’esercizio del potere provvedimentale e tale approdo riveste un importante anello congiunturale  non solo nelle dinamiche dell’efficienza dell’azione amministrativa, esposte poc’anzi, ma, anche nell’ottica di assicurare la certezza dei rapporti giuridici e l’effettività della tutela dei privati. Infatti, a fronte del silenzio provvedimentale, si può reagire attraverso la storica azione di annullamento ex art. 29 Cost. perchè, per l’appunto, si ha un provvedimento che si può impugnare, oltre a poter disporre degli altri mezzi di tutela sia prcessuali che giustiziali.

3. Il caso della SCIA e il silenzio inadempimento

Cosa diversa, invece, accade in relazione alla S.C.I.A. Infatti, come si è già anticipato, la S.C.I.A. sebbene possa essere inquadrata nel fenomeno della semplificazione in senso lato, essa in realtà è uno strumento di liberalizzazione ove si realizza il passaggio dal principio autoritativo al principio dell’autoresponsabilità dei privati secondo lo schema della norma-fatto-effetto. Nei processi di liberalizzazione, infatti, è la stessa legge che, a fronte del possesso dei requisiti richiesti, autorizza i privati ad esercitare determinate attività, fatta eccezione per tutte quelle attività che necessitano di uno scrutinio più critico e analitico che la legge espressamente riserva alla procedimentalizzazione della P.A.
La natura giuridica della SCIA è stato un argomento molto dibattuto, sia in dottrina che in giurisprudenza al fine di individuare il mezzo di tutela adeguato per assicurare, da una parte il legittimo affidamento del segnalante e la certezza dei rapporti giuridici, dall’altra la tutela dei terzi controinteressati.
Si ricorda che la SCIA è succeduta nel tempo, sostiuendola alla DIA ove il privato a fronte della dichiarazione di inizio attività era soggetto all’autorizzazione della P.A., in assenza della quale non poteva intraprendere l’attività desiderata. Con la SCIA, invece, il privato, si limita ad avvissare la P.A. della volontà di intraprendere una certa attività che può iniziare senza attendere un provvedimento autorizzatorio dalla medesima. La differenza strutturale e funzionale tra i due istituti comporta effetti notevoli sia in termini sostanzialistici, che processualistici. Infatti, a fronte della possibile lesione della situazione giuridica soggettiva dei terzi controinteressati, nel caso della DIA si potevano verificare due condizioni:
-1. ove la P.A. non procedeva a rilasciare l’autorizzazione la posizione del terzo cointrointeressato non subiva alcuna lesione, data l’impossibilità di intraprendere alcuna attività;
-2. ove la P.A. rilasciava, invece, l’autorizzazione il terzo controinteressato poteva agire direttamente contro il provvedimento autorizzatorio con i normali mezzi di impugnazione.
Nel caso della SCIA, invece, la posizione del terzo subisce un arretramento a favore della tutela dell’iniziativa economica privata, dal momento che la P.A., a fronte della presentazione della segnalazione certificata di inzio attività, non può esercitare alcun potere, fatta eccezione per la fase successiva del controllo di legalità, da compiersi obbligatoriamete entro 60 giorni (30 giorni in caso di SCIA edilizia). Tuttavia, la P.A. allo scadere del termine per esercitare il potere di controllo, rimane ancora nella possibilità di intervenire attraverso l’esercizio del potere di autotutela (provvedimento di secondo grado) entro 12 mesi dallo scadere del primo e nei limiti legali disposti dall’art. 21 nonies l. 241\90 (bilanciamento degli interessi, obbligo di motivazione..). Conseguenza diretta di tale schema è l’impossibilità di qualidicare l’eventuale inerzia della P.A. nell’esercizio del potere di controllo con valore provvedimentale. Infatti, in tal caso, arretrando il potere della P.A. la mancata attivazione dell’attività di controllo di legalità non può assurgere ad un provvedimento qualificandosi, invece, come mero comportamento, sebbene connesso al potere, che si sostanzia in un inadempimento, c.d. silenzio inadempimento. Ci si è chiesti, allora, se e in che termini il terzo controinteressato avrebbe potuto reagire per tutelare il proprio interesse legittimo oppositivo, leso dall’attività.
Sul tema si sono sviluppate tesi contrastanti alcune incentrate sulla natura pubblicistica della SCIA a fronte della possibilità dell’eserizio del potere di controllo da parte della P.A. Comportando la conseguenza che in caso di inerzia della medesima si potesse generare un silenzio significativo da poter impugnare. Altre tesi propendevano per la natura privatistica della SCIA e di conseguenza per l’impossibilità della formazione del silenzio qualificativo da parte della PA in caso di sua inerzia in ordine all’esercizio del potere di controllo. A derimere i contrasti è intervenuo il Consiglio di Stato in Adunanza Plenaria che con la storica sentenza n. 15 del 2011 ha sancito la natura privatistica della SCIA e ha individuata come mezzi di tutela l’azione di accertamento e di condanna a provvedere. Quando sembrava di essere giunti ad un approdo risolutivo in materia, però, è intervenuto il legislatore  introducendo, con la legge n. 138 del 2011, il comma 6 ter all’art. 19 della legge 241\90 per mezzo del quale si è stabilito il superamento dell’orientamento espresso dalla citata pronuncia del Consiglio di Stato in favore della possibilità per il terzo controinteressato di sollecitare la P.A. ad esercitare il potere di controllo e a fronte dell’ulteriore inerzia della medesima, agire con l’azione avverso il silenzio e artt. 31 e 117 c.p.c. prevista in tutti i casi in cui si configuri il silenzio inadempimento della P.A. (comportamento connesso al potere).
Sulla disposizione del comma 6 ter è intervenuta di recente la Corte Costituzionale che con sentenza n. 45 del 2019 ha statuito che i poteri esercitabili dalla P.A. in caso di SCIA sono solo quelli attualmente previsti come possibili dalla legge (art. 19 l. 241\90) e cioè il successivo potere di controllo esercitabile entro 60 giorni dall’inizio dell’attività (30 in caso di SCIA edilizia) e il potere di autotutela esercitabile entro 12 mesi dalla scadenza di quest’ultimo e nel rispetto dei limiti e dei vincoli previsti dall’art. 21 nonies della legge 241\90. Infine, pur respingendo la questione di legittimità costituzionale, per come prospettata dal giudice a quo, la Corte Costituzionale ha lanciato un monito al legislatore in ordine ad un intervento chiarificatore sulla problematica della posizione del terzo controinteressato, impossibilitato di venire a conoscenza con certezza legale dell’avvenuto avvio delle attività per mezzo di SCIA. Infatti, il terzo controinteressato, con la normativa vigente continua ad essere esposto al rischio del decordo del termine di controllo della P.A., dal momento che non vi è un obbligo di comunicazione in tal senso. Sul versante opposto, la norma sulla SCIA tende a tutelare maggiormente la posizione del privato “segnalante” che, da una parte, non può subire gli effetti negativi dell’inerzia procedimentale della P.A. e dall’altra, non può essere leso nel suo affidamento.

4. Conclusione

Come si è avuto modo di osservare, l’impianto normativo è teso alla concretizzazione dei principi di economicità ed efficienza dell’azione amministrativa al fine di raggiungere livelli desiderabili dal punto di vista del rendimento perseguendo una logica razionale e per obiettivi. La razionalizzazione dell’azione amministrativa costituisce, soprattutto per i Paesi a derivazione burocratica-centralizzata come l’Italia l’obiettivo cardine a cui puntare per l’ottenimento di risultati competitivi, anche in relazione ad altri ordinamenti, specie quelli anglossassoni dove la P.A. agisce seguendo logiche imprenditoriali già dalla secondo metà dell’ottocento ( governo Thatcher).
Semplificazione e liberalizzazione, sicuramente costituiscono due ingranaggi che ben si conciliano con il perseguimento del macro obiettivo della razionalizzazione dell’attività amministrativa, dal momento che secondo tali processi si razionalizza il costo del tempo e si snellisce la burocrazia. Allo stesso tempo, però, si è visto come propendere per il conseguimento degli obiettivi dell’economicità e dell’efficienza possa comportare il sacrificio di altri interessi, su tutti gli interessi oppositivi dei controinteressati (caso SCIA). In tale contesto, dove gli stessi principi dell’economicità e dell’efficienza sono espressione del buon andamento della P.A., non si può non tener conto del principio collant che regola l’azione amministrativa: il principio di legalità. Infatti, nessuna azione amministrativa e non, può dirsi economica o efficiente e quindi realizzatrice del buon andamento, se non è allo stesso tempo legale. E’ dentro questa cornice che si deve procedere ad effettuare un corretto bilanciamento degli interessi concreti. La questione allora, per l’argomento specifico trattato in questo scritto, diviene capire che la natura privatistica della SCIA comunque non può collidere con il rispetto dei requisiti legali predisposti dalla legge, dal momento che, sebbene il legittimo affidamento dei soggetti segnalanti sia un principio da tutelare in via prioritaria, nessun affidamento può, a ben vedere, dirsi legittimo in tutti i casi in cui, anche se non si è di fronte a falsità, non si è perfettamente conformi alle specifiche procedimentali e tecniche richieste dalla legge e tra tali prerogative ben possono assurgere anche i controinteressi dei terzi. Ne consegue che, come già esplicitato dalla Corte Costituzionale, bisognerebbe agire legislativamente per consentire ai terzi controinteressati di poter esercitare una tutela effettiva delle loro situazione giuridica. Basterebbe, infatti, che si equiparasse l’invio della segnalazione alla P.A. competente, all’invo di una contestuale comunicazione ai terzi controinteressati individuati o facilmente individuabili. Stanto in questi termini, il terzo che non abbia la conoscenza dell’inizio dell’attività entro i 60 giorni, perderebbe definitivamente la possibilità di reagire all’inerzia della P.A., non potendo, infatti, sollecitare la P.A. ad esercitare il potere di autotutela, essendo quest’ultimo espressione della sua discrezionalità. Vi è da aggiungere però, che il terzo controinteressato rimane nella possibilità di agire secondo gli schemi del diritto privato attraverso il risarcimento del danno anche in forma specifica. Tanto, non basta però, a garantire un altro principio pilastro dell’evoluzione del diritto amministrativo: l’effettività della tutela.

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Francesca Fuscaldo

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