La ripresa precaria della prestazione non costituisce reintegra ai sensi dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori

Redazione 30/09/13
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Lilla Laperuta

L’articolo 18, comma 5, dello Statuto dei lavoratori di cui alla L. 20 maggio 1970 n. 300, pone l’alternativa tra la reintegra nei termini disposti da un provvedimento giudiziale di accertamento dell’illegittimità del licenziamento e l’indennità e non anche tra questa e la ripresa precaria della prestazione. Cosi argomentando la Corte di cassazione, sentenza n. 21542 del 19 settembre, ha accolto il ricorso di un lavoratore che si era visto negare dalla Corte di Appello il riconoscimento dell’indennità sostitutiva optata in luogo della reintegra, in quanto aveva ripreso la sua attività lavorativa in corso di causa su invito del datore di lavoro. Nei fatti, come evidenziato dal Supremo collegio, il datore non aveva reintegrato il lavoratore, ma gli aveva solo consentito di riprendere a lavorare in termini di precarietà e temporaneità. Di qui conclusivamente il seguente principio di diritto: il lavoratore può esercitare la facoltà di chiedere al datore l’indennità di cui all’art. 18, comma 5, L. 300/1970, solo dopo l’emanazione della sentenza che dichiara l’illegittimità del licenziamento e ordina la reintegrazione nel posto di lavoro, a nulla rilevando che nelle more del giudizio, aderendo all’invito del datore il lavoratore abbia ripreso il servizio, salvo che da tale reciproco comportamento delle parti possa desumersi che tra le stesse è intervenuto l’accordo, anche implicito, di ricostituzione del rapporto di lavoro.

 

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