“La motivazione delle scelte di pianificazione urbanistica: regole ed eccezioni” (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, sentenza n. 2149 del 29.07.2014).

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Con il pronunciamento in esame il T.A.R. Lombardia-Milano – respingendo le doglianze proposte da alcuni soggetti avverso la deliberazione con cui la Provincia di Varese aveva approvato il proprio Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale (P.T.C.P.) – conferma il pressoché granitico orientamento della giurisprudenza amministrativa relativo all’obbligo di motivazione delle scelte di pianificazione urbanistica.

Più in particolare, i ricorrenti – proprietari di un compendio immobiliare situato nel territorio provinciale – focalizzandosi sulle previsioni di piano che attribuiscono all’area vocazione agricola,  sottolineano come il sopradetto compendio non sia destinato ad ospitare attività agricole e che, quindi, la scelta dell’amministrazione si configuri come palesemente illogica, oltre che ingiustificatamente afflittiva per i loro interessi.

Ebbene, in linea generale è noto come le scelte di pianificazione territoriale – secondo il consolidatissimo orientamento della giurisprudenza amministrativa – costituiscano “espressione di ampia discrezionalità dell’amministrazione, discrezionalità che può essere sindacata dal giudice amministrativo entro limiti alquanto ristretti”.

La giurisprudenza sostiene, in particolare, che le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte alla pianificazione territoriale rappresentano “scelte di merito, che non possono essere sindacate dal giudice amministrativo, salvo che non siano inficiate da arbitrarietà od irragionevolezza manifeste ovvero da travisamento dei fatti in ordine alle esigenze che si intendono nel concreto soddisfare”.

Per quanto riguarda, poi, il profilo strettamente motivazionale, è ormai pacifico che l’amministrazione non è tenuta a motivare specificamente le scelte riguardanti le singole zone (effettuate con lo strumento di pianificazione territoriale), essendo all’uopo sufficiente “il richiamo ai criteri generali seguiti nell’impostazione come risultanti dall’apposita relazione di accompagnamento al piano” (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 1476 del 7 aprile 2008). Ma quali sono le possibili eccezioni alla regola generale?

Ebbene, trattasi di casi specifici e limitati: vedasi, ad esempio il soggetto interessato dall’atto di pianificazione che versa “in una situazione di particolare affidamento derivante da una convenzione di lottizzazione (stipulata con il Comune) che riservi alla sua area un trattamento più favorevole rispetto a quello introdotto con il piano sopravvenuto ovvero derivante da una sentenza di annullamento di un provvedimento di diniego al rilascio un titolo edilizio”, oppure il caso in cui l’autorità intenda imprimere “destinazione agricola ad un lotto intercluso da fondi legittimamente edificati” (cfr. Consiglio di Stato, Sez. IV, sentenza n. 6401 del 1 ottobre 2004).

Avv. Tramutoli Daniele

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