L’autorizzazione di polizia al possesso delle armi non è un diritto, ma consegue a una valutazione discrezionale dell’Amministrazione, nella quale devono unirsi la mancanza di requisiti negativi e la sussistenza di specifiche ragioni positive.

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La seguente decisione  ribadisce che il beneficiario di una autorizzazione di polizia al porto di armi deve  improntare la propria condotta di vita alla piena osservanza sia delle norme penali  che di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico nonché delle regole di civile convivenza.

In motivazione vengono richiamati la disciplina legislativa di cui agli articoli 11 e  43 TULPS e  precedenti giurisprudenziale   in materia , con la  specificazione che la sentenza della Corte Costituzionale n. 440 del 1993 ha dichiarato illegittime le suddette norme solo con riferimento all’attribuzione all’interessato dell’onere di dover provare la buona condotta, così confermando la legittimità degli accertamenti e delle valutazioni discrezionali dell’Autorità di pubblica sicurezza in ordine alla sussistenza di elementi oggettivi relativi alla buona condotta.

Con riferimento a questo particolare aspetto,  viene messo in risalto che la valutazione dell’Autorità di pubblica sicurezza, caratterizzata da ampia discrezionalità, persegue lo scopo di prevenire, per quanto possibile, l’abuso di armi da parte di soggetti non pienamente affidabili tanto che il giudizio di “non affidabilità” è giustificabile anche in situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o misure di pubblica sicurezza, ma a situazioni , sia pur genericamente,  non ascrivibili a  una buona condotta.

Sentenza collegata

40734-1.pdf 128kB

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Avv. Iride Pagano

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