In materia edilizia è di trenta giorni il termine assegnato all’Amministrazione Comunale per vietare la prosecuzione dell’attività avviata con SCIA in carenza dei necessari presupposti.

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La sentenza breve che segue chiarisce che l’art. 5, comma 1, lettera b), del decreto-legge 13 maggio 2011, n. 70 (Semestre Europeo – Prime disposizioni urgenti per l’economia), convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 12 luglio 2011, n. 106, ha affermato che la SCIA trova applicazione anche con riguardo agli interventi edilizi precedentemente compiuti con la DIA (con esclusione dei casi in cui la denuncia è alternativa o sostitutiva del permesso di costruire: art. 5, comma 2, lettera c), mentre la precedente lettera b), numero 2), dello stesso comma ha ridotto, per la sola materia dell’edilizia, da 60 a 30 giorni il termine assegnato all’Amministrazione per vietare la prosecuzione dell’attività avviata in carenza dei necessari requisiti e presupposti.

Nel caso di specie, rispetto al termine  di trenta giorni, il provvedimento impugnato risulta tardivo, avuto riguardo al lasso temporale intercorrente tra la data di deposito della Scia  e quella di adozione del provvedimento inibitorio impugnato.

In particolare, sottolinea la sentenza, la Scia, una volta perfezionatasi, costituisce un titolo abilitativo valido ed efficace, sotto tale profilo equiparabile, seppur esclusivamente “quoad effectum“, al rilascio del provvedimento espresso, che può essere rimosso, per espressa previsione legislativa, solo attraverso l’esercizio del potere di autotutela decisoria, nel rispetto delle prescrizioni recate dall’art. 19, comma 4, l. n. 241/1990.

Sentenza collegata

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Avv. Iride Pagano

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